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Grande Fratello 16, da reality a ‘realtà aumentata’

Effetti speciali in studio sotto forma di videotestimonianze di paparazzi, ritagli di giornale, tweet e post: la realtà viene scritta fuori dalla Casa di Cinecittà.

pubblicato 21 Maggio 2019 aggiornato 30 Agosto 2020 19:36

“Giorgio non è quello che credi che sia; Gennaro invece è una persona sana, pulita, che ti ama. Fidati, Francesca. Ti fidi di me? Ti fidi di tua sorella? Ti fidi della tua amica? Nessuno merita le tue lacrime!”

E ti fidi del paparazzo che racconta minuto per minuto la serata del tuo ragazzo che bacia un’altra davanti a un locale mentre tu stai maturando qualche sentimento per un concorrente nella Casa?

Del Grande Fratello che fu – quello di Taricone e Medioman, del Conte e degli scendiletto – non è rimasto praticamente più nulla. Lo aveva immediatamente sottolineato, con precisione e lucidità, Fabio Morasca alla fine della prima puntata, definendo questa 16esima edizione un “info-reality show”, un consolidamento dell’esperimento iniziato nella scorsa stagione con”un ibrido tra il Grande Fratello standard e il Grande Fratello Vip” per “far nascere un Grande Fratello – Barbara D’Urso Edition, un Pomeriggio Cinque o una Domenica Live con la casa di Cinecittà intorno, e, di conseguenza, un nuovo genere televisivo pronto ad unire reality show e infotainment“.

A vedere come è stato trattato il caso Francesca – Gennaro – Giorgio – Madame X la sensazione è che si sia arrivati a un gradino ulteriore, quello della ‘realtà aumentata‘: è come se il GF creasse ormai una dimensione parallela di effetti speciali che non solo condiziona le dinamiche interne, espandendo l’universo percettivo di chi la vive e di chi la osserva, ma che frantuma ogni tipo di quarta parete. Siamo oltre il reality, siamo oltre la scrittura, siamo in un’altra dimensione…

Sono del tutto cancellati i tempi in cui la necessità di comunicare qualcosa all’interno della Casa creava dissidi autoriali e dilanianti discussioni nell’opinione pubblica: tutto era blindato, si lasciava che tutto avvenisse e decantasse nella Casa, un universo stagno, senza contatti con l’esterno. Oggi manca poco diano ai concorrenti uno smartphone: sarebbe anche ora, a questo punto. Tutto entra in Casa, nei modi più devastanti, irruenti, irrefrenabili. Più che un bunker sembra una rotonda sul mare.

A dare i contenuti, i tempi, gli snodi narrativi è la Grande Sorella, la ‘Dea ex machina’, che costruisce il racconto e interviene in esso suggerendo, consigliando, strigliando, arrabbiandosi. Nella costruzione generale sembra esserci una missione precisa, quella di un’educazione sentimentale rivolta soprattutto alle ragazze: il Grande Fratello sembra voler ricalcare il modello di un romanzo di formazione al femminile, che mira a rivendicare l’orgoglio e la dignità della donna contro i comportamenti misogeni di fidanzati, amici, parenti che dicono di amarle. Questa sorta di sottotesto esemplare, ammirevole nelle intenzioni, viene però scavalcato da tradimenti veri o presunti, comportamenti ambigui, soffiate, veleni tra donne, atteggiamenti prevaricanti e comportamenti arroganti anche da parte delle signore in Casa. Non solo. Viene superato anche da storie che davvero poco hanno a che fare con il format del Grande Fratello come il caso Prati – Caltagirone. Un mistero nel mistero, una soap che si aggiunge a quelle della Casa. Un modo per fare del GF un ‘traino’ per Live – Non è la d’Urso.

A proposito di soap, confesso di aver fatto fatica a trattenere una risata quando hanno mostrato a Francesca le immagini del paparazzo che le raccontava del presunto tradimento del suo fidanzato. La surrealtà del tutto – lo sconosciuto che descrive la fuga con una tipa, lei che si dispera, ‘l’altro’ che si ritrova ad assistere alla sfuriata di quella che sembrava poter essere una sua fiamma – ha scatenato un effetto straniante che mi ha rimandato alla telenovela del Trio Marchesini – Solenghi – Lopez. Sono certo una brutta persona, ma l’effetto di senso creato tra l’esterno e l’interno della Casa ha avuto su di me un impatto deflagrante. Confesso anche di non sapere chi fossero i tre, eppure mi sono fermata a seguire, ipnotizzata, come Totò che si fa prendere a ceffoni per vedere “‘sto stupido dove vuole arrivare” (cit.).

La Casa di fatto si riduce a un set, una cornice del tutto aperta a quel che arriva dall’esterno, confezionato con effetti speciali, arricchito da commenti veementi e spiccati protagonismi. Una Realtà Aumentata, quindi, percettivamente amplificata non solo per chi è dentro la Casa, ma soprattutto per chi è fuori. Un’AR che si mescola a un racconto che ha fatto della permeabilità tra esterno e interno un elemento centrale del suo sviluppo (e ogni riferimento a permeabilità pluviali è assolutamente casuale…).

 

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