RadioBlog | Marco Mazzoli: “Rtl vince perché ha un segnale della madonna ma manco sai chi c’è in onda”
“Simona Ventura e Ambra nei talent? Non mi sembrano scelte illuminate”.
Da quasi vent’anni, Lo Zoo di 105 è uno dei programmi leader della radiofonia italiana. Ed il fautore di tutto è Marco Mazzoli. “Mi inventai lo Zoo perché sapevo di non poter competere musicalmente con Albertino, sarei stato una sua brutta copia, come tante negli anni ’90. Pensai a uno show comico per il pomeriggio, nessuno lo faceva all’epoca […] Visto da fuori, lo Zoo è l’angolino perverso dei perbenisti. È l’amante, non la fidanzata fissa. Il programma che ascolti di nascosto per goderti le minchiate che diciamo. Per il nostro editore, uno con residenza a Monaco, titolare di Radio Monte Carlo e inserito in un certo giro, all’inizio era l’anticristo. Ovvio che non appena iniziarono ad arrivare i dati d’ascolto iniziò a divertirsi pure lui. Anche se oggi l’abbiamo sdoganata, sentire una parolaccia, per la persona snob e ricca, è come trovarsi sulla metropolitana e intravedere un seno dalla camicetta sbottonata della signora più elegante. È una goduria pazzesca”, ha dichiarato a Leonardo Filomeno sul quotidiano Libero.
“Rtl vince perché ha un segnale della madonna, parlano poco e, tolte rare eccezioni, non sai manco chi c’è in onda. Chi sceglie me, invece, vuole sentire cosa dico”, ha incalzato lo speaker. Ora “tutti vogliono imitare lo Zoo di 105, tutti vogliono fare lo show. Ma la musica dov’è finita?”. La musica, appunto. “Reclutare nei talent gente come Simona Ventura, che, col massimo rispetto, di musica non capisce un cazzo, o Ambra, che ha fatto 2 dischi di merda negli anni ’90, non mi sembra siano state delle scelte illuminanti (sorride, ndr)”.
Quindi, Mazzoli ha parlato del ritorno di Noise, Alisei e Wender (emigrati per qualche anno su Radio Deejay): “Sono tornati perché, uno alla volta, si sono scusati, ammettendo che da soli non rendevano come col sottoscritto. Per il bene del programma, ho abbassato l’ego e ho buttato giù tanta merda. Il loro modus operandi fu terribile, imperdonabile, fecero tutto alle mie spalle, nonostante un’amicizia che durava da anni. All’inizio temevo di aver insegnato loro troppi segreti. Ma un contesto in cui non potevano esprimersi al 100%, come quello della radio concorrente, non li ha aiutati. Paolo Noise fa ridere se è Paolo Noise, se lo metti a parlare di robe serie dopo 2 minuti ti rompi i coglioni”.
Nessun rimpianto, invece, circa l’esclusione di Leone di Lernia dallo show: “Aveva esaurito il suo meccanismo comico, funzionava sporadicamente, e l’età non gli consentiva di stare più ai nostri tempi. Avrei voluto, anche solo per illuderlo, scrivere la sceneggiatura del film che sognava di fare, gli avrebbe fatto piacere. Nella disgrazia, ho avuto la fortuna di trovarmi in Italia quando si è ammalato seriamente. Me lo sono goduto fino all’ultimo […] Era un furbone, pensava molto ai cazzi suoi. La cosa che non mi manca di lui è l’invadenza, soprattutto quando non richiesta. Doveva esserci a tutti i costi, a volte era di troppo. Era un cacacazzo (ride, ndr), un uomo tremendamente attaccato ai soldi. Uno stronzo che, invecchiando, è diventato un nonnino. Ecco perché lo chiamavo vecchio di merda, ma gli volevo un bene dell’anima”.