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Dadada va peggio di SuperVarietà? Ma è fatto meglio (e batte Velone)

Quest’oggi, due ottimi giornalisti della carta stampata sottolineano (impietosamente) gli ascolti in calo dell’access estivo di Raiuno. Nel mirino è Dadada, il nuovo programma amarcord firmato da Elisabetta Barduagni, erede del Super Varietà andato in pensione insieme all’ideatore, nonché storico capostruttura Rai, Paolo De Andreis.Marco Castoro, su Italia Oggi, ritiene che Raiuno abbia sbagliato a

pubblicato 10 Luglio 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 14:22


simona ventura dadada

Quest’oggi, due ottimi giornalisti della carta stampata sottolineano (impietosamente) gli ascolti in calo dell’access estivo di Raiuno. Nel mirino è Dadada, il nuovo programma amarcord firmato da Elisabetta Barduagni, erede del Super Varietà andato in pensione insieme all’ideatore, nonché storico capostruttura Rai, Paolo De Andreis.

Marco Castoro, su Italia Oggi, ritiene che Raiuno abbia sbagliato a “cambiare il nome di Supervarietà con Dadada e per questo lo share ne ha risentito”:

“Le schegge della tv del passato, ora riproposte con il solo cambio del nome, non stanno confermando il 23% di share medio riportato fino al 2009. Quest’anno siamo intorno al 18-19%”.

Marco Molendini del Messaggero parla dalla sua di “titolo in pensione”, condividendo con Castoro la perplessità sul cambio di nome visto che “si spaccia per nuovo quello che nuovo non è”. Il critico in questione, però, riconosce che una sottile differenza c’è:

“Il montaggio di Supervarietà lasciava meno spazio alle forbici, rispettava le gag rinunciando a un’inutile brevità, faceva 7.8 punti in più di share”.

Umilmente, spendo due parole per aggiungere un contributo personale alla querelle. Come anticipato dalla mission originaria, Dadada (omonimo titolo di una hit degli anni ’80 della band tedesca Trio) è caratterizzato da sequenze ininterrotte di immagini, che seguono in ogni puntata un preciso filo conduttore monotematico, avvalendosi del repertorio sia televisivo che cinematografico.

Dadada
Dadada
Dadada
Dadada
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Dunque, semmai il programma ha un valore aggiunto rispetto allo scontato assemblaggio senza né capo né coda di Supervarietà: la coerenza del racconto. In ogni puntata di Dadada vi è un tema affrontato da più generi televisivi e, finalmente, senza nessuna puzza sotto al naso. Ieri sera, ad esempio, il fil rouge era dato dal telefono, raccontato dai più svariati punti di vista: quello di Nino Ferrer in una sua omonima canzone, delle mitiche scenette di Carlo Verdone e persino di Simona Ventura.

La regina dell’Isola dei Famosi è, finalmente, tornata sull’ammiraglia Rai, manco a dirlo con una scena trash di una vecchia edizione del suo reality. E’ passata alla storia, infatti, la telefonata in tempo reale del presunto ex di una naufraga, che aveva già inondato di malelingue le riviste di gossip e si vide, perciò, aggredito dalla conduttrice in diretta.

Poi il curatore del programma deve essersi preso a cuore le storiche gag di coppia di Rodolfo Laganà e Paola Cruciani, divenuto un appuntamento quasi fisso in ogni puntata visto che i singoli sketch si prestano all’argomento serale. Insomma, Dadada – nel suo essere più trasversale e anche immediato – ha uno stile documentaristico davvero interessante, che racconta per impatto lo spettacolo di una volta, ma non disdegna le evoluzioni odierne.

Sino all’anno scorso sembrava che Supervarietà si vergognasse di certi elementi e programmi, celebrando con ipocrisia quegli stessi miti osteggiati dalla tv contemporanea, da Enrico Montesano a Raffaella Carrà. Ora quegli stessi mostri sacri ritornano, ma senza prendere il sopravvento sui personaggi che fanno la tv di oggi.

Persino del trash non si vergogna Dadada, che la scorsa settimana è arrivata a riproporre la lite per i capelli tra Antonella Elia e Aida Yespica, datata Isola dei Famosi 2, e le schermaglie al Ristorante tra Tina Cipollari e la contessa De Blank. Almeno Del Noce si sarà rinfrescato la memoria sul fatto che anche la sua Raiuno, ai tempi, è scesa a compromessi con il reality show.

Per questo, tanto di cappello a un programma come Dadada, che semmai sta scontando il fatto di essere partito a stagione estiva inoltrata, con una collocazione spesso tappabuchi e precaria causa Mondiali. Man mano che la gente si affezionerà e vedrà consolidata la sua collocazione, forse il rimpianto del borioso Supervarietà passerà. E poi diciamola tutta: il suo lavoro contro il competitor Velone, pur partito già da un mese, Dadada lo sta facendo egregiamente, visto che in contrapposizione vince praticamente ogni sera. E a costo zero.

Dadada

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