Home Pippo Baudo racconta a TvBlog 50 anni di carriera partendo da una foto in bianco e nero (Prima parte)

Pippo Baudo racconta a TvBlog 50 anni di carriera partendo da una foto in bianco e nero (Prima parte)

Nel bar di via Teulada a Roma, fra tavolini con caffè fumanti, tramezzini e brioches campeggia una enorme fotografia in bianco e nero. Non è una foto qualunque, essa ritrare la Rai. No, non è la foto del cavallo di viale Mazzini, ma è la foto di chi la Rai l’ha fatta, anzi l’ha creata,

di Hit
pubblicato 13 Gennaio 2010 aggiornato 21 Gennaio 2021 16:01


Nel bar di via Teulada a Roma, fra tavolini con caffè fumanti, tramezzini e brioches campeggia una enorme fotografia in bianco e nero. Non è una foto qualunque, essa ritrare la Rai. No, non è la foto del cavallo di viale Mazzini, ma è la foto di chi la Rai l’ha fatta, anzi l’ha creata, costruita dal nulla e fatta crescere. Quella foto la vedete qui sopra. Da destra verso sinistra ci sono gli indimenticati Enzo Tortora, Corrado, Mike Bongiorno e da ultimo Pippo Baudo. Baudo è l’unico rimasto di questo fantastico gruppo. Un gruppo che attraverso il proprio lavoro ha contribuito in maniera determinante alla crescita e alla storia della Rai Radio Televisione Italiana, sicuramente più di tutti i dirigenti e consiglieri di amministrazione messi assieme che si sono avvicendati in tutti questi anni. TvBlog ha oggi l’onore di avere ospite sulle sue colonne Pippo Baudo, che ha accettato, in occasione dei suoi 50 anni di carriera, di fare una carrellata sulla sua vita professionale. Una carrellata per forza di cose non completa, che abbiamo deciso di dividere in due parti. In quella di oggi partiremo proprio da quella foto per arrivare poi domani a parlare della TV di oggi e di domani, perché il grande Pippo ha in serbo ancora tante idee per nuovi programmi. Buona lettura.

Partiamo dall’inizio anzi per meglio dire dalla svolta della sua carriera e cioè dalla famosa foto con Mike Bongiorno, Corrado ed Enzo Tortora, le sue impressioni di quel giorno a Studio Uno

Quella è stata la mia promozione sul campo. Mi invitò Guido Sacerdote che era il produttore del programma di Mina che era molto contenta di avermi in studio. Io a dire la verità non credevo di essere al livello di loro tre, quindi mi parve di toccare il cielo con un dito.

Come l’accolsero gli altri tre?

Non è che l’accoglienza fu festosissima. Un po’ di concorrenza ovviamente c’era, poi loro facevano molto muro, un muro professionale quasi inespugnabile. Però poi durante le prove abbiamo familiarizzato, abbiamo scherzato e venne vuori un bel numero in onda.

Durante quei momenti con chi aveva avuto più feeling?

Sicuramente con Enzo, con Tortora, perché ci capivamo, scherzavamo, poi il destino in futuro ci ha portato a fare anche delle cose insieme (“Italia parla” su Rete4, ndr). Poi c’era la bonomia di Corrado, mentre Mike, soprattutto all’inizio, stava sempre un po’ sulle sue, poi però anche lui in quel caso fu molto carino.

Di quella foto lei è l’ultimo rimasto, sente sulle sue spalle questa responsabilità, la responsabilità di portare avanti “la vecchia guardia?

No a dire il vero non sento questa responsabilità, anzi sento l’onore di essere l’ultimo e anche la fortuna di esserlo, ma è soltanto un motivo anagrafico. Mi adopererò perché questa resistenza continui… (ride)

Parlando di Corrado lei lo ha sostituito in due occasioni, la prima fu dopo la “Canzonissima” che Corrado presentò assieme a Raffaella Carrà nei primi anni ’70, come andò in quel caso?

Canzonissima avrei dovuta farla prima. L’allora direzione della Rai avendomi apprezzato a “Settevoci” e al Festival di Sanremo del 1968 voleva affidarmela. Poi mi hanno chiamato all’ultimo momento e mi dissero che volevano lanciare la coppia Corrado-Carrà. Per questo motivo sono restato fermo per un po’ di anni, quindi mi fecero fare “La freccia d’oro” dove lanciai Loretta Goggi e proprio con lei feci poi Canzonissima nel 1972.

E poi sostituì Corrado anche nel 1979 a Domenica In, come la prese quella volta il grande presentatore romano?

