Andrea Purgatori a Blogo: “Atlantide programma unico, non il solito talk, ma racconti di grandi storie”
Il nuovo conduttore del programma di La7: “Non mollo lo spettatore dicendogli ‘adesso guardati il documentario’. Lo guarda, ma poi rientro io con un racconto di raccordo e di approfondimento”.
“L’idea è affrontare temi di attualità e cercare di approfondirli utilizzando due linguaggi: quello dei documentari e quello del racconto“. Andrea Purgatori ha le idee chiare – e non potrebbe che essere così vista la sua grande esperienza nel giornalismo e in televisione – su Atlantide, la storica trasmissione di La7 che condurrà a partire da stasera, mercoledì 15 novembre 2017, in prime time.
Purgatori, attualmente impegnato anche nella lavorazione di “una serie sulla riforma luterana per Fandango e Sky“, anticipa a Blogo quello che vedremo stasera e preannuncia per le prossime settimane puntate (tutte monotematiche) sulla terza guerra mondiale e sul passato di Roma capitale del terrorismo
Stasera vedrete un racconto su John Kennedy e la moglie Jackie che parte da 100 anni fa, quando Kennedy è nato; tocca ovviamente anche la questione delle carte sull’assassinio che sono state desecretate da Donald Trump. Il mio è un racconto diverso dal normale e molto diverso da come era Atlantide prima. Non sarò mai in studio, sarò in esterna perché credo che in televisione in questo momento ci siano troppi studi. L’idea è di avere ogni volta due documentari attraverso i quali fare un raccontato parallelo con due ospiti (nella prima puntata Furio Colombo e Jas Gawronski) per approfondire gli aspetti più misteriosi del tema. Stando sempre sull’attualità. Per esempio, nella seconda puntata, quella dedicata alla terza guerra mondiale, prenderò spunto dalle parole del Papa e mostrerò per la prima volta gli F35 italiani. Ci sarà un documentario su Kim Jong-un, il dittatore nordcoreano la cui storia non è conosciuta, e uno che ricostruisce cosa può accadere quando arriva una bomba atomica, come quella di Hiroshima. In quella puntata sarò nella base italiana con il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e con il direttore di Limes Lucio Caracciolo, mentre nella prima, quella di stasera, sarò in cima all’Altare della Patria dove non c’è mai stato nessuno.
Nel promo della puntata di stasera tu hai un fucile in mano. Una scena che colpisce.
Si è sempre parlato di questo fucile usato da Oswald per uccidere Kennedy, ma non l’aveva mai visto nessuno. Allora mi sono messo a caccia… volevo vederlo e toccarlo.
Che tipo di documentari vedremo ad Atlantide?
Documentari inediti per la televisione italiani. Sono di produzione americana, francese e inglese. Con molta attenzione li smembro in due o tre parti per poter poi fare il racconto che li cuce. Non mollo lo spettatore dicendogli ‘adesso guardati il documentario’. Lo guarda, ma poi rientro io con un racconto di raccordo e di approfondimento.
Quando durerà la puntata?
Due ore. È a tutti gli effetti un’offerta di controprogrammazione unica. Non è un talk show con le luci verdi invece che rosse. Provo a fare qualcosa di completamente diverso. Io ho un precedente, che andò molto bene: nel 1999 feci una serie di documentari sulla Guerra in Jugoslavia su Rai3. Si intitolava Jugoslavia, morte di una nazione e andava contro la fiction di successo Commesse: facemmo il 15%. Quindi non è vero che se alla gente gli offri qualcosa di diverso e di più profondo non ti venga dietro.
Ok, quindi con Atlantide puntate al 15% di share?
Magari (ride, Ndr).
Atlantide va in onda il mercoledì e non la domenica come inizialmente previsto per via dello spostamento di Non è l’Arena. È una scelta che hai subito?
A me non me ne frega niente. So benissimo che mercoledì avremo da una parte Montalbano e dall’altra Chi l’ha visto, però la domenica avremmo avuto altrettanti programmi contro. Se dovessi fare un talk show che va contro un altro talk show, mi preoccuperei. Ma la cosa mi lascia indifferente: la mia è una scommessa, non mi interessa pensare di dover irretire gli spettatori di Montalbano o di Chi l’ha visto. Io provo a raccontare grandi storie con immagini e documenti inediti.
Un programma così lontano dai talk, che tanto vanno di moda oggi, quale accoglienza di pubblico può avere?
Atlantide ha un linguaggio comprensibile, è un programma unico. Paradossalmente si avvicina un po’ al programma di Alberto Angela, che però si occupa di arte. Credo ci possa essere un pubblico che la sera, invece di essere costretto a saltare da una parte all’altra per assistere a dibattiti di politica che si svolgono sempre dentro uno studio, abbia la curiosità di vedere dove si sia aperta la finestra di Atlantide.
Mi pare di capire che in questa stagione il conduttore di Atlantide non si limiterà al lancio del documentari…
Senza presunzione, l’unico contributo che un conduttore può dare a questa idea di programma è di essere capaci di raccontare. E allora io ho messo insieme la mia esperienza giornalistica con quella di sceneggiatore cinematografico e televisivo per provare a farlo.
Alla conduzione di Atlantide ci sono state donne con una storia professionale molto diversa dalla tua. Penso, per esempio, a Greta Mauro e a Natascha Lusenti.
Mi è stato detto che la testata storica Atlantide consisteva, sostanzialmente, nel conduttore che presentava i documentari che poi andavano per la loro strada. Io ho detto: ‘Benissimo, perché non mettiamo i documentari dentro un racconto più grande? Perché non li facciamo crescere, invece di abbandonarli?’. Non ho inventato nulla di straordinariamente nuovo, ma mi pare che al momento non ci sia un’altra trasmissione così.