“Pompei non è un relitto, è una città viva, cristallizzata dall’esplosione. Gli archeologi, portandola alla luce, rompono l’incantesimo della città dormiente […] sembra che le persone si siano semplicemente nascoste da qualche parte. Quello che abbiamo cercato di fare questa sera è di farvi sentire la vita che si nasconde in queste rovine”.
Così Alberto Angela ha chiuso Stanotte a Pompei e la risposta è che ci sono riusciti. Se gli archeologi hanno rotto l’incantesimo della città cristallizzata (ed estendo il singolare anche a Ercolano, Stabia, Oplonti che da oggi – sono certa – entreranno stabilmente nel tour pompeiano), Alberto Angela ha rinnovato il suo ‘miracolo’, far resuscitare chi è ormai un’epigrafe elettorale su un muro, è evocato da un vasetto di lapislazzuolo low cost realizzato a Pozzuoli, è riassunto in un astuccio di colori con pochi spiccioli dentro ritrovato sulla spiaggia insieme ad altre 300 persone uccise dal calore sprigionato dall’eruzione.
L’incantesimo, quindi, lo rinnova Angela col suo stile di divulgazione capace di riportare tutti tra le strade di Pompei, scegliendo come linea narrativa quella di ripercorrere gli ultimi due giorni della città, dalle 12 ore precedenti l’eruzione alle otre 24 successive, con un’alternanza di giorno e notte che vuole esattamente riportare il telespettatore nell’incoscienza della notte prima e nella disperazione del giorno dopo, vivendo nel mezzo gli ultimi istanti di vita di chi è rimasto sepolto dalle ceneri. Lo si fa anche riportando gli oggetti lì dove sono stati ritrovati per dargli quel valore d’uso che spesso perdiamo di vista nelle teche ordinate e anonime dei musei. In questo senso il momento forse emotivamente più coinvolgente è nel racconto degli oggetti ritrovati accanto alle 300 salme della spiaggia di Stabia: a sottolinearlo anche la postura e l’inquadratura scelta, con un Angela di taglio, quasi a volersi rimpicciolire al cospetto della morte lì testimoniata.
Angela non è una guida, ma un (ri)animatore di vite e storie e Pompei è il luogo perfetto per la sua narrazione fatta di oggetti d’uso, di storie minime, talvolta talmente vicine alle nostre da strapparci un sorriso. E’ il caso di tale Caio Giulio Polibio: la scrittura riesce a farne un protagonista degno dei Soprano (o delle cronache politiche contemporanee) con pochi dettagli: da schiavo a panettiere, quindi imprenditore, fa i soldi e si espande noleggiando anche mezzi di locomozione, decide di entrare in politica – in un sistema in cui imprenditori e banchieri decidono chi deve essere eletto – fa campagna elettorale, si ritrova supportato da un paio di prostitute a sua insaputa e muore nella sua villa frenato nella fuga dalla figlia 16enne ormai prossima al parto. Tutto partendo da una delle più famose iscrizioni ritrovate lungo via dell’Abbondanza. La potenza del racconto di Alberto Angela è in questo esempio. Che poi ci siano Marco D’Amore al suo fianco o la soprano che canta al teatro Piccolo con Uto Ughi sono attenzioni che rendono ancora più gustoso il prodotto per la vendita all’estero. La sostanza è nella scrittura e nella sua prosodia del narratore (e devo dire che anche la voce narrante di Giannini aiuta a diversificare il ritmo), nella capacità di mettere al centro sempre le persone, con cui è possibile immedesimarsi, empatizzare e delle quali si riesce a percepire la disperazione e la fatale sensazione che si sia assistendo alla fine del mondo. Questo senza rinunciare all’esegesi puntuale sulle fasi dell’eruzione contro i luoghi comuni, l’analisi storico-sociale e l’osservazione più strettamente artistico-culturale.
