Gli ammutinati del Bounty e l’attesa di capire che farà Fletcher
Il tempo delle decisioni per il futuro televisivo di Massimo Giletti
Lui in questo periodo non concede interviste, sta riflettendo sul suo futuro e lo fa in rigoroso silenzio, tranne che per uscite di cuore, come per la sua Juventus. Un silenzio totale, quindi non solo per gli organi di informazione, ma anche per chi gli sta vicino, come se volesse difendere gli avamposti della sua squadra, la cosa a cui evidentemente tiene di più, dai pericoli del mare aperto e forse anche da se stesso.
La porta sbattuta in faccia con la chiusura della sua Arena ha provocato un colpo fragoroso che lo ha sconquassato dentro. L’Arena è Massimo Giletti e la sua chiusura ha nella realtà delle cose spento un pezzo della sua anima professionale e non solo professionale. La storia, con le proposte ed i gossip sul suo futuro fra Rai e dintorni è fin troppo nota e qui ci interessa relativamente.
Ci interessa il valore della forza di un sistema che ruotava attorno all’Arena che non era fatto dal solo Giletti, con i suoi pregi e i suoi difetti, ma anche da chi gli stava accanto. Da chi ne condivideva gioie e dolori. Lui ci diceva in una intervista a questa testata del 2010 a proposito del lavoro che sta dietro alla confezione di un programma come Arena e a ciò che si vede e non si vede dall’esterno:
” Noi abbiamo avuto contro Maria De Filippi, Costanzo, gente di grande forza e professionalità. Probabilmente se io appartenessi a qualche scuderia, a qualche procuratore potente, avremmo molti più “consensi critici”. Essendo un uomo libero che risponde solo alla propria coscienza e al proprio direttore faccio più fatica ad accettare questa “critica” se cosi si può chiamare e mi da un po’ di fastidio. Però l’ho sempre detto ai miei collaboratori che noi dell’Arena siamo come gli ammutinati del Bounty, se volete star con me sappiate che ci saranno pochi onori e tanta fatica. Non sono mai voluto stare dalla parte dei potenti, è una scelta di vita. “
Il paragone con il celebre romanzo di Charles Bernard Nordhoff ricorre spesso fra le parole che Massimo Giletti indirizza verso la sua squadra. Nel libro si racconta dell’ammutinamento di una nave, appunto il Bounty, guidato dal secondo del comandante Bligh, ovvero Fletcher Christian, che guida una rivolta dei marinai contro Bligh che vessa in maniera esagerata il suo equipaggio.
Non credo si aspettasse veramente la chiusura dell’Arena da parte della Rai, ecco cosa ci diceva sempre in quell’intervista del 2010 a proposito di una evenienza del genere:
“Credo che anche in questa televisione dove tutto è possibile, è difficile che un direttore si privi di un programma che costa poco e contemporaneamente fa record d’ascolti tutte le settimane. Non ho mai avuto un dubbio che non fossimo riconfermati, primo perché siamo uno dei pochi prodotti interni aziendali che funziona alla grande, secondo: facciamo ascolti a basso costo. Quindi nessun direttore potrebbe fare una scelta diversa, almeno credo e spero.”
La realtà delle ultime settimane è stata evidentemente diversa e l’Arena è stata chiusa. Nel film con Marlon Brando del 1962, la nave alla fine viene bruciata dai marinai, che nel frattempo si erano rifugiati con Fletcher su di un isola e lo stesso Fletcher muore nel tentativo di salvare il suo sestante dalle fiamme della nave.
I marinai temevano che Fletcher volesse tornare alla “civiltà” abbandonando l’idea da cui nacque quell’ammutinamento e quel gruppo.
Sempre in quella intervista del 2010 Giletti diceva a proposito di un’eventuale spostamento dell’Arena al sabato sera:
“Il direttore Mazza (allora direttore di rete, ndr) è una persona troppo intelligente per rischiare di spostare un programma che va così bene la domenica pomeriggio portandolo in un territorio i cui risultati sarebbero tutti da vedere. Detto questo, in generale, a me piacciono le sfide impossibili.”
Parlava di “sfide impossibili” allora, una cosa forse di grande attualità oggi, sia per lui che per i suoi “ammutinati”.