Carlo Pastore, ovvero il vero motivo per vedere X Factor 3
E se il Processo a X Factor fosse, paradossalmente, migliore di X Factor stesso? Sintonizzandosi sulla prima puntata andata in onda ieri – che ha debuttato atipicamente alle 15.30 in attesa di scontrarsi con Amici alle 14.00 – si è notato un enorme miglioramento rispetto alla formula dello scorso anno (anche sul profilo degli ascolti,
E se il Processo a X Factor fosse, paradossalmente, migliore di X Factor stesso? Sintonizzandosi sulla prima puntata andata in onda ieri – che ha debuttato atipicamente alle 15.30 in attesa di scontrarsi con Amici alle 14.00 – si è notato un enorme miglioramento rispetto alla formula dello scorso anno (anche sul profilo degli ascolti, con share al 10%).
Innanzitutto c’è una giuria di opinionisti meno inutile e più coinvolgente, in cui pop e rock convivono allegramente a dispetto di inutili scorie velenose (vedi Alessandro Rostagno e Selvaggia Lucarelli). Rosita o Rosalinda Celentano avrebbero fatto gridare al monopolio del Clan e quindi tanto vale puntare su un’altra figlia d’arte ribelle, di certo non estranea a casa Mori: Benedetta Mazzini. Della serie, se raccogli un’eredità pesante come quella di Mina, non puoi fare altro che essere aggressiva e riempirti di tatuaggi (anche il figlio dei Pooh ne sa qualcosa).
Poi c’è un graditissimo ritorno, quello di Antonella Elia, ovvero la conferma che anche nel più snob cenacolo musicale non bisogna dimenticarsi di essere in tv e confrontarsi con un pubblico pop. E’ già cult la sua sfida in movimento di bacino lanciata alla bella Ornella.
Ma la vera “serpe” in seno che si sono coltivati quelli di X Factor è Carlo Pastore, ovvero il vero motivo per cui vale la pena seguire quest’edizione. In prime time è l’unico che è riuscito a sfidare la Morgancrazia, dimostrando che, come il guru mascherato di RaiDue può giocare sul suo trasformismo, anche un vj di Mtv non è quello che sembra.
Carlo Pastore è appunto, per sua stessa magnifica autodefinizione, un “creteen idol”, uno che cambia il sistema da dentro con il look efebico e le pose giovanilistiche. Ma, che quando ha un microfono in mano, ha molto da dire, provocazioni da lanciare e un ritmo imprevisto da dare alla trasmissione. A Marco Castoldi dà fastidio, non si sarebbe aspettato che a sfidarlo fosse proprio “un ragazzino”, giocando con le sue stesse armi.
Nonostante in una nostra intervista avesse dichiarato di aborrire lo stile antiquato di RaiDue, lui entra in un posto che pur disprezza da vero Gian Burrasca anarchico, non rispettando le regole generaliste e mettendo in difficoltà lo stesso Francesco Facchinetti, quasi un damerino al confronto.
Ebbene sì, non c’era bisogno dell’ennesima sciura d’altri tempi nella giuria di X Factor, che pecca come scrive Aldo Grasso di eccessivi protagonismi dei giudici. Senza questi ultimi, al sabato, i cantanti tornano a essere protagonisti e vengono giudicati da un ventaglio di voci più ampio e obiettivo, come quello degli speaker radiofonici.
E’ evidente che la forza di X Factor sta più nell’ampio seguito di addetti ai lavori, che possono trincerarsi dietro la sua immagine radical-chic, che nel grande pubblico.
Eppure Il Processo restituisce al format una dialettica che in prima serata è diventata ormai sterile, dove Morgan ha sempre l’ultima parola, va in copertina su Vanity Fair e promuove il suo personaggio, perché sa che ormai è un suo pupillo a vincere. A prescindere anche dal fatto che a lui piaccia o meno, perché come l’anno scorso non gli garbava Matteo Becucci quest’anno è difficile che, alla luce del suo pregiudizio sull’ignoranza dei giovanissimi, si riconosca in uno sbarbatello.
Carlo Pastore, lotta insieme a noi perché quest’anno l’esito non sia scontato, perché il pur ottimo Morgan abbia una gatta da pelare, visto che la monotona Mori è riuscita – finora – a far rimpiangere persino Simona Ventura.