Sanremo 2020, il monologo di Rula Jebreal sulle donne
Sanremo 2020, il monologo e gli interventi di Rula Jebreal.
Rula Jebreal è una delle 10 donne del Festival di Amadeus. La giornalista isreaeliana è salita sul palco nella serata di martedì 4 febbraio. Le sue prime parole sul palco del teatro Ariston sono ricche di emozione: “Sanremo è un posto carico di energie bellissime. Le scale più belle che io abbia mai sceso sono quelle che ho sceso a vent’anni, quelle dell’aereo che mi ha portato in Italia“. Quando Amadeus le ha chiesto un consiglio, la giornalista ha fatto riferimento alle polemiche dei giorni scorsi:
“Stasera facciamo parlare la musica, che è una lingua universale. Stasera cerchiamo di fare tutti un passo in avanti. Avrei un consiglio semplice: cerchiamo di non fare gaffes magari”.
Il monologo di Rula Jebreal
Davanti a lei ci sono due leggii, uno nero e uno bianco. Da una parte le parole della realtà, dall’altro le parole “urgenti”. Legge:
“Lei, aveva la biancheria intima quella sera? Si ricorda di aver cercato su internet di un anticoncezionale quella mattina? Se le donne non vogliono essere devono smetterla di vestirsi da poco di buono. Queste sono solo alcune delle frasi dette alle vittime di violenze sessuali nelle aule. Domande insinuanti che sottolineano una verità amara e crudele. Noi donne non siamo mai innocenti. Perché abbiamo denunciato troppo tardi o troppo presto. Perché siamo troppo belle o persino troppo brutte. Perché eravamo troppo disinibite e ce lo siamo volute.
Cita La Cura di Battiato. Poi continua:
“Sono cresciuta in orfanotrofio con centianaia di bambini. Noi bambine ogni sera raccontavamo una storia. Erano favole tristi. Erano favole di figli sfortunati, che il sogno lo toglievano. Ci raccontavamo delle nostre madri, spesso tortunate o uccise. Tutte le sere. Ho imparato a credere alle parole e non ai fucili, venendo da un posto di guerra. Per cercare di vedere un posto migliore, anche per le donne. Ma poi ci sono i numeri. I numeri in Italia sono spietati. Negli ultimi 3 anni sono 3 milioni 150mila donne che hanno subito violenze sessuali nel mondo del lavoro. Negli ultimi 2 anni 88 donne al giorno hanno subito violenze, una ogni 15 minuti. Sei donne sono state uccise soltanto la scorsa settimana. L’80% dei casi il carnefice non ha bisogno di bussare alla prota perché ha le chiavi di casa”.
Cita La Donna Cannone, poi Sally. “Le canzoni che ho citato stasera sono tutte scritte da uomini, tutte. E’ possibile trovare le parole giuste, è possibile raccontare l’amore, l’affetto e la cura. Questo è il momento per far diventare realtà quelle parole. Per farlo dobbiamo lottare, urlare da ogni palco, anche quando ci diranno che non è opportuno. Sono diventata la donna che sono per mia madre e grazie a mia figlia, che è seduta in mezzo a voi. Lo devo a loro, lo dobbiamo a tutte a noi. Lo dobbiamo anche gli uomini perbene. All’idea stessa di civiltà, uguaglianza e libertà (…) Adesso parlo agli uomini. Lasciateci quello che siamo e che vogliamo essere. Siete i nostri complici, i nostri compagni, indignatevi insieme a noi”.
La chiusura:
“Sono stata scelta stasera per celebrare la musica e le donne. Ma sono qui a parlare delle cose di cui è davvero necessario parlare. Ho messo il miglior vestito e in fondo il senso di tutto è nelle parole giuste. Domani chiedetevi come erano vestite conduttrici di Sanremo. Ma che non si chieda come era vestita a una donna stuprata come era vestita quella notte. Che non si chieda mai più. Noi donne vogliamo essere libere. Vogliamo essere silenzi, rumore. Vogliamo essere proprio questo: musica”.
Il monologo si è chiuso con gli occhi pieni di lacrime di emozione. Il pubblico in piedi.