TvBlog intervista il Saputello Barbuto
Accadono cose singolari, in televisione. Per esempio, accade che sussista un botta e risposta fra il programma più visto della tv italiana, Striscia la Notizia (un successo di pubblico e premi pluriennale) e un programma piccolo. Persino “di nicchia” se vogliamo. Perché è un programma che parla di televisione: TvTalk. Protagonista di questo botta e
Accadono cose singolari, in televisione. Per esempio, accade che sussista un botta e risposta fra il programma più visto della tv italiana, Striscia la Notizia (un successo di pubblico e premi pluriennale) e un programma piccolo. Persino “di nicchia” se vogliamo. Perché è un programma che parla di televisione: TvTalk. Protagonista di questo botta e risposta è il Saputello Barbuto, come lo hanno soprannominato a Striscia.
TvBlog è entrato in contatto con il Saputello Barbuto, ha “scoperto” che dietro al nomignolo c’è una persona vera e ne è scaturita un’interessante e lunga intervista a tutto campo: si va dal racconto di quel che è successo a un commento su Striscia a considerazioni più generali sul tema Auditel e ascolti. Un’intervista che espone contenuti che trovo estremamente condivisibili e pacati, e che mi piace proporre a voi lettori – integralmente -; un’intervista alla quale, se vorranno, da Striscia la Notizia potranno ovviamente rispondere.
Chi sei veramente e che ruolo hai in TvTalk
Mi chiamo Sebastiano Pucciarelli, ho trentun’anni e da quattro lavoro nella redazione di Tv Talk, programma di Rai Educational con base a Milano che si occupa di critica e analisi televisiva, e va in onda il sabato mattina su Rai Tre.
Sono un redattore della trasmissione e come tale realizzo ogni settimana alcuni dei servizi filmati che vengono mostrati e discussi in puntata.
Nello specifico mi occupo principalmente dei contributi video sulle televisioni estere, facendo le ricerche in collaborazione con i nostri inviati Barbara Serra (da Londra) e Franco Schipani (da New York), poi montando, traducendo e sottotitolando il materiale per comporre un paio di “pezzi” a settimana. Partecipo inoltre alla registrazione del programma, commentando questi e gli altri servizi della puntata assieme agli studenti, ai professori e agli ospiti che compongono il parterre di Tv Talk.
Cosa hai detto di Striscia? Cosa ha determinato la nascita di questo singolare botta e risposta?
Nella nostra puntata del 16 gennaio ho parlato di “furbizia” di Striscia nell’aver portato in trasmissione un cucciolo di cane, che, come altre volte in passato, rimane a fianco ai conduttori per buona parte della puntata e per varie puntate, oggetto di carezze e commenti dei due anchor (“che carino”, “si è addormentato”) e di ripetuti primi piani della regia. La mia collega nell’introdurre il servizio aveva parlato di “una storia di speranza e di tenerezza” (Striscia ha adottato l’animale da un canile), dilungandosi sulla sensibilità di Striscia: un endorsement incondizionato, privo di qualsiasi criticità. Ho ritenuto quindi di proporre un’altra lettura di questa adozione catodica: ho detto che secondo me era volta a suscitare nel pubblico questo “effetto-che-carino”, che mi pareva che gli ascolti lo confermassero, e che del resto la scelta era caduta su uno splendido cucciolo e non su un animale vecchio e malandato. Una sensibilità piuttosto selettiva…
[a circa 10minuti dall’inizio il pezzo di Tv Talk su Striscia, con l’intervento in coda]
Cosa pensi in generale di Striscia?
Ho sempre avuto sensazioni contrastanti riguardo a Striscia. Non è tra i miei programmi preferiti, d’altronde non si può certo liquidare un successo ventennale adducendo che fanno una comicità facile, “larga”, che richiede il minimo sforzo di attenzione – tutta affidata ai giochi di parole, ai soprannomi, alle ripetizioni –, né tanto meno che l’utilizzo dei cuccioli in studio, delle Veline e delle colluttazioni degli inviati è strumentale e spettacolarizzante.
