Lionsgate (Mad Men) acquista i format di Intelligence ed Amiche Mie. TvBlog intervista Cristiana Farina, produttrice creativa: “In Italia mancano le competenze per la fiction”
La notizia è di quelle belle, che fanno sorridere i fan di serie americane e che, spesso, non le mandano a dire alla fiction italiana. Fiction che, a volte, riesce ad uscire dai nostri confini ed a farsi notare all’estero. E quando l’estero è l’America, la notizia si fa più interessante.Lionsgate, la casa di produzione
La notizia è di quelle belle, che fanno sorridere i fan di serie americane e che, spesso, non le mandano a dire alla fiction italiana. Fiction che, a volte, riesce ad uscire dai nostri confini ed a farsi notare all’estero. E quando l’estero è l’America, la notizia si fa più interessante.
Lionsgate, la casa di produzione dietro a show di successo come “Mad Men” e “Nurse Jackie” ha infatti acquistato i format di “Intelligence”, la serie andata in onda lo scorso anno con Raoul Bova, e di “Amiche Mie”, fiction di due anni fa con Margherita Buy, Elena Sofia Ricci, Luisa Ranieri e Cecilia Dazzi, entrambe in onda su Canale 5.
Ancora nulla si sa su quando, chi e come riadatterà le due serie. Ma resta comunque la curiosità di poter vedere, un giorno, una serie tv americana tratta da una produzione italiana. Nell’attesa di avere ulteriori notizie, TvBlog ha contattato Cristiana Farina, produttrice creativa di “Amiche Mie”, di cui ha scritto soggetto e sceneggiatura insieme a Paola Fossataro, con cui abbiamo discusso di questa notizia, ma anche dell’attuale stato della produzione seriale in Italia e dei suoi futuri progetti. Trovate l’intervista dopo il salto.
Cristiana, da quand’è che sapeva di questo accordo?
“La notizia me l’hai data tu. Non se ne sapeva niente, fino a ieri, io stamattina ho chiamato la rete, non ne sapevano niente . Saranno state le vacanze… Sono riuscita ad avere delle notizie da chi si occupa delle vendite dei format, che mi ha detto che ieri è arrivato un comunicato stampa di questa società che è distributrice in America di prodotti sia Mediaset che sudamericani secondo cui hanno venduto a Lionsgate, la stessa società di ‘Mad Men’ del film ‘Crash’, il format di ‘Intelligence’ e di ‘Amiche Mie’. Poi cosa ne faranno, se ne faranno qualcosa, al momento non lo sappiamo.”
Anche se non si sa niente sulla realizzazione di un remake di “Amiche Mie”, pensa che ci sarà la possibilità per lei o altri autori di lavorarci?
“So che gli americani, quando acquistano un format all’estero per riadattarlo, di solito si avvalgono della consulenza del produttore creativo. Avendo io questo ruolo, che in Italia non è così consueto, cercherò di capire. Se ci dovessero essere delle possibilità non ne sarò felice, ma di più. Sarebbe la prima volta, ho fatto degli stage su alcuni set americani”.
E se lei avesse la possibilità di lavorare in America, ha già pensato a quali attrici vedrebbe bene al posto delle interpreti italiane?
“Penso che, se lavorassi in America, non immaginerei delle star per uno show ex novo, ma immaginerei delle persone adatte, approfitterei della loro professionalità per fare dei provini mirati, visto che loro non hanno il vincolo di inserire la star piuttosto che la soubrette…”.
Abbiamo accennato al suo ruolo di “produttore creativo”. Può spiegarci in cosa consiste?
“E’ una figura che manca in Italia, perchè in Italia manca l’industria della fiction che abbia dei criteri industriali, invece qui si fa una fiction come si produce un film. Il produttore creativo è l’anello di congiunzione tra la scrittura e la produzione, le scelte creative successive, cioè dei registi, degli attori, degli scenografi piuttosto che delle musiche. E’ una figura che crea la serie, ha un’idea teorica di come dovrebbe essere, di quale dovrebbe essere l’attore per un certo ruolo, di come dovrebbero essere la regia e la musica per esprimere al meglio la potenza di quello che ha scritto, e con un insieme di figure di produzione e della rete sceglie se far parte anche successivamente anche alla possibilità di avere voce in capitolo in tutte le scelte creative. Non come in Italia, dove lo scrittore, una volta che ha scritto viene mandato a casa, e il regista stravolge la storia, il produttore rivede la trama…”
Se “Amiche Mie” è arrivato ad interessare la Lionsgate, forse è anche grazie al fatto che abbia un respiro un po’ più ampio rispetto alle altre fiction italiane, proprio come con “Intelligence”. Tant’è che della sua serie, prima ancora che andasse in onda, era stato definito un “Sex and the city” all’italiana (e già allora aveva smentito il confronto)…
“All’inizio c’era anche un po’ di pregiudizio, causato da questa cosa, perchè se tu dici ‘sarà un Sex And The City’ sembra che stai scopiazzando qualcosa a cui sarà impossibile arrivare. In realtà era una storia di quattro donne ma molto diversa, perchè venivano da un’esperienza diversa come quella del matrimonio e cercavano la forza di ricominciare. Partivamo dall’esigenza di raccontare la differenza psicologica ed emotiva dell’universo maschile e femminile. Infatti c’era questo ginecologo e sessuologo che aveva sempre una visione pratica delle vicende di queste donne, e lui era un po’ l’uomo ideale, che riportava tutto ad una realtà più maschile. La nostra idea di partenza era proprio quella di raccontare la differenza di reazione tra il mondo maschile e quello femminile alle vicende sentimentali”.
