Malati di risparmio, altro maipiùsenza di Real Time. A quando l’edizione italiana?
RealTime passa dai format aspirazionali a quelli sulle derive della crisi. Dopo Sepolti in casa e Tutti pazzi per la spesa arriva un altro imperdibile.
Malati di risparmio, foto prima puntata
Malati di risparmio è già una droga. Forse perché anch’io approfitto della palestra per non sprecare l’acqua calda della doccia di casa. Forse perché, ogni tanto, in pausa pranzo compro solo da mangiare e la bevanda la prendo dal distributore, “che costa meno”. Forse perché anch’io ho amato Antonio Ricci quando ho appreso che le cene costose, da buon genovese, le faceva pagare a Mammucari.
Il risparmio è una malattia contagiosa come la Peste di Camus e in molti ne siamo affetti (salvo gli autori tv che dilapidano tutto il cachet al centro Apple e poi, dopo i flop, piangono miseria mendicando ovunque).
La sensazione, quindi, è che il nuovo format di Real Time del mercoledì night sia il perfetto erede di Tutti pazzi per la spesa e Sepolti in casa, ma con una differenza: qui l’edizione tutta italiana grida vendetta, essendo molto più fattibile.
Intanto, nella versione a stelle e strisce, abbiamo conosciuto – tra gli altri Paperon de Paperoni – Mr. Terence, patriarca di una famiglia low budget. Vive in una casa a dir poco minimal, senza mobili e con le sedie pieghevoli prese a scuola, la postazione pc al posto del barbecue e, in bagno, il distributore automatico degli autogrill al posto degli asciugamani veri che andrebbero in lavatrice.
La scena più drammatica della puntata è stata quando Terence ha portato la famiglia a cena, pagando con un sacchetto di monetine risparmiate per mesi. Peccato che non sia affatto povero, anzi, ha una serie di conti in banca di cui nessuno sa nulla.
Ma ancora più patologica è stata la storia di Greg Insco, giovane insegnante di zumba. Uno che si è trovato a vivere gratis in casa della nonna morta di una sua allieva, prendendosi pure dei coinquilini. Uno che, pur di risparmiare 15 dollari al mese, si fa la doccia coi vestiti addosso. E, per risparmiarne 40 all’anno di corrente, usa l’acqua avanzata dalla doccia, recuperata con un secchio, al posto dello scarico. Sempre in bagno è bandita la carta igienica: usa carta da giornale, anche se gli restano tracce di inchiostro quando si asciuga. Tanto “l’inchiostro sul sedere chi lo vede”.
Inoltre restituisce tutte le magliette che si compra, indossandole poche volte coi cartellini. Persino quando porta una ragazza al ristorante ordina l’acqua da bere e divide con lei qualcosa da mangiare, oltre a svuotare le salsine per portarle a casa. Ricicla, inoltre, i piatti di plastica dei locali per riusarli a casa e i vasetti di yogurt come bicchieri.
A inculcargli il senso del risparmio la nonna morta, mentre il nonno gli ha insegnato a procacciarsi il sale dalle macchine spargisale.
Adattare tutto questo al gusto italiano rischierebbe un effetto provincia targato Alessandro Di Pietro. Se, però, non rovinassero tutto dandolo in pasto alle massaie sarebbe fortissimo.