Camera Cafè, Carlo Giuseppe Gabardini escluso – Lo sfogo sui social
Camera Cafè su Rai 2, Olmo non ci sarà.
Camera Cafè riparte dal Nuovo Mondo. E i membri del vecchio? Una parte ci sarà anche in questa nuova stagione della serie cult, in partenza dal 4 settembre su Rai 2. Un’altra parte, invece, è stata esclusa. E’ il caso di Carlo Giuseppe Gabardini, che per anni ha interpretato il personaggio Olmo, senz’altro uno dei più amati. Stavolta non ci sarà: né Olmo, né Gabardini come autore. Perché? Sostanzialmente, l’attore è stato escluso. “No, non ci sarò nella nuova stagione di #cameracafé; lo dico perché mi viene chiesto a destra e a manca, e ne sento in giro di buffe e di crude. Non ci sarò né come autore, né come attore”, ha scritto.
Ecco il suo lungo sfogo pubblicato poche ore fa sui social.
Cameracafé per me è stata importante, emozionante, per lunghi anni anche totalizzante; ho scritto, coscritto e cofirmato oltre 1600 copioni con dedizione maniacale e a detta di molti anche esagerata fino a diventarne un capoautore, ho avuto l’onore di recitare in centinaia di episodi al fianco di un cast eccezionale capeggiato da due fuoriclasse quali Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, ho amato e odiato e poi di nuovo amato il vero padre della versione italiana Christophe Sanchez a cui si deve tutto assieme a Magnolia S.p.A., ho conosciuto e convissuto con gli altri autori televisivi, alcuni dei quali sono miei cari amici, altri si sono rivelate personcine minuscole, ma ciò è normale in qualsiasi ambito lavorativo, lo stesso si dica di chi si occupa della produzione di questa stagione.
Sono grato a cameracafé perché mi ha dato tanto e gli ho dedicato interamente un pezzo della mia vita come fosse un figlio in affido. Quando ho saputo della nuova serie, ho reagito come se un parente che credevo scomparso avesse suonato alla mia porta: gioia, stupore, una certa preoccupazione, forse del sospetto. Anche quella sensazione del passato che ritorna, ma più sotto forma di reflusso gastrico.
A dirla tutta, giuro che non l’ho mica capito perché non ci sarò, non so dire con precisione se non mi hanno voluto o se io intimamente e inconsciamente non volessi farlo.
Alla prima chiamata mi han chiesto se ero interessato a interpretare Olmo o se ormai…
-Ormai, cosa?
-Niente, visto che sei su radio24, scrivi sui giornali, hai fatto comingout, hai pubblicato un libro, ti occupi di diritti, insomma, forse ormai hai preso un’altra strada…
-No, no, sono interessatissimo, non faccio il gay di professione, continuo a fare l’attore e soprattutto l’autore, altrimenti non saprei come pagarmi l’affitto. E sono più interessato a scrivere cameracafé, come ho sempre fatto, e poi se noi autori decideremo che Olmo non serve, Olmo non ci sarà; come abbiamo sempre fatto.
-Okay, allora ti chiameremo anche come autore.
Un mese dopo c’è stata una riunione ridicola fra tutti noi autori storici e la produzione, in cui è stato chiaro dal primo istante che uno di noi si fosse già accordato, lasciando a tutti gli altri ben poco spazio di manovra dovendosi azzuffare per le briciole. Routine. Dolorosa. Ma niente di nuovo o particolarmente originale. Però innervosente, perché una mossa di una stupidità sesquipedale, e amareggiante, perché non si prende cura della qualità del lavoro e delle sceneggiature.
Io ho sempre pensato che il modo migliore (o forse l’unico) per rifare cameracafé fosse farlo tutti assieme col sorriso sulle labbra e divertendosi, dunque, anche perché sono un inguaribile romantico ed emotivo di merda (sono parole di un collega), ho abbozzato e condotto la mia trattativa considerando molto più questo desiderio di realizzare il programma in “comunione”, piuttosto che il mio ritorno economico personale.
La produzione mi offre una cifra così bassa che lei stessa definisce inaccettabile e mi chiede di fare una controproposta; propongo lo stesso cachet di sei anni fa, riparametrandolo al numero minore di episodi di questa stagione, e ne esce un ammontare pari circa al doppio della loro offerta iniziale.
Dopodiché, non mi è arrivata nessuna proposta di nessun tipo.
Dopo due settimane di silenzio, ho chiamato io, e dopo altri 5 giorni di attesa la produzione mi ripropone la stessa identica cifra di partenza, dando un nuovo senso al concetto di “trattativa”. Non vedendo margine ma, per i succitati motivi, standomi a cuore questo programma e la collaborazione coi miei colleghi autori, dico che accetto la loro “inaccettabile” proposta iniziale, non un euro in più, garantendomi solo dei giorni liberi a settimana per poter svolgere altri lavori.
Silenzio imbarazzato. Mi dicono che mi faranno sapere senz’altro in settimana.
Non chiama nessuno, ma vengo a sapere che la mia assenza viene motivata col solito mantra: “Gabardini ha chiesto una cifra esorbitante e non trattabile.”
Soffro. Mi girano i coglioni. Alcune notti, piango.
Scrivo una mail a tutti gli autori, al regista e alla produzione, in cui racconto la mia trattativa e dico molto chiaramente di aver accettato la cifra ridicola di partenza, quindi se c’è volontà di farlo tutti assieme, c’è anche la possibilità.
Alcuni rispondono che non sapevano, altri non sanno bene che dire e sono buffi nel loro dimenarsi in cerca di specchi arrampicabili con meno stridore di vetri graffiati. La produzione mi scrive che mi chiamerà l’indomani.
Era il 14 febbraio.
Non ho più sentito nessuno.
Poi è iniziata la convocazione attori. Quasi tutti i colleghi mi hanno chiamato per sapere cosa avrei fatto, e stavolta ero io a non sapere bene che dire, e stavo parecchio male.
Tra le mille elucubrazioni pensavo: non avendo la possibilità di scriverlo, mi sa che non troverò la motivazione per recitarlo; troppo coinvolgimento emotivo, troppa vicinanza con ex amici, troppa presunzione che io l’avrei scritto meglio, pochissima voglia di soffrire quando i problemi di cui occuparsi sono davvero altri. La produzione mi ha salvato dal dubbio amletico: come attore non mi ha nemmeno chiamato.
Mi spiace non esserci, non posso negarlo; però nei mesi in cui ho combattuto debolmente affinché fosse possibile, non posso nemmeno dimenticare che grossa parte di me temeva il ritorno al passato come una resa; i viaggi e le avventure che ti fanno crescere ti cambiano, ripeterli quando hanno portato i loro frutti può essere inutile se non dannoso, ripeterli a volte è tornare indietro, è ammettere che rimarrai sempre lì, è preferire un approdo sicuro al navigare in acque libere ma sconosciute e terrorizzanti. Mi spiace non esserci, soprattutto per la modalità, perché per il resto è un’ipotesi che ci sta, ci mancherebbe altro.
Dopo esservi entrato in casa per anni indossando delle discutibili camicie colorate, mi sembrava doveroso spiegarvi come mai stavolta non verrò; per dirla alla Olmo: “Fisci! Vi mando una mail.”
Se dicessi che spero che questa edizione vada meglio delle precedenti, ovvero degli oltre 1600 copioni che portano anche la mia firma, mi e vi starei prendendo in giro; però – davvero senza rancore – auguro a tutti che sia una straordinaria coda di un programma che ho amato moltissimo.