Il clan dei camorristi – Massimiliano Gallo è il boss Antonio Vescia: l’intervista di TvBlog
TvBlog intervista l’attore Massimiliano Gallo, uno dei protagonisti della fiction Taodue Il clan dei camorristi. Interpreta il boss Antonio Vescia.
Il suo “Agg parlat tropp napulitan?” della prima puntata è già diventato ‘virale’ in rete, dopo essere stata anche una delle frasi di punta del primo promo de Il clan dei camorristi. Stiamo naturlamente parlando di Massimiliano Gallo, che nella fiction Taodue interpreta il terribile boss Antonio Vescia, a cui il magistrato Andrea Esposito, interpretato da Stefano Accorsi, sta dando la caccia con la speranza di averlo presto dietro le sbarre.
Massimiliano ha alle spalle una lunga carriera come attore, sia in teatro che al cinema, ma la popolarità arriva nel 2009, quando Marco Risi lo sceglie per interpretare il boss di Torre Annunziata Valentino Gionta nel film Fortapàsc. Un malavitoso diverso da quest’ultimo che interpreta, come lui stesso ci spiega. In attesa comunque di rivederlo venerdì nei panni del boss Vescia, ecco quello che ha raccontato a TvBlog non solo di questa esperienza, ma anche dei suoi prossimi impegni televisivi.
Ne Il clan dei camorristi interpreti lo spietato boss Antonio Vescia. Cosa ti piace e cosa non ti piace del tuo personaggio?
“I personaggi dove interpreti un “cattivo” hanno sempre un fascino particolare, il male in genere affascina e tanto, forse perché in ognuno di noi c’è bene e male e la cosa ci intriga. Quando affronto un personaggio del genere cerco sempre di coglierne le sfumature, come in tutte le persone non c’è solo il bianco e il nero. Allora penso che anche un boss spietato come Antonio Vescia possa avere momenti di umanità quando si trova in situazioni a lui familiari, può essere simpatico e al tempo stesso spietato. Insomma, non devi leggere il personaggio soltanto in un modo, per il semplice fatto che è il cattivo. Quello che non mi piace è facile da capire… Non mi piace che questi personaggi possano fare da modello per i ragazzi”.
Per la Taodue non è la prima fiction che tratta il delicato tema della malavita organizzata. Da napoletano, credi che questo tema sia stato trattato nella maniera più adeguata?
“Credo che la scrittura di questa fiction sia molto dettagliata, c’è stato uno studio dei fatti nello specifico, si è preferito stare sul pezzo e poi romanzare il resto. Gli appalti e i metodi del ‘sistema’ camorra sono spiegati molto bene al pubblico”.
Non credi che, nonostante la volontà di raccontare queste vicende dal lato della legge e della giustizia, si corra il rischio di dare troppo spazio a mafiosi e camorristi, di dargli troppa visibilità?
“Questo è un pericolo che si corre soprattutto quando non c’è onestà nel racconto, quando le cose cioè sono riportate senza tenere fede alla verità. Il problema però è molto più complesso: perché i maggiori successi cinematografici di tutti i tempi raccontano storie simili? Il padrino, C’era una volta in America, Scarface, Quei bravi ragazzi… E la lista sarebbe lunghissima!”
Come ti sei trovato su questo set?
“Con i ragazzi mi sono trovato e ritrovato benissimo. Con Beppe Zeno, poi, ho avuto il piacere di continuare perché insieme stiamo girando una nuova fiction per Taodue, Le mani dentro la città. Qui però siamo poliziotti!”
Non è la prima volta che interpreti il ruolo di un boss. Come ti sei preparato per questa parte?
“Ho cercato di discostarmi da un personaggio che mi aveva dato tanto successo, Valentino Gionta in ‘Fortpasc’ di Marco Risi. Quello era molto più esteriorizzato e spettacolare per certi versi. Con Vescia ho cercato di lavorare sul tono di voce, molto più basso, e sulle sfumature”.
Il tuo “Agg parlat tropp napulitan?” della prima puntata è già una delle frasi cult della fiction. L’uso del dialetto ne Il clan dei camorristi secondo te rende più credibile e attinente alla realtà la storia o può essere un problema per chi non lo comprende?
“Assolutamente sì. Non credo che ci siano grandi problemi di comprensione, anche se parto sempre dal presupposto che il napoletano in questi casi deve rappresentare un valore aggiunto e non essere un limite”.
Nella tua carriera hai interpretato anche personaggi positivi. Credi sia più divertente interpretare i buoni o i cattivi?
“Con ‘Mine vaganti’ e ‘Magnifica presenza’ di Ferza Ozpetek mi sono divertito tantissimo, così come con ‘Mozzarella stories’ di Edoardo De Angelis o ‘La kriptonite nella borsa’ di Ivan Cotroneo, tutti film in cui avevo ruoli da ‘buono’. Il cattivo però ha tante sfumature in più!”
Sei figlio e fratello d’arte: tuo padre era il grande Nunzio Gallo, cantante e attore, tua madre era un’attrice, tuo fratello divide con te la passione e la professione della recitazione. Eri quasi predestinato a diventare un artista. Hai mai pensato di fare altro?
“Non ho mai pensato di fare altro. Da bambino gli altri parlavano di fare il pompiere, il medico, il poliziotto. Io ho sempre e soltanto pensato che la cosa più naturale del mondo fosse quella di fare l’attore”.
Teatro, cinema, tv. Riesci a fare tutto e anche a cantare, come tuo padre. Hai preferenze tra queste forme d’arte?
“Cantare lo faccio. L’ho fatto anche per un musicale di grandissimo successo come C’era una volta scugnizzi, di Claudio Mattone, ma non mi permetto di dire che canto come un cantante, vista la carriere di mio padre. Credo che l’attore debba essere completo, credo che le distinzioni e le definizioni come attore di teatro, attore televisivo o attore di cinema si diano perché non sono abbastanza bravi da fare tutto. In altri paese, come l’Inghilterra, queste distinzioni non esistono. O sei un attore bravo o non lo sei”.
C’è un ruolo che ti piacerebbe interpretare prossimamente in una fiction?
“Un uomo ‘normale’, con le sue sofferenze, con i suoi sogni, con le sue difficoltà. Un italiano in una storia di riscatto. Forse perché è quello che vorrei adesso per la nostra nazione…”.
Dove potremo rivederti, dopo Il clan dei camorristi?
“In ‘Volare – La storia di Domenico Modugno’, con Beppe Fiorello, su Rai Uno. Interpreto Gramitto Ricci, l’editore di Modugno, colui che lo portò a Sanremo nel 1958 con ‘Nel blu dipinto di blu’.”.
Ti diamo appuntamento allora per i tuoi prossimi impegni lavorativi. Intanto, per salutarci e concludere, ci puoi dare (per gli amanti degli spoiler) qualche piccola anticipazione sul prossimo futuro di Antonio Vescia ne Il clan dei camorristi?
“Non è un futuro roseo. Di più non posso dire”.