Accanto alle criticità che ho appena elencato, riconosco infatti un valore alle denunce di degrado del territorio, ad alcune delle loro inchieste anti-truffa, ad alcuni servizi che mostrano le contraddizioni di politici e personaggi dello show-biz (Ballantini su tutti): è la funzione vicaria di Striscia, che sostituisce e incalza le istituzioni assenti e i tg troppo impegnati a preparare panini politici, di “nera” o di “costume” per indagare alcunché. Del resto la paradossale autorevolezza giornalistica di un pupazzo rosso o di un uomo con uno stura-lavandini in testa ben rappresentano la condizione carnevalesca e la mancanza di prospettive di questo paese e della sua televisione.
Il Gabibbo è lo Zorro del Messico seicentesco in salsa comica: in un sistema patologicamente afflitto da inefficienza e corruzione, si delega la speranza di riparare il singolo torto a un eroe mascherato. Che se anche non ci riesce, almeno dovrebbe farci ridere.
Un mio chiodo fisso da vecchio trombone riguarda invece l’idea dei modelli comportamentali ed espressivi che propongono tanti programmi che “tutto sommato non fanno nulla di male” o che si prestano tranquillamente anche a una visione smaliziata e divertita (Grandi Fratelli, Isole, Talpe, Uomini e donne, quiz con riprese a misura di natiche, molti talent show, tutti i people show e quasi tutti i talk e i contenitori della chiacchiera mattutina, pomeridiana e serale): le ricadute più nefaste di tanta televisione che porta la gente comune a vivere il proprio privato in pubblico, spingendola a “emozionarsi” nelle piazze catodiche, che inquadra i corpi delle donne e degli uomini come quarti di manzo, che fa della lite e dell’opinione di chiunque su qualsiasi tema lo standard di una discussione seria… ecco, le conseguenze più radioattive di tutto ciò non stanno tanto in un generico scadimento della “qualità televisiva” ma nel modello di comportamento che legittimano e propongono. Gli effetti più profondi e duraturi sono quelli che incidono sulla mutazione sociale e antropologica della platea-cittadinanza. E questo non lo dice il “saputello barbuto” di Tv Talk, lo diceva Pasolini.
Perché, secondo te, se la sono “presa” con te?
Per suscettibilità e per abitudine consolidata: se da vent’anni ti ergi a paladino mediatico, non puoi permettere a nessuno di insinuare che anche tu “fai il furbo” con le armi proprie dello spettacolo televisivo. E allora l’elefante della prima serata si imbizzarrisce davanti al topolino del sabato mattina. Del resto per ragioni simili e con identico tono (giochi di parole, nomignolo e vignetta cheap) hanno screditato e sbeffeggiato Gad Lerner (diventato Gaf Lerner) e il documentario Videocracy, in entrambi i casi attribuendo agli avversari presunti errori, che a ben vedere errori non sono. Si veda l’affaire Lerner-Veline: in perfetto stile strisciante, Ricci prende la frase con cui Lerner si riferisce alle selezioni delle Veline – “quelle ragazze che seleziona a migliaia d’estate, sempre davanti alla telecamera, con gli spogliarelli del caso” – e replica che Lerner non è informato, perché non sa neanche che “finche le Veline sono in carica non possono neppure fare un calendario a seno nudo”.
È evidente dalla frase citata che Lerner non si riferiva alla Velina “in carica”, bensì alle selezioni estive per diventare tale, popolate innegabilmente di ragazze che si mostrano piuttosto svestite (gli “spogliarelli del caso”). La tecnica di screditamento è sempre la stessa: si finge di non capire il nocciolo della questione, per attaccarsi a presunte imprecisioni o errori, magari in maniera approssimativa e capziosa come in questo caso.