Questa sostituizione per la verità Corrado non l’accettò molto piacevolmente. Aveva avuto una specie di battibecco con l’allora presidente della Rai Paolo Grassi, persona intellettuale e raffinata sovrintendente del teatro alla Scala e fondatore con Giorgio Strehler del Piccolo teatro di Milano. A Grassi l’aria casereccia di Domenica in e di Corrado non piacevano molto. Lo disse in una pubblica intervista e questa cosa decretò la fine del rapporto di Corrado con la Rai. In quel momento mi fu quindi affidata “Domenica in”, allora decisi di rivoluzionarla togliendogli il telefilm e ne feci un grande rotocalco della domenica con libri, cinema e teatro. Ebbe un grande successo, ma ebbe anche delle grandi critiche, soprattutto dalle case editrici che dicevano che ero il più grande editore italiano, perché determinavo i bilanci delle case editrici in base ai libri che decidevo di promovuore nel programma. Tanto che dovetti fare un specie di manuale Cencelli con il quale assegnare i posti ai vari libri da promuovere in base alla dimensione delle varie case editrici.

Quindi da conduttore di varietà puro si trovò anche a fare il giornalista, non ci furono delle critiche all’interno della Rai soprattutto dai giornalisti?


Quindi da conduttore di varietà puro si trovò anche a fare il giornalista, non ci furono delle critiche all’interno della Rai soprattutto dai giornalisti?

No a dire il vero no. Poi io in fondo sono anche giornalista, vengo da questo campo. Intervistavo un po’ tutti da uomini di stato, ministri, mi ero occupato anche di nucleare con scienziati venuti apposta dal Giappone, cercavo di mischiare intrattenimento puro ad informazione. Era davvero una bella Domenica in.

Nel frattempo nasceva la televisione commerciale, che cominciava ad assestare i primi colpi al monopolio Rai, in particolare nel sabato sera “Premiatissima” condotta da Johnny Dorelli batteva il “Fantastico 4” di Gigi Proietti, le chiedono quindi di prendere in mano il sabato sera di RaiUno, come avvenne la cosa?

Emmanuele Milano allora direttore di RaiUno con Giovanni Salvi che sovrintendeva all’intrattenimento, mi chiesero di prendere in mano Fantastico. E ti voglio raccontare un aneddoto a questo proposito. Proprio durante Fantastico 4 i dirigenti Rai mi accennarono che volevano affidarmelo dall’anno successivo, allora mi chiesero di andare ospite “in incognito” da Proietti che conduceva quell’edizione, per tastare un po’ il terreno, era una specie di prova generale in vista dell’anno dopo. Ricordo che fui ospite assieme ad Adriano Celentano in quella puntata. Tornando da quella puntata sciolsi la riserva e cominciai a preparare la squadra che fu poi di “Fantastico 5”.

Già “Fantastico 5” che passava dagli studi della fiera di Milano, registrato, al teatro delle Vittorie a Roma in diretta, un po’ una svolta per il sabato sera di RaiUno

Si quell’edizione in effetti fu un trionfo, con Heather Parisi, Eleonora Brigliadori, il corvo Rockfeller, i grandi ospiti musicali. La Rai tornò a vincere nel sabato sera con ascolti record degni del Festival di Sanremo.

L’anno dopo con “Fantastico 6” fece debuttare Lorella Cuccarini ed ebbe l’idea del talent show lanciando nuovi ragazzi per il mondo dello spettacolo

Si certo come no. Anche se a dire il vero il primissimo talent show fu “Settevoci”. Lanciammo in quel programma Massimo Ranieri, Albano, Marisa Sannia, Orietta Berti. Il talent show, non per dover accreditarmi per forza delle cose è nato lì, questa è semplicemente storia.

Una formula declinata ancora meglio in un altro suo programma per RaiUno che si chiamava “Gran premio” nel 1990

Esatto, l’ho riportata in Gran Premio che è stato un bel successo. Una cosa che volevo fare addirittura a carattere continuativo, cioè una formula spalmata tutto l’anno e non solo in un programma da dieci prime serate, come poi effettivamente fu. Volevo creare un’accademia dello spettacolo permanente, fatta di cantanti, attori, comici, ballerini, fantasisti. L’avevamo poi costituita in un albergo romano, dove i ragazzi dormivano, mangiavano, facevano lezioni di canto, ballo, recitazione, dizione e poi al giovedì sera venivano in studio e gareggiavano divisi in squadre. In quel programma lanciammo per esempio Aldo, Giovanni e Giacomo.

Detto così assomiglia molto ad “Amici”, cosa pensa dei talent di oggi?

