Le nuove Serie Tv 2017/18 CBS: S.W.A.T. azione e adrenalina per una fuga (televisiva) al maschile
Impressioni dai pilot 2017/18, le novità della CBS
Stagione 2017/18. Come ogni anno i cinque canali broadcaster americani, quelli in chiaro, quelli disponibili a tutti facilmente, presentano nuove serie tv. Dopo la valutazione dei primi soggetti, la realizzazione dei pilot e la definizione del palinsesto e delle serie tv ordinate lo scorso maggio, è arrivato il momento di vedere questi progetti all’opera. In questo articolo troverete le prime impressioni, a caldo, dopo la visione dei pilot o dei primi episodi delle nuove serie tv di ciascuno dei cinque canali: FOX – NBC – CBS – ABC e The CW.
Shermar Moore ha seguito l’esempio di Michael Weatherly: lasciare una serie storica di CBS per guadagnarne un’altra da protagonista in cui esaltare le proprie caratteristiche. Se Weatherly è passato così da NCIS a Bull, Moore dopo aver lasciato Criminal Minds è il protagonista di SWAT, un poliziesco d’azione prodotto da Shawn Ryan con CBS e Sony e con il primo episodio diretto (e si vede) da Justin Lin.
SWAT è un testosteronico poliziesco tutto muscoli e azione basato sulla serie anni ’70 e sul film omonimi, un classico procedurale alla CBS su una forza di polizia che risolve tutto, intervenendo anche laddove lavorerebbero altre squadre di altre serie tv della rete, in una sovrapposizione continua che mantiene salda la formula procedurale. Se la mano di Lin è percepibile dalla forza delle scene d’azione, la presenza di Ryan e della Sony è evidente dalla voglia di dare al procedurale classico una componente ulteriore, più complessa e che non limitata ad un “mistero”. SWAT è percorsa da un animo politico-sociale che vede nel protagonista, il tenente Hondo (Moore), il collegamento tra le strade in cui è cresciuto e la comunità afro-americana la cui tensione e le forze di polizia che rappresenta.
Su questa struttura si innesta una componente più classica che prevede l’addio di uno storico membro della squadra e l’arrivo di un giovane scapestrato (ma capace) da educare, il caso di puntata da risolvere, la storia d’amore e il protagonista che sfida tutti per risolvere da eroe la situazione. Moore, lasciato Criminal Minds, ottiene tutto quello che poteva volere: una serie in cui è assoluto protagonista, un personaggio complesso diviso tra la propria comunità e la divisa che porta, sparatorie e scazzottate da eroe action e quegli ammiccamenti seducenti di chi sa di piacere già visti in Criminal Minds. Insomma un sogno da protagonista.
SWAT è una serie perfetta per CBS (ma anche per un qualsiasi dei canali Crime italiani o più semplicemente per RaiDue), ricca d’azione e senza tanti fronzoli, una pausa al maschile per staccare la spina davanti alla tv.
9JKL, attori sprecati per una vecchia e stereotipata comedy
9JKL è il trionfo dei luoghi comuni, degli stereotipi con una famiglia di bianchi ricchi, con l’afro americano (ma non tanto scuro) Matt Murray, che fa il portiere dello stabile e il simpatico ragazzino asiatico (un Albert Tsai che meriterebbe una serie tutta sua) bloccato a fare battute nell’androne del palazzo. Creata e interpretata da Mark Fuerstein 9JKL è vagamente ispirata all’esperienza dello stesso attore che per un periodo della sua vita ha vissuto accanto ai genitori, ma insieme alla moglie, mentre girava Royal Pains.
La serie racconta infatti le vicende di Josh Roberts un attore in declino, fresco di divorzio che va a vivere nell’appartamento 9K stretto tra il 9J dove vivono i genitori e il 9L dove vive il fratello chirurgo con la moglie pediatra. Tra battute sul suo pessimo show precedente (in cui era un poliziotto cieco), allusioni sessuali e tentativi di Josh di sfuggire all’oppressiva madre, il pilot scorre via senza lasciare alcuna traccia di se. 9JKL è una vecchia multi-camera comedy, tradizionale e tradizionalista con battute già viste e sentite necessaria per rassicurare il pubblico di CBS: mentre la diversità impera noi siamo sempre la vostra isola felice. Anche questa è una strategia, che sembra non pagare più visto il basso riscontro di pubblico fatto registrare dopo il primo episodio. Peccato per il cast: Elliot Gould, Linda Lavin, David Walton lo stesso Fuerstein meriterebbero tutti uno spazio televisivo migliore.
Wisdom of the Crowd, il social-procedurale dai risvolti inquietanti (e ignorati)
Preferireste avere l’opinione di un singolo esperto o di una massa di persone che ha un’opinione di un qualche tipo su qualsiasi materia? Parte da queste premesse Wisdom of The Crowd un nuovo procedurale della CBS che prova a re-inventare il genere attraverso i social media. Se di detective, di marine, di agenti governativi in tv ce ne sono fin troppi, ecco arrivare le indagini risolte attraverso i social. Potrebbe essere la trama di un episodio di Black Mirror ma siamo dalle parti dei procedurali CBS non c’è quindi una feroce critica sociale, nè sarcasmo o ironia. In Wisdom of the Crowd c’è l’esaltazione della massa, dei social media come strumento utile per risolvere un caso di omicidio. Il fine giustifica i mezzi, anche se questo significa mettere alla berlina sociale un povero innocente.