Da apprezzare ancor di più in questo caso il lavoro tecnico necessario per illuminare Pompei e renderla televisivamente affascinante: percorrere gli scavi di notte è un’esperienza che consiglio a tutti, ma renderli così ‘tridimensionali’ e coinvolgenti, strappandoli al buio della notte non è opera da poco. Pompei non è Venezia o Firenze, non è neanche il Museo Egizio o San Pietro: riuscire a costruire un set luci non solo funzionale ma intrigante è un lavoro che merita il riconoscimento che deve, in una situazione logistica peraltro non semplici. Chapeau, quindi, al direttore della fotografia e al comparto tecnico, nonché alla regia, pulita, fluida e nello stesso tempo spettacolare di Gabriele Cipollitti: è uno di quei rari casi in cui i droni sono usati non per uno sterile esercizio di stile, ma per restituire le suggestioni di un luogo complicato da far cogliere a chi non ne ha mai avuto esperienza diretta.
Nonostante la continua presenza in video, l’ormai proverbiale gestualità, la prosodia così caratteristica Alberto Angela non fagocita l’oggetto del racconto, forse perché è egli stesso il racconto: è Angela che racconta Pompei, certo, e in questo senso riesce a mettersi al suo servizio. C’è molto più protagonismo in altri format divulgativi, soprattutto in quelli cari a Crozza.
Unica pecca, l’orario di inizio. Stanotte a Pompei doveva iniziare per le 21.00, come del resto inizialmente annunciato. Nella conferenza stampa di presentazione, peraltro, mi era parso di aver notato un certo ‘fastidio’ di Angela per il cambio di orario e non posso che dargli ragione. L’inizio alle (di fatto) 21.30 ha comportato una chiusura alle 00.14: troppo, nonostante la narrazione appassionante che ha fatto in effetti correre le due ore e mezzo di programma. Capisco che sabato prossimo Maria De Filippi darà il meglio fino alle 00.30 e che l’ora tarda favorisce lo share, ma qui si penalizza il telespettatore. Dopo la divulgazione nella prima serata del sabato di Garanzia, Rai 1 dovrà affrontare al più presto anche quest’altra battaglia culturale, quella dell’inizio del prime time, soprattutto nel weekend. Anche questa è una questione di rispetto verso il pubblico.
“La ricerca è come il pane, va condivisa; la divulgazione è il momento in cui si spezza il pane e lo si porge a chi è di fronte”
ci ha detto Angela nella nostra breve video-intervista. Stanotte a Pompei è stata di certo un’eucaristia con la conoscenza. Si replica per i prossimi quattro sabato con altrettante puntate di Ulisse, che avranno contro Tu sì que vales. Comunque vada sarà un successo.
Stanotte a Pompei in diretta
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21.24
Si chiude con una vittoria e si passa la linea ad Alberto Angela.
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21.33
Angela ci racconta le 12 ore prima dell’eruzione, racconta quella città che all’imbrunire che tornava a casa. Una società giovane, con tanti bambini, con un’età media di 30 anni per le donne, alte poco più di 1,50 mt. Era una città difficile, in crisi, per via del terremoto e per la mancanza d’acqua.
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21.35
L’acqua mancava perché il suolo si stava alzando, gli acquedotti erano stati spaccati dai terremoti.
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21.37
Ecco il ‘bar’/alimentari/tavola calda dell’epoca. Campona o Popina, così chiamavano i locali. E questo era il ‘bancone’, con tutte le anfore che conservavano i cibi. C’erano i banchi cottura. E Alberto Angela ci fa immaginare chi andava a fare gli ultimi acquisti prima della cena, o si fermava a mangiare qualcosa.
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21.41
Nei locali si parla della mancanza d’acqua, dell’odore di uova marce, dei soffioni di vapore, mentre i terremoti continuano.
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21.41
Caio Giulio Polibio era tra i maggiorenti della città che viveva a Via dell’Abbondanza. Era uno schiavo che aveva fatto i soldi facendo il pane. Aveva anche un ‘auto-noleggio’. E si era lanciato in politica, come dimostrano le scritte elettorali rimaste sui muri di Pompei. Muore a casa con tutta la famiglia, inclusa la figlia 16enne incinta, ormai a termine: proprio per lei non sono riusciti a fuggire.
