Una storia da cantare: con De André ci vuole (tanto, troppo) coraggio e (un po’ troppa) presunzione
Una storia da cantare, la prima delle tre puntate dedicate ai grandi cantautori della musica italiana su Rai 1 in prime time.
Tanta presunzione e tanto coraggio in questa prima puntata di Una Storia da Cantare dedicata a Faber, la cui cifra secondo me è tutta in TheAndre che canta Rolls Royce à la (possibile) maniera di De André: vuol dire mettersi a petto nudo davanti al plotone di esecuzione, pronti alla morte e orgogliosi di andarci. Immagino sia una scelta consapevole e non figlia dell’incoscienza: con quel parterre di autori non posso pensare altrimenti.
Difficile comunque non vedere della hybris in questa prima puntata: va bene cercare altre strade nel sabato sera e va benissimo portare il cantautorato in prima serata, ma partire con una ‘divinità’ vuol dire trovarsi contro un esercito di fedeli e nello stesso tempo sapere che sarà difficilissimo trainare chi non ha mai abbracciato il suo culto, considerandolo magari un radical-chic cervellotico e snob (sì, c’è chi lo vede così). Vuol dire scontentare tutti e, sono certa, esserne consapevoli. Nonostante questo sono andati avanti. E hanno fatto bene. Il coraggio di scompaginare ci vuole. Poi bisogna saperlo fare e riuscire a farlo, che sono cose diverse.
Sgombrato il campo, dunque, da qualsiasi attesa documentaristica o filologica dell’opera di De André (per quello c’è Rai 5), si va nel testo tv e iniziano le dolenti note. Eh sì, perché le dolenti note non riguardano la parte musicale (e so che qui si scateneranno le critiche dei fedeli, che hanno lanciato anatemi fino alla settima generazione su chiunque abbia partecipato allo ‘sfregio’, ma tutte le esibizioni sono state di gran livello e di assoluto rispetto), ma in una scrittura che non riesce mai a entrare nel vivo, che sembra non trovare un equilibrio tra le sue parti e soprattutto si appoggia su una conduzione davvero troppo debole.
I conduttori
Diciamolo subito: la vera padrona di casa stasera è stata Dori Ghezzi. Bianca Guaccero, che doveva essere la ‘conduttrice di questo racconto, è apparsa l’ombra di se stessa, impostata in un tono teatrale che ha frenato ogni ritmo e rimasta incastrata in un abuso di “Sono felice” e di domande così prevedibili da spezzare le emozioni post-esibizione. E’ andata meglio nelle parti musicali, poche rispetto a quello che si era capito dalla presentazione. Al contrario Enrico Ruggeri, rimasto senza voce, è riuscito piano piano a sciogliersi dal gobbo e a portare un po’ di vita e un po’ di brio tra un ospite e un altro. La sua battuta alla Vanoni punk la migliore della serata. Insomma, per la seconda puntata si potrebbe suggerire un’inversione delle parti.
Una storia da cantare, ma un racconto che non gira
Il racconto, dicevamo, non è mai decollato veramente: a far da freno soprattutto gli spazi intervista, utili al cambio palco ma non all’emozione. Quella è arrivata con le esibizioni musicali e devo dire che si era partiti anche bene tra PFM (Nek non è stato perdonato, ma gli snobismi sono stantii), Massimo Ranieri che trasforma l’Auditorium nel San Paolo, e soprattutto Dori Ghezzi che canta La Canzone di Marinella accompagnata da Morgan al piano e Franco Mussida alla chitarra. Il brivido è partito fin dalla prima inquadratura.
Da lì si cala, nonostante Lino Guanciale in convincente funzione di raccordo teatrale. C’è sì una Loredana Berté emozionatissima, c’è senza dubbio una Vanoni Regina del Punk, ma la festa evocata alla vigilia non inizia mai e sembra ormai sepolta con l’interpretazione de La Guerra di Piero da parte di una comunque ineccepibile Elena Sofia Ricci, che però davvero non c’entra nulla. Una dissonanza talmente forte da azzerare il potenziale della versione di Anastasio, che ha provato a riscrivere il brano dal punto di vista del nemico, ma il cui sforzo autoriale si perde. Forse è troppo. Forse è qui che si è andati oltre, che la hybris ha toccato l’apice.