Il talent show come li ho fatti io creavano dei personaggi che potevano avere una durata nel tempo, avere una forza per fare carriera. Amici è un buon programma, ha lanciato molti personaggi, Maria è bravissima. Secondo me però si da troppo spazio alle discussioni in giuria rispetto a far esibire i ragazzi, ma è solamente una mia opinione.

Un programma che fu un’interessante esperimento di intreccio fra sit com e talk show negli anni ’90 fu “Tutti a casa”

Tutti a casa per me rimane una gemma, in cui c’era la fusione miracolosa fra fiction e dibattito. In quel palazzo ricostruito in studio si recitvano delle storie che poi venivano dibattute in diretta con ospiti in studio. Ricordo che lanciammo anche Claudia Pandolfi in quella trasmissione. Era davvero uno spettacolo nuovo. Ci penso sempre a quel programma e sono convinto che si potrebbe rifare anche oggi. All’epoca si disse che fece bassi ascolti, ma totalizzò il 22%, al giorno d’oggi si griderebbe al miracolo.

Parliamo ora di “Fantastico 7” con Lorella Cuccarini, Alessandra Martinez ed il trio Solenghi, Marchesini, Lopez, a mio giudizio la migliore edizione di “Fantastico” , ogni puntata era scritta come se fosse un musical, che ne pensa?

Sono assolutamente d’accordo con lei, ogni puntata era effettivamente scritta come un musical. Ero stato in America per un lungo periodo avevo visto parecchi musical fra cui “Chorus line” e ne ero rimasto entusiasta e mi dissi che dovevo portare nella televisione italiana questa “gioia” di fare spettacolo. Qualcuno diceva che questa cosa era impossibile da portare dentro la TV perché non c’era l’umore “fisico” del pubblico del teatro. Invece proprio in quella edizione di “Fantastico” ci siamo riusciti. Per esempio nella prima puntata c’era la scena del brindisi con Lorella ed Alessandra tratta da “Gigi” in cui io facevo Maurice Chevalier.

Nell’ultima puntata di quel Fantastico ci fu la famosa domanda dell’allora direttore di Sorrisi Gigi Vesigna in cui le chiedeva cosa pensava delle dichiarazioni dell’allora presidente Rai Enrico Manca in cui definiva la sua televisione “nazional popolare”. Vi eravate messi d’accordo prima lei e Vesigna?

Purtroppo no. Io reagisco istintivamente e anche quella volta fu così. In verità ero stato ampiamente provocato da Manca che disse ad Antonio Padellaro in una intervista sul Corriere della sera che praticamente si vergognava dei miei programmi. Capisco che all’epoca fu una cosa esclusivamente politica, i socialisti entravano in Rai e volevano dettare legge, io ero un capro espiatorio. Poi dopo la fine di “Fantastico” che ricordo fu un trionfo auditel, si parla di quasi 20 milioni di telespettatori, me ne andai a Londra per un lungo periodo, dalla Rai non si fece sentire più nessuno allora capii che me la volevano far pagare e che avrei dovuto cambiare aria per lavorare.

In compenso si fecero sentire dalla Fininvest

Fui chiamato da Berlusconi, facemmo lunghe riunioni ad Arcore in cui ricordo non si parlava di politica ma solo di televisione. C’era anche Fedele Confalonieri. Ragionavamo su come migliorare il passo e la qualità dei programmi di Mediaset, per dargli maggiore lustro e farla diventare davvero competitva nei confronti della Rai. Fu un bel periodo molto creativo, mi fu assegnato un compito molto difficile però che era quello di direttore artistico.

Le presenze storiche di Mediaset non la presero molto bene questa sua nomina

Io avevo pregato Silvio Berlusconi di darmi meno potere, ma lui decise che dovevo essere direttore artistico. I vari Ricci, Costanzo amavano agire autonomamente e quindi non sopportavano questa mia posizione. Quindi accertato che la mia presenza a Mediaset non era gradita decisi di andarmene. E badi bene dopo aver fatto un programma come “Festival” che andò molto bene, a mio giudizio e non solo mio, il miglior varietà prodotto da Mediaset.

L’addio a Mediaset fu molto doloroso, tanto che in una conferenza stampa improvvisata al termine dell’ultima puntata di “Festival” annunciò che si sarebbe ritirato

Sinceramente ho sofferto moltissimo per quella situazione e quella cosa non la sapeva nessuno prima, la annunciai direttamente a fine trasmissione.

La carriera di Pippo Baudo è ancora lunga da raccontare tra i tanti altri impegni del passato fino agli attuali, con anche la voglia di guardare già al futuro. Questo però Pippo Baudo continuerà a raccontarcelo domani nella seconda parte dell’intervista per TvBlog.

Pippo BaudoRai 1