Una Storia da Cantare, Gianni Morandi protagonista dell’ultima puntata: si evita così una cumulativa molto pericolosa
Una Storia da Cantare 2 voleva bissare i buoni risultati della prima stagione, ma un debutto faticoso e una puntata in più non hanno aiutato.
Una Storia da Cantare 2 ha cambiato in corsa la sua pelle, con una evidente marcia indietro rispetto all’idea che doveva contraddistinguere questa seconda stagione, apertasi alle puntate collettive. Una seconda stagione che sembra, però, essere stata mandata allo sbaraglio, collocata a traino del successo di Sanremo 2020 ma in un sabato molto diverso da quello autunnale e con una nuova struttura che ha penalizzato ulteriormente un format che aveva bisogno di consolidarsi, non di trasformarsi.
Giusto per fare un breve excursus, Una Storia da Cantare è nato col lodevole intento di portare in tv l’arte del cantautorato. Tre puntate monografiche su altrettanti colonne, ormai scomparse, della tradizione cantautoriale italiana che mostrarono molto coraggio, un po’ di incoscienza, tanta presunsione, ma che aveva aperto un cammino e raccolto un 19% di share medio quasi insperato contro Tu sì que vales.
Finito il Sanremo 2020 dei record, Rai 1 sceglie di riprogrammarlo per tre settimane. Le tre puntate annunciate diventano quattro ancor prima del debutto: una manifestazione di stima e fiducia per il neo direttore Coletta verso un programma ideato e voluto dal predecessore Teresa De Santis, ma una scelta che sembra disorientare ulteriormente un format che intanto aveva, nel frattempo, anche deciso di aprirsi agli interpreti e ai cantautori viventi. In questo modo poteva accogliere l’omaggio a Mina per i suoi primi ’80 anni. La principale variazione rispetto al modello originale, però, è stata l’introduzione di puntate collettive, a tema: per capitalizzare il traino Sanremese si è debuttato con un omaggio ai Cantautori a Sanremo, risultato però slegato, confuso, lontano da quella idea iniziale che invece di essere coltivata si è tentato di estirpare. Meglio una monografica, che ha almeno un’unità di protagonismo, che una collettiva senza filo narrativo. Un inizio decisamente in salita con ascolti decisamente poco incoraggianti.
Dopo questo primo (ennesimo) esperimento collettivo dai risultati davvero discutibili, l’idea di una puntata dedicata a una tripletta di lusso composta da Enzo Jannacci, Rino Gaetano e Pino Daniele (a Napoli eh, visto che lì si realizza il programma) rendeva concreto il timore di un disastro narrativo. E l’aggiunta della quarta puntata rischiava di far deragliare ulteriormente un programma che già sembrava aver perso il suo binario.
Per fortuna – mi auguro per riflessione – si è scelto di cambiare: complice la seconda puntata dedicata a Mina, si è cambiato in corsa il contenuto della terza cogliendo il possibile gancio con Adriano Celentano per un’altra monografica. E monografica sarà anche l’ultima puntata, questa volta dedicata a Gianni Morandi: ormai lo sdoganamento degli interpreti è definitivo ed è anche un modo per ampliare il ventaglio in vista di eventuali prossime edizioni, anche se un po’ di tempo in più per preparare le cose aiuterebbe.
Una Storia da Cantare 2 cancella l’omaggio a Pino Daniele, Enzo Iannacci e Rino Gaetano
In tutto questo, dunque, l’omaggio collettivo a Pino Daniele, Enzo Iannacci e Rino Gaetano, che doveva essere al centro dell’ultima puntata lascia il passo alla monografia su Gianni Morandi. E per fortuna. Meglio lasciar perdere che fare qualcosa di simile alla prima puntata. Piuttosto l’auspicio è che il programma possa costruire tre puntate dedicate in una terza edizione, che però riparta dall’autunno 2019 e non dall’inverno 2020: dopo una prima stagione a singhiozzo e una seconda deragliata potrebbe essere un’ipotesi rifocalizzarsi sull’idea originale e procedere con coraggio e meno hybris.