Black Mirror 5, recensione dei tre nuovi episodi, sempre più “relazionali”
La recensione dei tre nuovi episodi di Black Mirror, la serie tv di Netflix che racconta il rapporto con le nuove tecnologie tramite differenti personaggi e situazioni, tra futuri prossimi ed un presente immerso nella rete
Tre nuovi episodi: meno dei sei della quarta stagione, datata 2017, ma più del singolo episodio, lo speciale interattivo Bandersnatch, dell’inverno scorso. Black Mirror si ripresenta al pubblico con una quinta stagione, interamente firmata dal suo creatore Charlie Brooker, che rincorre sensazioni ed ossessioni sempre più contemporanee. Anche in questo caso, i nuovi episodi, disponibili da oggi, 5 giugno 2019, su Netflix, vedono le nuove tecnologie sempre protagoniste, e con esse le oscure conseguenze sulla vita di tutti i giorni.
“Smithereens”, “Rachel, Jack and Ashley Too” e “Striking Vipers”, per quanto differenti l’uno dall’altro per personaggi, temi ed ambientazioni (si passa dalla realtà virtuale ad un taxi fino ad un palcoscenico), hanno un unico comune denominatore: affondano tutti e tre le loro radici nelle relazioni umane. Non una novità per Black Mirror, verrebbe da dire. Ma la quinta stagione sembra mettere da parte la svolta horror ed il colpo di scena ad hoc che chiudeva numerosi degli episodi passati per soffermarsi sulla realtà dei rapporti umani e su come essi possano essere rovinati o trasformarsi con l’avvento di nuovi strumenti di comunicazione. In fondo, quella tecnologia onnipresente ed inquietante mostrata nelle prime stagioni è ormai di casa nel nostro mondo.
Smithereens, l’affondo sui social
Dei tre episodi, Smithereens è il più intenso è toccante, grazie anche all’interpretazione di Andrew Scott nei panni di Chris, uomo che si ritrova a prendere in ostaggio nella propria auto uno stagista (Damson Idris) dipendente della sede londinese di un famosissimo social network, Smithereen, appunto. Il suo piano, quello di raggiungere il fondatore del sito, interpretato da Topher Grace, nasconde un passato tragico da cui sembra non poterne uscire.
Thriller e drama si fondono in uno dei pochi racconti di Black Mirror che non è ambientato in un universo parallelo o in un futuro prossimo, ma che si svolge esattamente ai giorni nostri. Smithereens colpisce anche per questo: è una storia di tutti, su come i social network possano assorbire le nostre vite e renderle noiose “ogni dieci secondi”, con effetti devastanti.
L’inseguimento della Polizia, le trattative per liberare l’ostaggio e la colonna sonora di “Can’t take my eyes off of you” fanno il resto, per un episodio che rivela l’umanità di una serie da sempre nota per il suo cinismo e che, invece, qui si ricorda di saper commuovere senza diventare scontata.
Rachel, Jack and Ashley Too: la “non autobiografia” su Miley Cyrus
L’episodio che, dai trailer, ha destato maggiore curiosità è invece Rachel, Jack ed Ashley Too, soprattutto per la presenza di Miley Cyrus nei panni di Ashley O, una popstar in crisi d’identità. Quando sul mercato viene distribuita Ashley Too, una bambola interattiva con la stessa voce della cantante, l’introversa Rachel (Angourie Rice) vede l’opportunità di conoscere meglio la sua cantante preferita e trarne ispirazione per sconfiggere la propria timidezza. Ma Ashley ha una vita tutt’altro che perfetta, e sia Rachel che la sorella Jack (Madison Davenport) ne rimarranno coinvolte.
La scelta di una ex teen idol come la Cyrus per raccontare la storia di una giovane che si ritrova ad interpretare un ruolo che le va stretto non è casuale, considerato il percorso artistico della cantante. La Cyrus sembra trovare la giusta valvola di sfogo e la riconferma della sua volontà di allontanarsi da Hannah Montana, dando al personaggio di Ashley le giuste sfumature per renderlo credibile.
Sebbene la tecnologia abbia una ruolo determinante soprattutto nella seconda parte dell’episodio, Rachel, Jack and Ashley Too non camuffa la propria intenzione di portare al pubblico un racconto di tre giovani donne, ognuna imprigionata in un ruolo, che dovranno abbattere gli stereotipi per conquistare la libertà desiderata e superare il dolore.
Striking Vipers, se San Jupinero fosse… maschio
L’episodio San Jupinero, diventato presto un cult di Black Mirror, è rimasto nella memoria di tanti. Con le dovute distanze, si può dire che Striking Vipers ne rappresenti una versione al maschile, essendo i due protagonisti due amici di vecchia data (Anthony Mackie e Yahya Abdul-Mateen II), abituati in passato a sfidarsi a colpi di partite di un popolare videogame di lotta à la Street Fighter.
Anni dopo essersi persi di vista, i due riprendono i contatti, complice la versione inedita di quel videogioco, che ora permette un’esperienza virtuale ancora più immersiva, fino ad interpretare totalmente il personaggio scelto. E’ così che tra i due alter ego dei protagonisti scatta un’insolita passione, che avrà conseguenze anche nelle vite reali dei due uomini.
Le similitudini con San Jupinero si fermano all’idea di una realtà virtuale dove dimenticarsi del proprio corpo ed abbandonarsi ad una figura immaginaria, perché Stricking Vipers preferisce deviare il racconto ed indagare il tema dell’insoddisfazione. Un’insoddisfazione che può arrivare dalla monotonia di una vita di famiglia o, al contrario, dal ripetersi di appuntamenti identici ma con partner diverse, e che può infrangersi quando un’ossessione entra nelle nostre teste, fino a mettere in dubbio le nostre certezze. Dei tre episodi, il più classico e vicino allo stile di Black Mirror, in cui la tecnologia diventa davvero padrona delle esistenze dei suoi protagonisti.