Luna Nera, la terza serie tv italiana di Netflix racchiude tanti elementi senza trovare una sua strada
Luna Nera arriva la terza serie tv italiana di Netflix ma non convince per tanti aspetti, buone intenzioni che non si traducono in un buon risultato
Alla fine della presentazione romana di Luna Nera organizzatori e produttori hanno voluto ricordare alla platea come siano state mostrate soltanto le prime due puntate ma nelle successive 4 (in totale sono sei) la storia si evolve, gli effetti speciali aumentano, così come le scene di magia e di combattimento.
Una dichiarazione che riassume tutto il senso di Luna Nera: tante buone intenzioni da spiegare più che da vivere, che non emergono nei primi episodi. Luna Nera funziona sulla carta. In sede di presentazione sono tanti gli elementi di interesse: è la terza serie tv originale italiana di Netflix, ha un team tutto al femminile tra registe e sceneggiatrici, usa il mondo del fantasy per raccontare temi attuali, porta in Italia un genere poco usato e che ha impegnato molte maestranze a Cinecittà, eccellenze nazionali per i costumi, il trucco, gli effetti visivi.
Però dopo le prime due puntate si fatica ad andare oltre “la carta” e non si riesce a comprendere chi dovrebbe voler proseguire nella visione e soprattutto perchè. Se la storia d’amore fantasy, le atmosfere del passato dei borghi italiani potrebbero aiutare l’algoritmo di Netflix a trovare il giusto pubblico sparso per il mondo, il successivo salto verso la volontà dello spettatore appare più complessa. La storia fatica a decollare, gli elementi magici si inseriscono nel racconto più con il desiderio di mostrarli che in modo funzionale rispetto al racconto.
Tante buone intenzioni, tanti temi importanti ma…
Luna Nera è tante cose insieme: è un racconto di crescita e scoperta di sé di una ragazza di 16 anni in un’Italia brulla e campagnola del XVII secolo; è la storia d’amore impossibile tra Ade la strega e Pietro, il figlio del cacciatore di streghe; è lo scontro tra scienza e fede, incarnato da Pietro che mandato a Roma a studiare non perde occasione per rimarcare la sua sapienza. Una storia che racchiude temi molto attuali come la paura di tutto quello che è considerato diverso e per questo indicato dalla folla, puntato come nemico da abbattere e da sconfiggere anche oltre il senso della ragione. Luna Nera è una storia a forte vocazione femminile, in cui le donne sono custodi dei segreti magici della natura.
Tanti temi che circolano nell’universo audiovisivo del cinema e delle serie tv come dimostra il prossimo arrivo su Freeform negli Stati Uniti di Motherland: Fort Salem una serie in cui le streghe di Salem hanno stretto un patto oltre 300 anni fa con il governo degli Stati Uniti e da allora sono parte dell’esercito. Un ribaltamento di prospettiva che esalta il ruolo della donna, non comparsa ma protagonista, rompendo stereotipi e pregiudizi che oggi, nel 2020, non dovrebbero più esistere ma che per essere sconfitti hanno bisogno di prodotti in cui vengono ribaltati.
Tutti questi aspetti però non fanno una serie tv.
Sono elementi accessori, ancillari rispetto a quello che è l’obiettivo finale di intrattenere lo spettatore. Perchè le intenzioni, la tecnica, le ambientazioni, seppur ottime, non bastano a fare una serie. Una serie vive di storie, di personaggi, di emozioni che qui si faticano a trovare.
L’esperimento di Luna Nera è positivo per il sistema complessivo della serialità italiana, uno sforzo produttivo imponente, dalla vocazione internazionale, capace di esplorare un genere diverso riunendo esperienze che arrivano da mondi diversi. Soprattutto è interessante l’idea di voler raccontare la storia sconosciuta delle tante donne uccise perchè bollate come streghe, così come il voler prendere in mano storie e ambientazioni spesso saccheggiati dagli stranieri ma che appartengono alla cultura italiana ed europea.
Luna Nera nasconde, però, al suo interno uno scontro sotterraneo tra anime diverse. Da un lato c’è lo spirito autoriale di registe e sceneggiatrici, di chi arriva dal mondo di Gomorra come Francesca Comencini, da film amati dalla critica come Susanna Nicchiarelli e Paola Randi registe degli episodi, da chi ha scritto Il Miracolo come Francesca Manieri, Bangla come Vanessa Picciarelli o L’Amica Geniale come Laura Paolucci. Dall’altro lato c’è l’anima più popolare dell’universo Netflix, del mondo del fantasy, della magia, dei teen drama. Questo scontro porta a un ibrido che scontenta tutti, con dialoghi forzati per il contesto in cui si trovano, attori esageratamente enfatici e altri più delicati, con un continuo variare di toni che si ritrova anche in un montaggio che non crea pathos ma serve solo a dilatare le emozioni.
La sensazione è che la serie avrebbe avuto bisogno di una mano anche sconosciuta ma esperta del genere, qualcuno capace di far prendere una direzione netta, equilibrando la serie rispetto al contesto in cui si trova.
La storia e il cast
In seguito alla morte di un neonato, Ade, una levatrice di 16 anni, viene accusata di stregoneria. Trovato rifugio in una misteriosa comunità di donne al limitare del bosco, la ragazza è costretta a fare una scelta: l’amore impossibile per Pietro – figlio del capo dei Benandanti, i cacciatori di streghe – o l’adempimento del suo vero destino, una minaccia per il mondo in cui vive, diviso tra ragione e misticismo.
I protagonisti della serie sono Antonia Fotaras (Ade), Giada Gagliardi (Valente), Adalgisa Manfrida (Persepolis), Manuela Mandracchia (Tebe), Lucrezia Guidone (Leptis), Federica Fracassi (Janara), Barbara Ronchi (Antalia), Giorgio Belli (Pietro), Gloria Carovana (Cesaria); Giandomenico Cupaiuolo (Sante), Filippo Scotti (Spirto), Gianmarco Vettori (Nicola), Aliosha Massine (Benedetto), Nathan Macchioni (Adriano), Roberto De Francesco (Marzio Oreggi), Martina Limonta (Segesta), Giulia Alberoni (Petra), Camille Dugay (Aquileia), e Gaetano Aronica (padre Tosco).