Lucia Blini (Mediaset Premium) a Blogo: “Vi spiego come si raccontano le Olimpiadi senza diritti tv e con limiti alle immagini”
La copertura di Rio 2016 da parte di Mediaset, lo stato di salute del giornalismo televisivo italiano per gli altri sport (no calcio) e il ricordo di Controcampo
Per Lucia Blini sarà un agosto particolarmente intenso dal punto di vista professionale. Ad attenderla ci sono, infatti, i Giochi Olimpici di Rio 2016, al via venerdì 5. La giornalista sarà capodelegazione di Mediaset, come già successo per le Olimpiadi di Atene, Pechino e Londra. Blogo l’ha intervistata a pochi giorni dalla partenza per il Brasile. Si tratta del primo appuntamento della nuova rubrica estiva di TvBlog.
Mediaset come coprirà le Olimpiadi?
La nostra copertura sarà da non rights holder, cioè da chi non ha diritto all’accesso e alla produzione dell’evento. Ci sarà grande attenzione ai live, ai collegamenti, ai racconti di quello che succede senza essere all’interno degli impianti e senza avere la battuta calda del campione che ha vinto.
Quanti inviati avrete a Rio?
Con me avrò 4 giornalisti: Stefano Vegliani, Edoardo Grassi, Angiolo Radice e Francesca Benvenuti. La nostra base sarà a Casa Italia. Da lì faremo i nostri collegamenti live praticamente per tutto il giorno. Due, tre colleghi saranno in giro per Rio, per interviste o servizi di colore, o al villaggio olimpico ma non all’interno delle strutture da gara. L’assenza di accredito ci rende impossibile entrare nei palazzetti.
Tu sarai capodelegazione. Che significa?
Significa fare il caporedattore in esterna: ogni giorno il capodelegazione deve fare un lavoro di organizzazione per il giorno stesso e per quello dopo. Decidere chi fa cosa in base al calendario olimpico e alle richieste dei telegiornali. Perché Premium Sport è una agenzia che fornisce i servizi anche ai tg generalisti di Mediaset. E ogni telegiornale ha le sue esigenze, vuole servizi con un taglio diverso. Io devo accontentare le richieste di ogni testata. Dopodiché c’è tutto il lavoro legato al canale Premium, con tantissime ore di dirette. Insomma il capodelegazione deve organizzare il lavoro sul ponte Milano-Rio. Serve una grande lucidità nell’indirizzare un giornalista su un dato evento tenuto conto che siamo a Rio e che le distanze sono micidiali. Serve anche un po’ di fortuna: magari mandi un giornalista a seguire un evento, ma succede di tutto in un altro…
Quando succede qualcosa di simile qual è la soluzione?
Può succedere che, nonostante le previsioni, qualcuno che non segui e che non consideri sia da medaglia. Appena te ne accorgi devi dirottare lì l’inviato più vicino. Non te ne devi accorgere alla fine, perché se no è tardi, ma a metà gara.
In passato ti è successo?
Sì. A Londra 2012 noi onestamente non pensavamo che il biker Marco Aurelio Fontana potesse andare a medaglia (conquistò invece la medaglia di bronzo nella specialità del cross country, Ndr) e abbiamo dovuto rimediare in corsa. Ma anche a Pechino è successo.
Per te sono le quarte Olimpiadi, dopo Atene, Pechino, Londra…
Sì, ho fatto anche le invernali di Torino e Sochi.
L’incarico di capodelegazione non ti impedirà di andare in video…
No, sarò l’unica che non si muoverà da casa Italia; per questione di comodità, preferisco inviare i miei colleghi fuori, agli eventi, e coprire io i collegamenti, l’ho fatto anche a Londra. È un racconto che mi piace fare. Ed è un privilegio.
Questione fuso orario: come vi comporterete?
Noi prevediamo la sveglia a Rio alle 5.30 per essere operativi alle 7, cioè a mezzogiorno in Italia. Da lì in poi non ci poniamo limiti: saremo live fino all’ultimo telegiornale, cioè il Tg5 dell’una italiana. Però nel caso, per esempio, della finale dei 100 (nel nuoto, Ndr), che è alle 10 di sera di Rio, cioè le 3 di notte in Italia, realizzeremo e chiuderemo un servizio da inviare in Italia per il primo notiziario, ossia Prima Pagina del Tg5 alle 6.
Quanto è penalizzante raccontare un evento sportivo senza averne i diritti tv?
