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Talk senza applausi, quando i programmi migliorano nell’emergenza

L’emergenza coronavirus ha spazzato via dagli studi pubblico e applausi, mostrando il ‘lato b’ dei talk. Una normalità che ha affossato la resa di appelli populistici e messaggi retorici

pubblicato 29 Aprile 2020 aggiornato 30 Agosto 2020 02:37

Senza pubblico, senza rumori di sottofondo. Il coronavirus ha ‘regalato’ alla televisione il lato b di numerose trasmissioni, costrette a cambiare pelle, a volte in maniera drastica.

Via urla e applausi – spontanei o a comando – e addio a quel senso di riempimento che regalava agli spettatori calore e compagnia. Ma non sempre una privazione rappresenta un handicap e, paradossalmente, in diversi casi lo svuotamento degli studi ha donato nuova linfa e peso specifico a determinati contesti.

Il discorso ovviamente riguarda prevalentemente i talk. L’intrattenimento, infatti, ha nettamente subito la metamorfosi imposta dal rischio contagio, provocando un diffuso innalzamento di bandiere bianche. E così stop a Corrida, Fratelli di Crozza e ai giochi che, per forza di cose, hanno dovuto ricorrere al materiale di magazzino.

Se Amici ha sofferto l’assenza del baccano, che da sempre accompagnava le esibizioni di ballerini e cantanti, il Grande Fratello Vip ha invece beneficiato della quiete, garantendosi una migliore qualità narrativa e una evidente pulizia stilistica. Sorprendente anche la tenuta di Propaganda Live, capace in corsa di mantenere un clima goliardico nonostante l’entrata in scena di decine di cartonati sparsi in platea.

Fino ad arrivare ai citati talk. Qui il pubblico era una presenza di contorno utile ad enfatizzare momenti che, in condizioni di normalità, sarebbero passati inosservati. E proprio la normalità ha affossato la resa di appelli populistici, messaggi retorici e prese di posizione demagogici. Resta solo ciò che merita, il resto finisce presto nel dimenticatoio.

Che tempo che fa, dopo un avvio traumatico e surreale, ha saputo reinventarsi virando su un taglio da ‘servizio pubblico’ , mentre Piazzapulita ha insistito sul peso delle parole e delle inchieste.

A migliorare nettamente sono stati i programmi che facevano degli applausi un accompagnamento eccessivo, come L’Aria che tira, Non è l’Arena e Fuori dal coro. Mario Giordano – vicenda Feltri a parte – ha asciugato toni ed eliminato eccessi, accogliendo quasi in pianta stabile il virologo Massimo Galli e l’economista Carlo Cottarelli. Inimmaginabile in un’epoca pre-covid.

Ha saputo reinventarsi soprattutto Giovanni Floris che a Di Martedì concedeva un’ovazione ogni quaranta secondi. Il silenzio e la restrizione visiva dello studio grazie all’innesto di maxi-schermi laterali hanno rivalutato il dibattito e il confronto, perennemente annacquati da intromissioni del pubblico che spesso scadevano nel grottesco.

Chi al contrario basava la potenza del racconto sull’effetto ‘arena’ e sul coinvolgimento di personaggi bizzarri era Paolo Del Debbio. Dritto e rovescio, pur continuando a sorridere sul fronte degli ascolti, paga una metamorfosi che ha segnato clima e umore del padrone di casa, che appare teso e distaccato.

C’è da capire se, una volta terminata l’emergenza, si tornerà di colpo alle mode passate o se si manterranno le attuali dinamiche. Perché, in fondo, non è tutto da buttare.