La scrittura riesce a farmi vedere tutta la storia di Caio Giulio Polibio e renderlo un protagonista appassionante dei Soprano senza staccare da Angela e D’Amore nella notte blu di Pompei. -
21.43
Caio Giulio Polibio lo descrivono come un traffichino, un piccolo Ras del quartiere e se ne parla con Marco D’Amore. Parla di bische clandestine con dadi truccati, di Faustilla che prestava denaro a strozzo, di imprenditori e banchieri che decidevano chi far eleggere, risse e vita notturna pericoloso.
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21.46
Cold Case: a Ercolano è stato ritrovato un cadavere senza testa nell’anfora di una pescheria. Un cold case, dice Angela, freezato dall’eruzione. Una storia crime, anche dark.
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22,01
Ribadisco; Pompei è completamente buia. Non è una città come Venezia o Firenze, non è un museo come l’Egizio o San Pietro.
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22.15
I Pompeiani hanno paura e hanno lasciato le loro case, vendendole ai nuovi ricchi, spesso schiavi che avevano fatto fortuna. Come La Villa dei Misteri, costruita fuori dalle mura con una splendida vista sul Golfo. Una villa d’ozio, di rappresentanza, trasformata in una fattoria dai proprietari che l’acquistarono dopo il terremoto del 62 d.C.
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22.23
“La cosa fondamentale è la conoscenza” anche per scegliere il colore alle pareti, dice in sostanza Storaro. Colore è emozione, insomma. Una lezione di colore e di luce da Storaro. Ogni luogo ha una luce: Caravaggio non avrebbe dipinto quella lama di luce arancione se non avesse vissuto un tramonto romano.
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22.25
Giannini / Plinio il Giovane racconta dei continui lavori nella Casa del Menandro perché i pavimenti si alzano e le porte non chiudono. E i padroni hanno nascosto gli ori e gli argenti perché non si fidano degli operai. Allora come oggi, insomma…
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22.34
“La figura femminile si ricopriva completamente d’oro con anelli su tutte le dita e anche ai piedi”. Poi uno si stupisce dell’amore della zona per l’oro…
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22.40
La villa aveva anche una grande piscina. Questa domus è nota come la Villa di Poppea: questa potrebbe essere la casa di famiglia, originaria proprio di Pompei, e probabilmente Nerone è stato qui. E si racconta di Poppea, nota come donna dissoluta, con Eva Cantarella. Ma probabilmente più imprenditrice che altro. Moderna, libera nei costumi come voleva l’epoca e tratteggiata come donna dissoluta per contrasti di potere. Non che fosse proprio uno stinco di santa: convince Nerone a uccidere la madre, la prima moglie…. Ma Tacito la racconta come pessima anche perché era contro l’impero e contro Nerone.
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22.44
“Perché con poteva farsi il bagno col latte d’asina? Noi ci mettiamo in faccia cose anche peggiori” dice la Cantarella di Poppea. Brava. E neanche naturali. Pubblicità.
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23.04
La cenere e lapilli va oltre i 32 km, arriva nella stratosfera e riscende proprio verso Pompei. Non proprio una gran fortuna ecco…. La pioggia di pomici inizia a uccidere le prime persone. Una scena da fine del mondo.
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23.07
I pompeiani cercano di ripararsi da pomici e lapilli, tornano a casa cercando i propri cari e cercando un posto sicuro.
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23.12
Stabia era una specie di Portofino, di Beverly Hills dell’epoca, dice Angela. “La costa era stata cementificata con ville lussuosissime” come quella di San Marco (così chiamata perché al ritrovamento c’era una nicchia in onore), di 11,000 mq. Univa forse più ville, ma era studiata in maniera tale da fare entrare l’aria al momento giusto, da cenare col tramonto sul golfo. Probabilmente ci lavoravano 100 schiavi.
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23.25
Tante persone però sono in spiaggia, al riparo nelle rimesse per le barche. Sperano nei soccorsi via mare ed è comunque il posto più lontano dal vulcano.