Gli ascolti sono stati mediocri (tra i 4 ed i 5 milioni di telespettatori), con una collocazione ballerina. Quali sono stati, secondo lei, gli errori commessi?
“Non è stato protetto. Il primo sbaglio è stato far sei serate invece che otto. Un prodotto nuovo ha bisogno di un po’ di respiro in più. Non dimentichiamo che ‘I Cesaroni’ nella prima stagione ha avuto delle difficoltà che poi ha recuperato. Poi non bisognava spostarlo, anche a livello di comunicazione andavano elogiate tutte le qualità, le innovazioni. Tra l’altro il pubblico ‘pregiato’ era altissimo. Spesso gli editor ed i broadcaster sono frustati dal fatto che gli viene chiesto di produrre grandi numeri, e di far contenti tutti. Non è come in America, dove c’è un pubblico da mirare, e so che se mando in onda un programma in un certo giorno catturo un certo pubblico. Questo stringe un po’ il numero di spettatori ma lo identifica, e rende più possibile la venita mirata della pubblicità, cosa che nella tv generalista non esiste. Con ‘Amiche Mie’ avevamo il pubblico pregiato al 30%, ma le donne oltre i 60 anni non ci vedevano, e non facevamo il 22-23%, che sarebbe servito per essere una serie di successo, e rimanevamo al 19-20%”.
La serie non è stata rinnovata per una seconda stagione. Magari, con questa notizia, Mediaset ci ripenserà…
“Io me lo auguro. Non sarà semplice mettere insieme tutte le attrici che avevano un contratto che ora non hanno più. Mi auguro anche solo uno spin-off con qualcuno dei personaggi più riusciti”.
Tipo?
“A me piacerebbe moltissimo lavorare con Luisa Ranieri e con Lillo (interpreti di Marta e Filippo, ndr) perchè la loro storia rimane emblematica di ‘Amiche Mie’. Comunque mi auguro che possano essere disponibili tutte e quattro le protagoniste”.
A proposito di fiction, come vede la situazione delle serie italiane?
“Non le guardo, non sono dei riferimenti per me, non la considero la fiction seriale che a me piace, soprattutto che crea mercato. Sono degli eventi che raccolgono fette di pubblico che sono contenti di guardarli, ma credo che in questo momento non c’è interesse per la fiction perchè non siamo stati in grado di creare un impianto produttivo che permetta anche guadagno come con l’intrattenimento. Penso che la possibilità di farlo sia sotto il naso, cioè è quello che fanno gli americani con più soldi, ma la struttura di base è come quello dell’intrattenimento. Per girare un ‘Grey’s anatomy’ ci mettono sette giorni lavorativi e vanno in onda con un avanzo di quattro settimane. E’ una macchina che genera più soldi perchè puoi cambiare in corsa, dare più spazio ad un personaggio perchè porta più pubblico piuttosto che un altro. Ovviamente servono competenze. Anche mettere bocca da parte di chi dirige, in una struttura del genere diventa più difficile perchè servono competenze, non possono esserci professionalità improvvisate. In Italia ci sono queste competenze, sono poche, e vanno valorizzate se soltanto si vedesse al mercato con una maggiore onestà e capacità di sviluppo, cosa che invece al momento non viene fatta. Si preferisce la scorciatoia.”
Nel suo passato c’è molta soap. Ha lavorato per “Vivere”, “Centovetrine” ed “Un posto al sole”. Tornerebbe in questo campo?
“Non ci lavoro da dieci anni. Ho fatto ‘Vivere’ il primo anno, poi ho lavorato al concept di ‘Centovetrine’ che è stato acquistato, ho lavorato sulla scrittura del primo anno, e poi ho scritto i primi blocchi, due settimane, ho messo su un gruppo di scrittori e sono rimasta come creatrice ma non ci ho più lavorato”.
E come vede la situazione delle soap italiane rispetto a quelle americane?
“Rispetto alla soap americane siamo migliori. Quelle sono fatte con la stop action, nel senso che finisce una scena in cui ti dico ‘Ti amo’, ne parte un’altra e poi si torna con tu che mi rispondi ‘Anch’io’. Mentre in Italia il tempo nelle soap scorre un po’ più naturalmente. Ma noi abbiamo imparato dagli inglesi. ‘Un posto al sole’ viene dall’Australia, che ha una scuola anglosassone, ai tempi era prodotto dalla Grundy che aveva anche ‘Neighbors’ in Australia ed in Inghilterra. Sono soap con anche temi più reali e sociali.”
Prima di chiudere, ci anticipa se sta lavorando a qualche nuova storia?
“Ne ho una al momento a cui tengo molto ma che è ferma alla scrittura. E’ stata acquistata da Mediaset ed è una storia di rinascita. L’ho scritta, ci tengo a dirlo, con Aaron Ariotti, ed è ambientata all’Aquila, in una scuola di ragazze che giocano a pallavolo, che si rialzano dopo la tragedia, insieme ad un ex campione che torna perchè finito in disgrazia per cause personali, anche a causa del carattere arrogante, e che insieme trovano la forza di crescere, E’ un po’ un romanzo di formazione. Vede al centro quell’età in cui si deve decidere cosa fare della propria vita ed il ritrovare quei valori che attingono allo sport che forse è l’unica forma di scuola morale che c’è in questo paese.”
Grazie per il tempo che ci ha concesso, ancora complimenti per “Amiche Mie” ed in bocca al lupo!
“Grazie, crepi il lupo!”