Roberto Benigni e la più bella semplificazione del mondo (con l’amarezza finale)
Critica ragionata allo spettacolo sulla Costituzione Italiana di Roberto Benigni.
Benigni è superiore. E’ bravissimo, è appassionato, racconta la storia più bella del mondo. Benigni deve piacerti per forza, non lo puoi criticare nemmeno per scherzo: del resto, è Benigni. E’ un premio Oscar. E’ il miglior comico italiano. E’ coltissimo, e se confonde i La Malfa lo fa solo perché provaci tu a reggere l’emozione di un monologo. E poi, se lo paragoni a tutto il resto (per esempio, a Del Debbio che ospita la lite fra Cicciolina e la Santanché) è il meglio del meglio del meglio che la cultura nostrana produce. E’ intoccabile: non può avere difetti, è come la mamma. Al punto che se anche una collaboratrice di TvBlog ne scrive bene, c’è chi è pronto a tacciarla di non aver capito, perché evidentemente non si è complimentata abbastanza.
Il che rende il compito del sottoscritto (quello di fare il poliziotto cattivo) ancor più arduo.
Perché se dici qualcosa di negativo su di Benigni, allora i casi sono due o tre al massimo, nel pensare collettivo:
a) non lo hai capito;
b) sei in malafede e devi criticare tutto per forza;
c) sei fascista o comunista o nazista (visto che le tre ideologie sono state equiparate da Benigni stesso), oppure sei berlusconiano;
Ah, sì, poi c’è il caso d): sei invidioso, e se proprio vuoi prova tu a fare meglio.
Scremiamo subito: se pensate a), b), c) o d) potete anche smettere di leggere e passare direttamente a cliccare sui commenti e lasciare qualche insulto diretto al sottoscritto. Se invece avete voglia di leggere e poi magari fare quattro chiacchiere in merito, allora proseguiamo insieme.
Benigni parte con Berlusconi.
E se Berlusconi sembra ruminare le stesse quattro frasi trite e ritrite, gli stessi quattro concetti semplificati e sloganistici (con i quali, peraltro, ha vinto parecchie volte), be’, anche le battute su Berlusconi hanno lo stesso effetto. Sarebbe stato così bello partire senza citarlo. Parlar d’altro. E invece no, perché siamo talmente intrisi di (anti)berlusconismo che non si può fare quel che si farebbe con chiunque altro che si fosse reso protagonista di un imbarazzo televisivo come quello di domenica pomeriggio (e precedenti e seguenti che verranno, ovviamente): ignorarlo. Ignorarlo sembra semplicemente impossibile.
Benigni non solo non lo ignora ma dedica al Cav un’introduzione da 30 minuti buoni, con annessa storia dal Medioevo a oggi, raccontata con ironia (anti)berlusconiana. Perché? Perché è questo che ci meritiamo? Il tifo? Uno contro l’altro acriticamente? Iniziare con B. è un’occasione perduta: l’occasione di consegnare definitivamente il passato più recente all’oblio della storia.
Poi arriva la Costituzione.
E qui, Benigni deve far l’acrobata.
Pareggiare comunismo e fascismo (poteva pareggiare Hitler e Stalin: sarebbe stata una semplificazione decisamente più attinente alla storia), citare per forza di cose Andreotti fra i padri fondatori facendo una battutina edulcorata, sorvolare sulle pieghe della storia. Se non altro, riesce a salvare i valori della Resistenza. Almeno quello.
Salvo poi entusiasmarsi per tutto.
Articoli che sembrano scritti «a Woodstock», dice, che «mandano al manicomio», padri fondatori che «non avevano nemmeno fumato», che «erano sobri» quando hanno scritto la più bella Costituzione del Mondo. Bella, è bella, chi può dire di no.
L’edulcorazione vagamente populista prosegue, per esempio, quando il comico dice che l’unificazione dell’Europa avviene in pace (non è che la guerra sia per forza da combattersi coi carri armati: è in corso, per esempio, una cruenta guerra sociale, pacifica solo perché non utilizza armi convenzionali; è in corso la guerra dei mercati contro i più deboli).
Come tutte le storie ben raccontate e appassionate, La più bella del mondo è agiografia pura. E come tutte le agiografie, è acritica. Certo, c’è il messaggio amaro finale: l’unico dei 12 articoli che fanno parte dei Principi fondamentali veramente applicato è quello che riguarda la bandiera.
Benigni, insomma, semplifica. Alleggerisce una lezione di educazione civica e fa quasi spavento pensare che gli italiani non la conoscano, la loro Costituzione, e che abbiano bisogno di questo ripassino. Ma ne hanno bisogno, è evidente. Se no non si entusiasmerebbero così tanto.
Io, per quel che mi riguarda, sento un enorme bisogno di una realtà raccontata in maniera più approfondita e complessa, sento il bisogno delle sfumature e della critica puntuale, sento il bisogno di qualcosa di più di una passeggiata all’acqua di rose fra articoli della Costituzione. So che la Costituzione è nata sulle fondamenta di un valore che avrebbe dovuto essere nominato dal comico-esegeta: l’antifascismo. So che voglio qualcosa che non posso avere. Non in Italia. Non qui ed ora. E allora mi tengo le mie voglie e i miei modelli (che non sono da Rai1, è ovvio. Non sono per famiglie. Non sono rassicuranti) e mi scuso, fin d’ora, se qualcuno si sentirà offeso dal fatto che esistano persone che non rispondono alle categorie a) b) c) o d) di cui sopra, ma che ritengono ugualmente che, no, non è di queste semplificazioni che abbiamo bisogno.
Ma di qualche shock per riprenderci da un torpore secolare che ci porta ad applaudire, prima o poi, chiunque abbia un microfono in mano e due telecamere puntate addosso.
Shock come questo (di George Carlin), boccate d’aria di pensiero vero e non uniformato, di cultura dissacrante, di monologhi che danno un senso alla loro esistenza.
Niente di rassicurante, certo. E’ quel che piace a me, ed è per questo che, sapendo di avere ovviamente dei preconcetti, ho chiesto a Giorgia di scrivere il suo pezzo. Perché qui a TvBlog, anche se parliamo solo di televisione, il pensiero unico è bandito.