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23.29
Gli archeologi hanno trovato quello che si poteva vedere dopo il passaggio della corrente piroclastica. Sono morte di shock termico: sono ancora qui, nei fornici. Persone che dormivano, chiacchieravano, sono morte, vaporizzati in molti casi, con i crani esplosi per il calore. Una morte comunque improvvisa, senza testimonianze di fuga.
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23.31
I tanti oggetti trovati addosso o vicini alle persone (ora quelli che si vedono sono calchi) raccontano molto della loro vita e di quei tempi. Ci sono lucerne, chiavi di casa che pensavano magari di riutilizzare, c’è anche una targhetta identificativa, Lupercus, c’era un bambino che aveva portato con sé il suo tesoro…
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23.33
Delle monete, un anello, degli orecchini, ormai fusi insieme. Piccoli oggetti, anche eleganti, collane in cristallo di rocca, una lunga catena d’oro, lunga quasi due metri, quella di una matrona che fuggiva, due bracciali sono stati trovati sulle anche di qualcuna, forse quindi erano in una borsa.
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23.27
Più di 300 scheletri sono stati trovati sulla spiaggia, un decimo della popolazione di Ercolano. Gli altri forse sono ancora sotto i 23 metri di sedimenti che la seppelliranno nella seconda parte dell’eruzione.
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23.52
Vediamo l’ultimo istante di vita di queste persone: le loro posizioni, il loro tentativo di respirare. Come quest’uomo che resta nella posizione di chi cerca di rialzarsi: la polvere seppellisce vivi, ti ghiaccia nella tua ultima posizione. Una descrizione crudissima dell’ineluttabile, dell’imprevedibile. “Non sono statue, sono persone”.
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23.55
Aveva ragione Alberto Angela a voler far iniziare il programma alle 21.00. Questa sarà la prossima battaglia culturale da fare in Rai.
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23.55
Ultimo break pubblicitario.
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00.00
Come è possibile che dei corpi si possono conservare così? La lava non c’entra, perché non è mai arrivata: una combinazione unica tra storia, natura e uomo. Sono state sepolte vive da uno strato di cenere che le ha inglobati. I corpi si sono decomposti, lasciando solo le ossa e gli oggetti più duri. La cenere ha conservato la forma: quando gli archeologi scavano fanno attenzione proprio alle cavità e se le trovano versano gesso che riempie i vuoti. Così il calco rivela quel che c’era sotto o dentro la cenere.
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00,06
Pompei a quel punto era scomparsa per sempre. Alcuni vulcanologi hanno raccontato che l’esplosione si può ricostruire come 500 bombe atomiche di Hiroshima, durata giorni. Le ceneri sono arrivate fino in Islanda.
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00.07
Dopo qualche giorno sono stati organizzati dei soccorsi. La notizia arriva a Roma e poi nell’Impero: arriva l’imperatore Tito con i soldati, rappresentanti dell’aristocrazia romana, che qui avevano una casa. Si decise di non costruire più nulla qui. La costa era arretrata, la città era in crisi, le coltivazioni distrutte: Pompei fu dimenticata
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00.09
Nel ‘700 iniziarono a tornare alla luce: due secoli di lavoro ne hanno fatto uno dei più importanti scavi del mondo.
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00.10
“Pompei ha un fascino particolare che ogni anno viene visitata da 3.500.000 di visitatori. Pompei non è un relitto, è una città viva, cristallizzata dall’esplosione. Gli archeologi rompono l’incantesimo della città dormiente e sembra di tornare a vivere qui. Sembra che le persone si siano solo nascoste. Abbiamo cercato di farvi sentire la vita che si nasconde tra queste rovine”: ci siete riusciti. E anche bene.
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00.14
Tutti i titoli di coda: doveroso. Rispettoso. Necessario.
