Uomini e donne: i poveri ma belli, parabola della tv italiana
Ieri è ripartito Uomini e donne, ma per me si potrebbe chiamare Poveri ma belli, come omaggio al capolavoro di Dino Risi, che di corteggiatori e corteggiatrici se ne intendeva. L’annuncio, con la presentazione del troni blu (oggi seguiremo la presentazione dei troni rosa) e dei due nuovi tronisti lo abbiamo fatto anche qui su
Ieri è ripartito Uomini e donne, ma per me si potrebbe chiamare Poveri ma belli, come omaggio al capolavoro di Dino Risi, che di corteggiatori e corteggiatrici se ne intendeva.
L’annuncio, con la presentazione del troni blu (oggi seguiremo la presentazione dei troni rosa) e dei due nuovi tronisti lo abbiamo fatto anche qui su tvblog e i commenti lasciati hanno tracciato una insofferenza verso una trasmissione che pure ottiene successo. A me preme capire perché da tanti anni Maria De Filippi riesce a tenere incollate milioni di persone al teleschermo, impegnate a seguire le vicende amorose di una generazione di giovani che, ci piaccia o no, rappresentano l’Italia.
Il tronismo, secondo me, non è un prodotto derivato dalla tramissione Uomini e Donne, ma è la tramissione ad aver fatto emergere il tronismo. Nel dna del maschio italianio medio c’è il trono: il piccolo è il principino della mamma; il ragazzino è il re del campetto; il giovanotto è a capo dell’harem di corteggiatrici. E le italiche femmine? Sono principesse, fatine, maghette, che della bellezza hanno l’idea che possa essere il criterio discriminante della loro vita e che nel corteggiamento e nella relazione avvenga la metamorfosi che da principessa le trasformerà in regina.
Nelle varie edizioni del programma è passata più di una generazione: belli e belle, figli della loro epoca, con ambizioni più o meno televisive, che hanno accettato di mettersi in gioco nella parte più vulnerabile: l’amore. Scusate, ma proprio nel film Poveri ma belli le dinamiche dei corteggiatori e delle corteggiatrici ci sono tutte: Giovanna, una strepitosa e giovanissima Marisa Allasio, vitino di vespa e quinta taglia prorompente, prima bacia i due corteggiatori Romolo e Salvatore, amicissimi e poi decide di fidanzarsi con un terzo, ex-fidanzato. Gli appuntamenti casti, Maria De Filippi li ha ribattezzati “esterne” servono in un limite di tempo (fatti mandare dalla mamma a prendere il latte…vi dice niente?) a organizzare la conoscenza, a far stabilire a corteggiatore/ice e corteggiato/a che al primo impatto, a pelle, a intuito, a naso si è proprio quello che si sta cercando.
Ciò che conta, nell’Italia degli anni ’50 e nello studio di Maria De Filippi, è l’essenza della persona e non le sue sovrastrutture. Nell’Italia degli anni ’50 c’è Giovanna che ha 18 anni e la bellezza: non è laureata, di scuola non si parla. Il ritratto è quello di una ragazza il cui unici talenti sono la freschezza e la semplicità; gli interessi? bè ama essere corteggiata e tanto basta! D’altronde non è su questi perni che si regge un concorso come Miss Italia?
Sarà anacronistico? L’Italia è ben diversa da quello che ci vogliono far credere? A guardare le dinamiche di come ancora oggi nello studio di Uomini e Donne si presentano ragazzi e ragazze, verrebbe da dire: proprio no! Non adottiamo oggi, in fondo, dinamiche troppo diverse da quelle di 50 anni fa. Le donne, oggi, sono moderne perché emancipate? E’ vero, ma i sogni d’amore sono i medesimi: un bel lui che incontra una bella lei con cui vivere la favola. E i sogni di lui? la conquista, la conquista e la conquista. Che poi possa diventare amore forse è un dettaglio di cui tenere conto, ma non troppo.
Trovo invece che Maria De Filippi, in questi anni abbia peccato di ingenuità. Già sento le voci che mi gridano e i commenti che partono: “Ma chi? Maria la sanguinaria?”. Ebbene si. Lo penso. Anche lei si è fatta abbindolare dal meccanismo e dal fatto che fosse facile sfruttarne la popolarità per chi povero ma bello sognava un salto che facesse la differenza senza però dimostrarsi leale. Ma in fondo il cinema degli anni ’50 è pieno di questi personaggi arruffoni, avidi, infingardi che strappano i piccoli privilegi quando possibile e che vigliaccamente si sottomettono ad ogni bassezza pur di conservarli.
Dunque, penso che i tronisti e le troniste, i corteggiatori e le corteggiatrici di Uomini e Donne siano solo il ritratto di ciò che una parte dell’Italia è e con cui, senza neanche rendercene conto, conviviamo tutti i giorni. Ci può non piacere, ma di fatto esiste. Per me guardarli vuol dire entrare ogni volta in un mondo sconosciuto.
Vi lascio, infine, un documentario famosissimo sulla gioventù anni ’50, fatta di ragazzi in vespa; di ragazzi meridionali emigranti (allora era fuga di braccia e non di cervelli…); di ragazze in jeans attillato; di presidi che vietano i jeans a scuola; di sogni di seduzione e bellezza. In fondo gli italiani sono gli stessi, perché anche se la tecnologia e il mondo vanno avanti, i sogni, i desideri e le speranze che compongono la tecnologia interiore, forse, sono un po’ più lenti.