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Master of None 2, la recensione in anteprima Blogo

La seconda stagione di Master of None, che parte dall’Italia, conferma l’ironia dello show di Aziz Ansari nel raccontare la sua generazione con uno sguardo a volte smarrito, altre divertito e sempre con curiosità su ciò che lo circonda

pubblicato 12 Maggio 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 10:21

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Per festeggiare il rinnovo di Master of None, Aziz Ansari si è regalato un viaggio in Italia. E, già che c’era, ha deciso di ambientare nel nostro Paese i primi due episodi della seconda stagione, che Netflix metterà a disposizione dal prossimo 12 maggio.

Ansari è un grande cultore del nostro Paese: lo aveva già dimostrato nella prima stagione, quando il suo personaggio nonchè protagonista Dev inizia ad appassionarsi alla cucina ed in particolare alla pasta. Per questo, nel finale, invece che seguire l’ormai ex fidanzata Rachel (Noël Wells) in Giappone, dove si è trasferita per lavoro, decide di imbarcarsi per un volo per l’Italia.

Ed è proprio qui, per l’esattezza a Modena, che lo ritroviamo, alle prese con un tirocinio in un pastificio e con le bellezze della nostra Penisola. Tra un tentativo e l’altro di integrarsi anche linguisticamente, Dev impara i segreti della nostra cucina e stringe amicizia con un gruppo di giovani italiani, tra cui la bella Francesca, interpretata da Alessandra Mastronardi (ma preparatevi a scoprire altre guest-star italiane). Il primo episodio, però, è tutto un omaggio, nello stile di Ansari, ovviamente, al neorealismo italiano, con una trama, riprese (le regia è dello stesso attore) e personaggi che richiamano fortemente al cinema del dopoguerra.

Si tratta di un omaggio voluto dall’autore ma che si conclude nel primo episodio, mentre nel secondo, l’ambientazione resta italiana, ma si torna nel mondo delle riflessioni esistenziali a cui ci ha abituato Dev nella prima stagione. E’ solo dal terzo episodio, però, che Master of None torna ad essere la serie tv che abbiamo conosciuto e che analizza e dissacra tutte le manie, le abitudini e le convinzioni della generazione di oggi.

New York continua ad aver un ruolo dominante nella serie, e permette ai personaggi di spostarsi dentro una città multiculturale e ricca di opportunità: il contesto ideale per uno show che vuole fare dell’ironia sulla diversità di pensieri il suo punto di forza.

La trame orizzontali restano, ma a prevalere, almeno nella prima parte di stagione, è la volontà di immergersi in episodio quasi monotematici, che portano Dev ad affrontare situazioni legate, ad esempio, alla religione ed ai primi appuntamenti. Non mancano i suoi comprimari, primo tra tutti l’amico Arnold (Eric Wareheim), dei compagni d’avventura con cui Dev assiste al mondo che lo circonda cercando di comprenderlo con la sua visione originale e divertente.

Resta, quindi, la semplicità di fondo di una serie deliziosa e non sboccata, che fa dell’ironia intelligente la sua arma per incuriosire il pubblico e metterlo davanti ai suoi stessi difetti. Master of None sfrutta ancora una volta lo sguardo a volte smarrito, altre dissacrante del suo protagonista per offrire una visione dei tempi moderni mai sopra le righe ma neanche troppo semplicista, ideale per raccontare un mondo che, come il protagonista di questa serie, deve trovare una sua strada.