Cosa pensi del soprannome che ti hanno affibbiato e del loro affibbiar nomignoli in generale?
Come già detto, rientra in quello stile di comicità da caserma, “larga” perché deve arrivare a tutti gli 8-9 milioni sintonizzati, e poi lo sfottò sulle caratteristiche fisiche (il “barbuto”, la “crestina da abbassare”) o intellettive (il “saputello”, l’”espertone che parla a vanvera”) è perfetto per seppellire con una risata da bar sport qualsiasi contenuto. Il primo servizio sulla faccenda (lunedì 18) mi ha colpito per quest’uso delle parole, un tono sprezzante che mal celava il fastidio per la critica.
Interessante inoltre che la seconda parte di quello stesso servizio – un minuto buono – sia stata impiegata per fare la cronistoria del pluri-decennale impegno di Striscia a favore degli animali. Cosa risaputa e peraltro ampiamente riportata dalla mia collega prima del mio intervento. Mia nonna credo parlerebbe di “coda di paglia”, tanto per rimanere in ambito animalistico.
Come si è sviluppata la querelle? Continua? Continuerà?
Nella puntata di Tv Talk successiva al servizio di Striscia (sabato 23 gennaio) ho replicato brevemente, accennando alle ragioni che ho riportato prima. Ovviamente quelli di Striscia sono tornati sulla faccenda non una, bensì tre volte (il lunedì successivo, ma anche il martedì e il mercoledì), cosa che mi ha piuttosto divertito. Il tono di questi ultimi servizi era più bonario, vista anche l’esilità del discorso, giunti ormai alla seconda, terza e quarta ricottura della minestra.
Anche in questo caso il registro era quello della bacchettata allo studente ignorantello: hanno ripreso una parte della mia replica (tagliando opportunamente il segmento “coda di paglia”), quindi un commento di Silvia Motta (l’esperta di ascolti di Tv Talk) che fa notare che a Striscia tutto fa ascolto, per concludere con il consueto fermo immagine in espressione ebete a cui hanno appiccicato un vestito da laureato e la sovrimpressione “IL SAPUTELLO BARBUTO”.
Conclusione sull’invito di Greggio a “tirare giù il crestino”, perché proprio in quel momento mi stavano regalando “il mio picco d’ascolto”. Effettivamente il pezzo sul “saputello barbuto” era l’ultimo servizio del giorno, a ben 20 minuti dal precedente break pubblicitario, per cui è stato visto da 9.7 milioni di spettatori: la curva di Striscia è sempre ascendente e il pezzo, giocoforza, è stato il picco della puntata. Il giorno dopo (martedì 26) la seconda parte della lezione sull’auditel al “saputello barbuto”, in uno giocoso regolamento di conti sempre più privato: qui si scommette che nonostante il pezzo su di me vada questa volta in onda “subito dopo il corpo delle donne, secondo il saputello garanzia di grande share”, ebbene l’ascolto sarà molto più basso.
Ovviamente Striscia vince la scommessa e il giorno dopo lo certifica con l’ennesimo grafico e l’ennesima caricatura del “saputello” (mercoledì 27, quarto e a tuttora ultimo pezzo di striscia sulla faccenda): erano solo 6.5 milioni gli spettatori collegati in quel momento. Magia predittiva? Non proprio, visto che stavolta il servizio era a soli 2 minuti dal precedente break pubblicitario e la curva doveva ripartire dai 5.6 milioni.
Insomma, quattro servizi per smentirmi e sbeffeggiarmi con tono, va detto, vieppiù bonario. Il tutto, notazione di passaggio, senza mai chiamare per nome o dare una qualifica al “saputello” (chessò “analista televisivo” o “redattore di Tv Talk”). Meglio restare alla macchietta, vedi mai che a introdurre la persona reale e la sua qualifica, c’è il rischio che qualcuno di quei milioni di spettatori possa prendere sul serio quello che dice…
Ah, com’è finita? Nella puntata di Tv Talk successiva alla lezione di sostegno sull’Auditel abbiamo evitato l’ennesima replica sul nulla, mi sono limitato a indossare per qualche secondo un cappello da laureato, subito sfilato e riposto da parte per introdurre seriamente un mio pezzo sulla rete americana all-news Fox News.