È penalizzante se ami questo lavoro, perché vorresti raccontare tutto essendo lì, vedendo direttamente la gara e intervistando l’atleta a caldo. Noi questo non possiamo farlo. Dobbiamo aspettare l’intervista a Casa Italia oppure fuori dal palazzetto, se il giornalista ha un buon rapporto con l’atleta. L’altro grosso limite è l’utilizzo delle immagini: non posso prendere le immagini che voglio. C’è un contratto firmato con chi detiene i diritti (la Rai, Ndr) per un utilizzo limitato delle immagini. Ogni giorno devo ragionare su quali e quante immagini usare, nel rispetto del contratto. E le immagini scadono dopo 48 ore. Quindi se la Pellegrini vince due medaglie a distanza di tre giorni, io le immagini di due giorni prima non posso più utilizzarle.
Tu capodelegazione per Mediaset a Rio, Donatella Scarnati per la Rai agli Europei, Lia Capizzi unica inviata di Sky a Rio. Le donne dominano lo sport in tv?
Io sono qui da 24 anni. Sono arrivata qui da stagista della scuola di giornalismo, il mio percorso è stato molto lungo: ho fatto l’inviata, ho seguito i grandi eventi, tanta redazione. Probabilmente il direttore ritiene che io abbia delle capacità di organizzazione del lavoro. Il capodelegazione non è l’inviato più bravo, ma chi ha caratteristiche per gestire un gruppo di lavoro in esterna tra tensione, adrenalina e imprevisti. Non voglio generalizzare né fare il discorso facile delle donne più capaci nell’organizzazione…
Però un po’ è così…
Non voglio generalizzare, io posso parlare per me e posso dire che chi mi ha messo qui apprezza la mia precisione, l’essere scrupolosa, il sapermi relazionare agli altri… perché quando sei capodelegazione non puoi litigare tutti i giorni con qualcuno (ride, Ndr).
Il tuo ricordo di Controcampo, il talk show di Italia 1 con Sandro Piccinini.
Sono stata l’unica ad aver fatto in studio tutte le edizioni – dalla prima, quella del 1998 in onda da via Mecenate il lunedì sera – tranne quella del 2000 perché ero in maternità. Dal punto di vista professionale, eccezion fatta per le esterne, sono stati anni meravigliosi. Era un’altra televisione, la gente aspettava Controcampo per vedere le immagini del posticipo. Un’esperienza bellissima, la ricordo con grande affetto. Pensa che ancora oggi c’è gente che mi incontra per strada e che dice ‘un bacio a Lucia Blini’ (frase che Piccinini usava per salutarla, Ndr).
Qual è la qualità del racconto degli altri sport (no calcio) nella tv italiana oggi?
Io ho sempre seguito più gli altri sport del calcio, li amo. Mi è sempre piaciuto trovare la storia nella carovana del Giro d’Italia o trovare la bella intervista al pugile. Oggi la televisione ha più spazio per occasioni del genere. Nel pomeriggio di Premium, per esempio, ospitiamo e diamo visibilità a discipline che anni fa non ne avevano… la tv era più stretta a livello di spazi sportivi. Adesso c’è una apertura, data appunto dalla possibilità di avere più tempo e più spazio. Quando abbiamo la possibilità di avere la pattinatrice sul ghiaccio… molto volentieri!
E il pubblico apprezza?
Sì. Lo scorso weekend su Premium abbiamo trasmesso il Lega volley Summer Tour (beach volley, Ndr) ed è stato un bel riscontro di pubblico. Certo, i numeri che fanno il calcio e i motori sono diversi, ma se non mostriamo anche gli altri sport gli atleti continueranno a lamentarsi del fatto che dei loro sport si parli solo ogni quattro anni per le Olimpiadi. Oggi non è più così.
Quindi quantitativamente il racconto televisivo degli altri sport è cresciuto. E qualitativamente?
Il lavoro da fare è sulla storia da raccontare, sul personaggio da far emergere. Per farlo servono incontri, interviste, preparazione, immagini. La qualità, come in tutte le cose, si può migliorare. Per esempio incontrando direttamente il protagonista, andando a scavare dentro le sue abitudini.
Il giornalista televisivo più bravo che riesce a fare tutto questo per quanto riguarda gli altri sport chi è secondo te?
Sono nata e cresciuta con Giovanni Bruno, che oggi è a Sky. Quando realizza interviste e speciali riconosco molto il mio modo di fare televisione emozionale, col cuore.
Il tuo pronostico sulle medaglie italiane a Rio.
Mi piacerebbe fossero 30.
Il tuo pronostico sulla storia/sorpresa di cui si parlerà a Rio.
A Londra era fin troppo facile, c’era Pistorius. Per l’atletica italiana – che nelle ultime edizioni delle Olimpiadi non è andata benissimo – avevo sperato tanto in Schwazer e Tamberi, ma non ci saranno (il primo per questioni legate al doping, il secondo per l’infortunio rimediato proprio pochi giorni fa, Ndr). Diciamo che mi emozionerei molto con l’oro nell’Italia del volley maschile, ci spero da Barcellona 1992.