Per risalire non basta Paola Turci, ma ci vuole Morgan che con la sua esegesi di Un Giudice ricorda quel che questo programma poteva o voleva essere. E che meritava l’inizio del programma con TheAndré, per dichiarare subito l’intento non celebrativo ma interpretativo dell’opera di Faber: sarebbe stata una chiara dichiarazione di guerra ai sacerdoti del culto e nel contempo la vera dichiarazione di intenti. E infatto con l’esibizione già citata di TheAndré si svelano davvero, secondo me, le intenzioni narrative, ma riservare lui e Morgan al terzo atto è stato davvero ‘il massimo’ della presunzione: chi ama Faber si è ‘offeso’ già su Nek, chi non lo ha mai amato probabilmente non si è posto neanche il problema, chi ha avuto uno sguardo più laico penso abbia cambiato sulla Guerra di Piero…. Peccato, però, perché si sono persi un Mauro Pagani magico da Genova. Ma ormai erano le 23.50. Troppo tardi, anche in questo caso.
A proposito di finale, se Mauro Pagani ha dato il là con Crêuza de mä, Franz Di Cioccio ha risposto con Volta la Carta e tutto pareva andare verso una chiusura in crescendo, ma niente da fare. Due gli errori: il primo lasciare che Ruggeri cantasse comunque il suo inedito, nonostante fosse senza voce (il coraggio sì, ma poi si rischia il masochismo), il secondo riesumare l’hashtag silente per la canzone più votata e ritrovarsi a cantare di nuovo La Canzone di Marinella con un Ruggeri senza voce e una Guaccero scalza dopo la perla iniziale del trio Ghezzi-Morgan-Mussida. Vuol dire farsi del male.
Insomma, l’idea c’è tutta e il principio di costruzione narrativa ‘per montaggio’ è interessante, le scene sono belle, la location fantastica, il direttore della fotografia una garanzia, la regia sa il fatto suo e riesce sempre a rendere la musica tridimensionale (anche se all’inizio si è notata un’inconsueta incertezza negli stacchi e nelle inquadrature), la colonna sonora una meraviglia, ma difettano i dialoghi e i protagonisti. E si vuole forse raccontare troppo, tutto insieme, pretendendo anche che il pubblico stia al gioco senza spiegarne bene le regole.
Cos’è Una Storia da Cantare?
Visivamente è un prodotto di grande eleganza: rivedere l’Auditorium a tutta altezza e a tutta estensione è televisivamente potente e infatti la streminata platea è un personaggio del racconto. Se poi i ‘morti di fama’ che siedono in platea la smettessero di salutare quando inquadrati (e siamo nel 2019), la platea potrebbe essere sfruttata da Forzano al massimo delle possibilità. E con Forzano si sa che la cura dell’immagine è assicurata: un insegnamento del Maestro Falqui, cui questa puntata è stata dedicata.
Di certo l’eleganza non manca neanche al racconto, sempre misurato: un prodotto di grande classe, senza dubbio, che però mostra, come detto, qualche limite.
Direi che Una Storia da Cantare va visto come un tentativo di avvicinare altri pubblici – perché tanto toccare i santi scatena anatemi tra i fedeli, ma magari incuriosisce qualcuno -; per certi versi portare De André (et alii) nel sabato sera di Rai 1 è una conquista rispetto al panorama televisivo generalista. Potevano risparmiarselo? Forse. Ma perché non provare? Il problema è che questa prima puntata è risultata ‘un pizzico’ presuntuosa per costruzione e per scelta del protagonista: magari sarebbe stato più prudente arrivare a De André alla fine, al terzo appuntamento, rompendo il ghiaccio col meno polarizzante Battisti, continuando con Dalla, già più contaminato da altre voci, per poi chiudere con De André. Se volevano farlo e non hanno potuto è stata una ‘sfortuna’, se hanno voluto davvero iniziare così, a petto nudo contro il mondo, credo che non sia poi così assurdo evocare la hybris. Nulla è intoccabile, ci sta, ma anche Marty McFly si è reso conto a un certo punto che la versione ‘Hendrix’ di Johnny Be Good era troppo per gli anni ’50…
La prossima dunque è Dalla: lo canteranno anche Arbore e Proietti, insieme. E venitemi a dire che è una bestemmia.