[a circa 21 minuti dalla fine, la replica al servizio di Striscia]
[le lezioni di Striscia al “saputello barbuto” 1, 2; 3]
[a circa 10 minuti dall’inizio, la non-replica finale di Tv Talk]
“Saputello” è usato anche per invitarti a informarti meglio. C’erano effettivamente inesattezze in quel che hai detto?
L’inesattezza contenuta nel mio primo intervento consisteva nel dire che l’uso strumentale del cucciolo era confermato anche dagli ascolti. In effetti gli ascolti del segmento canino della puntata in questione rispettavano la normale e inesorabile parabola ascendente di Striscia, che regolarmente incamera decine (spesso centinaia) di migliaia di contatti ogni minuto. Il che non ci dice che il cane non aiuta a fare ascolti, semmai che anche il cucciolo in studio è uno degli ingredienti del successo quantitativo del programma.
Un messaggio “conciliante” agli “amici” di Striscia?
Certo, li ringrazio perché mi hanno insegnato almeno due cose di cui farò tesoro:
1) che la curva degli ascolti di Striscia ha una costanza e una regolarità da far invidia all’intestino della Marcuzzi post-bifidus;
2) che una corazzata dell’auditel come Striscia non si può toccare, perché i cannoni dello sberleffo sono sempre puntati. O forse invece a maggior ragione va toccata, anche se con una piccola piroga, perché anche gli scafi delle corazzate possono avere qualche falla.
Il far pubblicità, indirettamente, al programma, ha inciso sugli ascolti?
A dire il vero no, in queste ultime tre settimane Tv Talk ha confermato la sua media dell’8-9% e i suoi 400-500 mila spettatori. Rimane un programma di nicchia, vista la sua collocazione “appartata” nel palinsesto. Invece una nota curiosa sul piano personale: non possiedo un profilo su Facebook, ma da qualche giorno qualcuno ha aperto una fan page del “saputello barbuto”, che conta circa 200 iscritti.
Confermata ancora una volta la legge dell’esposizione mediatica: a livello di visibilità conta più un passaggio in prima serata, anche se derisorio, di qualche anno di lavoro nelle catacombe del palinsesto mattutino.
Un’osservazione generale sull’Auditel? Recentemente, la Grisotti ha detto a TvBlog che ci vorrebbe una moratoria-Auditel. Che ne pensi?
Pur non essendo un esperto di auditel – come Striscia ha dimostrato – condivido molte delle osservazioni della Grisotti sulla necessità di un ripensamento generale del meccanismo di rilevazione: l’attuale sistema di conteggio dei contatti ogni 15-30 sec fa sì che spesso i picchi di ascolto rilevati corrispondano a picchi di disgusto – zuffe, pianti, immagini osè o variamente “morbose” su cui lo spettatore si sofferma anche solo facendo zapping tra un canale e l’altro. Un meccanismo effettivamente perverso, che spinge inevitabilmente gli autori e le produzioni a riproporre proprio quei momenti che possono più facilmente indurre il telespettatore a soffermarsi.
Mi pare molto stimolante e decisamente attuale anche un altro spunto della Grisotti: l’idea che la salvaguardia del telespettatore sia anzitutto una tutela del consumatore (figura ancora più adeguata di quella di cittadino, perché più corrispondente all’attuale contesto televisivo): la dittatura degli ascolti per conto degli inserzionisti fa del telespettatore un consumatore privo di diritti, a cui si può propinare merce avariata in maniera pressoché impunita. Il che è universalmente ritenuto inaccettabile in qualsiasi settore merceologico. Escluso, per l’appunto quello televisivo.