Ventidue anni sono davvero tanti, tantissimi. E’ passato tutto questo tempo da quando nel 1996 ha condotto per la prima volta il programma del mattino del fine settimana delle reti Rai. Allora era Rai2, adesso è Rai1, ma lui è sempre lo stesso, fedele alla sua professionalità che diventa tangibile tutte le volte che va in onda.
Tiberio Timperi ha chiuso domenica mattina, poco dopo le nove e mezza, la sua lunga avventura nel fine settimana mattutino della tv pubblica. Lo ha fatto con un discorso di commiato di cui vi abbiamo dato fedelmente conto. TvBlog però ha voluto chiedere al nuovo conduttore di Vita in diretta, la cronaca di quell’ultima giornata a via Teulada.
Cronaca di un addio annunciato
Domenica 3 giugno. Roma.
Ore 4.50. Casa.
Anche stavolta batto la sveglia sul tempo di cinque minuti.
Disattivo definitivamente l’allarme del fine settimana impostato sul telefonino. È il primo segnale che, dopo ventidue anni, sto per voltare pagina.Ore 6.00
Sede Rai di Via Teulada 66.
Striscio il badge. Saluto la vigilanza mentre si aprono le porte.
Attraverso il cortile.
Come sempre, lo sguardo si posa sulla finestra del piano rialzato.
Dove, quarant’anni fa, lavorava mio padre, reparto sviluppo e stampa.
È un ciao silenzioso.
Entro in studio. Al tavolo, squadra e regista limano gli ultimi dettagli. Sfottò per nascondere la commozione.
Con i ragazzi dello studio ho un rapporto cameratesco, fatto di stima e affetto. A sorpresa, la squadra mi regala la scaletta dell’ultima puntata con tutte le loro firme. Il gesto per me, vale più di una medaglia sul campo.
Sigla, si va in onda.
Nella pausa tg, a testimonianza dei legami che si sono creati, viene a trovarmi Simona, una giovane/vecchia collaboratrice passata ad altri incarichi. Con lei, la mamma e due torte strepitose: mele e cannella la prima, crema di limone l’altra. Per addolcire l’addio…
La sabbia della clessidra comincia a scarseggiare.
Ce n’è abbastanza per il discorso di commiato. Preparato e ovviamente, cambiato al volo. Vado a braccio.
E per non commuovermi, evito di guardare le facce.
Metto in scena il Bignami della mia vita. Dove è accaduto più di quanto potessi immaginare e dove il privato si è inevitabilmente mescolato al pubblico. Parlo di mio figlio Daniele e mio padre Flavio, a cui dedico i ventidue anni passati In famiglia. Rivendico ascolti eccellenti. Ascolti che ci hanno permesso, partendo anche da vissuti personali, di modificare il diritto di famiglia. Se in quell’ambito, in questi anni molte cose sono cambiate, il merito è di Uno Mattina in famiglia.
Dove sono arrivato grazie a Gabriele La Porta, allora direttore di Rai Due e Michele Guardi.Sigla. Si va a nero.
Le candeline della torta che ho fatto preparare per l’occasione, una mimosa con il logo della trasmissione, prendono il posto dei riflettori.
La tensione si scioglie. La commozione ha il sopravvento. Giorgio, prezioso assistente di studio, ha gli occhi rossi. Non è l’unico. Daniela, la produttrice, non parla. Ci abbracciamo con il groppo in gola. Baci, abbracci. Foto. Qualcuno direbbe selfie. Felicità e malinconia intanto, viaggiano sullo stesso binario. Destinazione, Vita in diretta. Si esce di scena. Al momento giusto. Il distacco pesa. Ma aiuta tanto la consapevolezza di aver costruito un forte legame con il mio gruppo di lavoro. E proprio mentre scrivo queste righe, l’ulteriore conferma. È l’affettuoso messaggio di Daniele, il cameraman che ha inquadrato il mio saluto finale. Vero. Tutto resta in famiglia.
Tiberio Timperi