Una storia da cantare, diretta prima puntata
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21.15
Parenti misteriosi e poi amici cantautori.
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21.33
Inizia Ruggeri nel blu, da solo, voce un pochino incerta, sembra…
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21.38
NOOOOOO, NON INTERROMPETE IL RACCONTO CON GLI APPLAUSI A OGNI PAUSA!
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21.51
Negli anni ’60 la svolta: la racconta lo stesso De André con un filmato di repertorio parlando con La Canzone di Marinella, “che sembra una canzone napoletana scritta da un genovese”.
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22.08
Inquadratura sul batterista: la musica diventa tridimensionale. Intanto Loredana si lamenta della batteria troppo alta.
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22.33
“Non ho mai trovato nessuno nel mio letto… sono troppo antipatica. E poi devi sapere Fabrizio che faceva il Court-bouillon. Dà la ricetta… mitica. Lasciatele la corda.
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22.39
La Vanoni si muove un po’ come se fosse allo Zecchino d’Oro: sono stata in ansia per tutta l’esibizione. Adoro. “Io pensavo di essere un punk, ma non sono niente di fronte a te!” dice Ruggeri.
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23.19
Morgan finisce la frase, entra un cartello Unicef, poi pubblicità. Non ci siamo…
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23.39
L’hasthag su cui avevano tanto chiesto di spingere in conferenza stampa viene completamente ignorato, cancellato, scomparso dalla diretta.
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00.02
Enrico Ruggeri dice che effettivamente gli è andata via la voce alle 20 di sera. Un peccato, davvero. Ma se la sta cavando con la conduzione, lo dico.
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00.10
Ruggeri è stato ispirato da una cosa: il pensiero di ogni artista è quello che le sue cose gli sopravvivano, Nasce così una ‘instant song’, Una Storia da Cantare. Diamine lo fanno cantare anche senza voce. Ma è cattiveria! Ed è anche il segno della mancanza di un conduttore.
Una storia da cantare – De André, diretta prima puntata
Prima puntata di Una Storia da Cantare, serie di tre appuntamenti da sabato sera dedicata a tre grandi nomi della musica d’autore italiana. Si parte questa sera, sabato 16 novembre, con Fabrizio De André raccontato in musica, ricordi e racconti da Bianca Guaccero ed Enrico Ruggeri con ospiti e momenti speciali, rigorosamente in diretta dall’Auditorium del Centro di Produzione Rai di Napoli.
Una storia da cantare: De André, gli ospiti
Grande attesa per il ritorno di Dori Ghezzi, compagna di Faber, che tornerà a cantare De André in tv. Ospiti di questa prima puntata Massimo Ranieri, la PFM, Paola Turci, Nek, Morgan, Loredana Bertè, Lino Guanciale, The André, Elena Sofia Ricci, Anastasio, Ornella Vanoni e Willie Peyote. In collegamento dal Porto Antico di Genova un inviato d’eccezione come Mauro Pagani che racconterà e canterà Faber.
Ingrediente sostanziale del racconto tv la band di 13 elementi diretta da Maurizio Filardo, che ha lavorato sugli arrangiamenti con cui ospiti e conduttori omaggeranno brani storici dei repertori musicali dei protagonisti.
Una storia da cantare, come seguirlo in tv e in live streaming
Il programma continua sabato 23 novembre con la seconda puntata, dedicata a Lucio Dalla, per concludersi il 30 novembre con la terza e ultima, dedicata a Lucio Battisti.
Una storia da cantare è un programma scritto da Ernesto Assante, Gino Castaldo, Matteo Catalano, Alberto Di Risio, Angela Fortunato, Duccio Forzano, Pietro Galeotti, Enrico Ruggeri, per la regia di Duccio Forzano.
Una storia da cantare, second screen
Il pubblico a casa è chiamato a partecipare tramite l’hashtag #unastoriadacantare per indicare la canzone più amata dei protagonisti di puntata, con cui si chiuderà la serata.