Jeremy Piven interpreta un ricco magnate della tecnologia che ad un anno dall’omicidio della figlia, convinto che l’uomo accusato sia in realtà innocente e che il colpevole sia a piede libero, decide di creare un social network in cui condividere informazioni, indizi, dettagli sul caso. L’elemento emozionale e personale che mette in moto il procedurale è così servito e sicuramente la caccia all’assassino della figlia ci accompagnerà per diverse puntate (a seconda di quanto a lungo durerà la serie). Gli altri protagonisti dal detective interpretato da Richard T. Jones, all’ex moglie deputata (Monica Potter) offrono tutti spunti utili a sviluppare le diverse vicende personali che affiancheranno il classico caso di puntata.
Wisdom of the Crowd lascia la sensazione di un materiale che sarebbe potuto essere sfruttato diversamente su un’altra piattaforma diversa rispetto ai canali generalisti. A differenza di altre situazioni, in questo caso specifico la resa rischia di essere quasi dannosa e pericolosa. C’è una leggerezza e una superficialità di fondo eccessiva nel rappresentare quella che è una stortura del sistema giudiziario-sociale con derivazioni ed implicazioni pericolose. Siamo davvero disposti ad accettare che sia la massa a risolvere un caso di polizia? Fino a che punto siamo disposti ad accettare che una piattaforma gestita da un privato controlli la nostra vita?
SEAL Team, David Boreanaz al servizio dell’ennesimo military drama
David Boreanaz è un impiegato della serialità. Dismessi i panni dell’FBI di Bones, indossati dopo quelli da vampiro in Buffy e Angel, eccolo infilarsi la mimetica e diventare il protagonista di SEAL Team prendendo il ruolo che inizialmente era stato assegnato a Jim Cavizel. Seconda serie militare dell’autunno generalista dopo The Brave di NBC, SEAL Team si concentra sui Navy SEAL quella squadra dell’esercito americano chiamata a compiere le imprese più complicate e segrete all’estero. A differenza di The Brave, dove la squadra protagonista sta stabile direttamente oltre oceano, i nostri eroi Navy SEAL vivono negli USA e quando è necessario vengono chiamati e mandati in missione. In questo modo la serie offre la possibilità di conoscere le famiglie dei soldati, le loro vite personali, le difficoltà quotidiane di gestire un lavoro non proprio semplice.
SEAL Team diventa così una versione per generalista di Six, la serie tv di History che lo scorso anno ha portato in tv una squadra di soldati. Boreanz è circondato da diversi volti televisivi come Max Thieriot, reduce da Bates Motel, nei panni della giovane recluta che vorrebbe entrare nel team, Jessica Parè (Mad Men) che è l’agente della CIA che coordina e supervisiona le attività.
Con l’arrivo di SEAL Team CBS e NBC si rubano pubblico a vicenda, presentando praticamente in contemporanea due serie tv molto simili, entrambe concentrate su eroismo, azione, patriottismo e militari e che per di più nella prima puntata prevedono il salvataggio di una bionda americana nelle mani degli arabi cattivi. CBS prova a spostare il focus dei propri procedurali dai criminali nazionali a quelli d’oltreoceano, limitando però il proprio raggio d’azione, a differenza di quanto poteva fare con Criminal Minds Beyond Borders dove gli americani in difficoltà potevano essere ovunque e vittime di crimini diversi.
Inutile dire come CBS conosca bene il proprio pubblico e sappia quello che possa piacere loro. Il protagonista è un uomo adulto, maschio, caucasico che potrà anche avere le prime difficoltà legate all’età o alla vita familiare ma riesce sempre a lavorare per il bene della propria nazione. La serie alterna sapientemente azione e dinamiche familiari e personali dei protagonisti ma risulta un compito scolastico e senz’anima. Continuando così la “moda militare” di questa stagione rischia di essere solo un fuoco di paglia.
Me, Myself and I, la comedy che è già prequel e sequel di se stessa
Una comedy una e trina. Me, Myself and I è una serie tv che ne contiene al suo interno altre due, il suo prequel e il suo sequel. E’ una comedy su un padre single inventore, è una comedy per il pubblico più anziano sulla vita che ricomincia a 65 anni, è una comedy nostalgica su un adolescente negli anni ’90. Jack Dylan Grazer, Bobby Moynihan e John Laroquette sono tre versioni di Alex Riley nei suoi 14, 40 e 65 anni. La serie parte dall’idea che per capire dove siamo, dove andremo bisogna ricordarsi quello che siamo stati. Gli eventi che ci hanno segnato a 14 anni, possono tornare a colpirci 50 anni dopo proprio come se fossero successi ieri.
Alex Riley è un inventore di 40 anni che dopo il tradimento della moglie si ritrova a vivere nel garage dell’amico interpretato da Jaleel White (un tempo lo Steve Urkel di 8 sotto un tetto), in piena crisi creativa e sarà la saggezza del patrigno ad aiutarlo a sbloccarsi e a trovare quel successo che lo aspetta nel futuro. Seppur con qualche banalità e passaggio forzato, Me, Mysel and I può essere considerata una piacevole sorpresa, la costruzione in tre blocchi tra loro collegati e ambientati in tre diverse epoche offre un punto di vista diverso nel mondo delle family-comedy generaliste. La formula sembra già abbastanza identificabile, l’Alex del presente racconta un evento del presente lo relaziona ad una situazione del passato e quello del futuro mostra le conseguenze delle azioni passate. Ma alcune trovate (su tutte quella che rovina il primo appuntamento di Alex) e il fatto che i ragazzi/adulti nerd ormai vanno sempre più di moda, con le possibilità che può offrire un ragazzo/uomo inventore, consentono alla serie di guadagnarsi una seconda (ma anche terza) possibilità.
Niente di indimenticabile o di rivoluzionario, Me, Myself and I è una piacevole aggiunta per gli amanti della commedia, tutti gli altri possono evitare di collegarsi.