Stanotte a Pompei con Alberto Angela | Anticipazioni
Stanotte a Pompei, di e con Alberto Angela, conquista il prime time del sabato sera e offre al pubblico di Rai 1 questa sera, 22 settembre 2018, dalle 21.25 uno straordinario viaggio nel Parco Archeologico di Pompei, tra le meraviglie della cittadina sepolta dalle ceneri dell’eruzione del 79 d.C. e le bellezze dei siti altrettanto affascinanti di Ercolano, Stabia e Oplontis, con un percorso all’interno del Museo Archeologico Nazionale di Napoli e una visita all’alba sul Vesuvio. Non si poteva non partire da lì, dove tutto ha avuto inizio: ma Stanotte a Pompei non è solo, o non tanto, una cronaca sull’ultimo giorno di Pompei e sull’evento catastrofico, quanto sulla voglia di vivere della città di Pompei e di tutta l’area, come anticipato nella conferenza stampa di presentazione.
“Abbiamo cercato di farvi sentir la via che si nasconde in queste rovine”
chiosa Angela salutando il pubblico al termine della serata tv, una sfida che ha voluto raccogliere per il grande valore che rappresenta per la televisione pubblica, come ci ha raccontato nell’intervista che ci ha concesso alla vigilia della messa in onda.
Stanotte a Pompei, gli ospiti
Giancarlo Giannini torna al fianco di Alberto Angela nel ruolo di Plinio il Giovane, sia come voce narrante sia come ‘simulacro’ del ‘giornalista’ che testimoniò quanto avvenuto quella drammatica mattina. Nel ruolo di Plinio il Vecchio nella parte fictional c’è Ivano Marescotti. Il racconto ha inizio la notte precedente, una notte come tante nella vivace Pompei, anche se da qualche giorno la situazione nella zona non era tranquilla. Il Vesuvio non si stagliava ancora così alto alle spalle della costa stabiese: avrebbe assunto una forma simile a quella di oggi proprio dopo l’esplosione che distrusse Pompei.
Marco D’Amore, l’Immortale Ciro Di Marzio di Gomorra, accompagna Angela alla scoperta della Pompei ‘undergound’, quella notturna, meno conosciuta; Vittorio Storaro, maestro della fotografia tre volte premio Oscar, illustra i colori della Villa dei Misteri, mentre la storica Eva Cantarella ci accompagna nell’antica villa di
Poppea a Oplontis. A raccontare gli oggetti e i tesori ritrovati negli scavi la costumista Nanà Cecchi, mentre il Maestro Uto Ughi e il soprano Maria Sardaryan evocano Mozart, che nel ‘700 fu tra i primi visitatori degli scavi appena iniziati.
Stanotte a Pompei, il programma
Stanotte a Pompei è un programma di Alberto Angela, scritto con Aldo Piro, Emilio Quinto, Vito Lamberti, Paola Miletich, Carlotta Ercolino; a cura di Nicoletta Zavattini, con la produzione esecutiva di Monica Giorgi Rossi e la regia di Gabriele Cipollitti.
Una produzione tutta Rai, che ha coinvolto principalmente il CPTv di Napoli: grande soddisfazione per il prodotto tutto ‘in casa’ per Alberto Angela e per il direttore di Rai 1 Angelo Teodoli.
Come sempre, il programma si avvale di contenuti diversi, tra fiction e doc, con riprese in 4K HDR, realizzate anche con elicotteri e droni; prodotti in casa, per buona parte, anche gli effetti speciali utili a ricostruire l’eruzione e le zone distrutte. “Uniamo tanti strumenti per realizzare una sinfonia” ha spiegato Angela nella conferenza stampa.
Stanotte a Pompei, come seguirlo in tv e in live streaming
Stanotte a Pompei va in onda sabato 22 settembre 2018 dalle 21.25 su Rai 1 e Rai 1 HD (DTT, 501). E’ possibile vederlo anche in 4K sul canale Rai4K, diffuso via satellite a 13° est grazie alla partnership di Rai con Eutelsat ed è visibile sulla piattaforma Tivùsat al tasto 210 (sui televisori 4K con CAM Tivùsat).
Stanotte a Pompei, second screen
Per seguire le ultime news sui programmi di Alberto Angela sui social ci si può affidare all’account ufficiale Instagram inagurato proprio in occasione di questo particolare evento. L’hashtag è #StanotteAPompei.