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Io non mi arrendo, le fiction d’impegno civile si scontra con la semplificazione

Io non mi arrendo cerca di raccontare una storia realmente accaduta ed al centro di alcuni dibattiti semplificandone la narrazione e rischiando così di sminuirne il valore che avrebbe potuto portare nel racconto

pubblicato 15 Febbraio 2016 aggiornato 2 Settembre 2020 04:37

Giuseppe Fiorello è un attore che vuole portare in tv, nelle sue fiction, personaggi dal forte impegno civile, con vicende legate alla storia del nostro Paese: anche in Io non mi arrendo ha voluto raccontare una storia realmente accaduta, quella di Roberto Mancini, poliziotto che scoprì per primo la quantità di rifiuti tossici portati dalla criminalità in Campania.

Una storia come questa meritava di diventare un film-tv, ma meritava anche un trattamento migliore. Nel rappresentare la storia di Mancini e della sua indagine, che lo ha portato a scoprire il traffico di rifiuti tossici che ha avvelenato numerosi territori, la fiction si perde in una quantità di semplificazioni e riduzioni narrative che attenuano la forza del messaggio di questa vicenda.

La prima parte del film-tv, forse anche per l’esigenza di dover realizzare due puntate, si perde troppo in scene che, più che raccontare il protagonista ed il suo percorso verso la consapevolezza di stare indagando su una situazione che diventerà un caso pubblico al centro di polemiche e dibattiti, tratteggia la figura di Marco Giordano (personaggio ispirato a Mancini) come fosse un personaggio di un poliziesco qualsiasi.

Sembra quasi di vedere, in alcune scene, un episodio di Distretto di Polizia: la struttura narrativa, che unisce il caso alla vita privata dei personaggi, fino alla descrizione di un villain, l’avvocato Gaetano Russo (Massimo Popolizio), che diventa il perno delle indagini e colui contro cui lavorare. In mezzo, qualche battuta, momenti più intimi e dialoghi che portano in tv la situazione della Terra dei Fuochi senza coinvolgere politici e giustificazioni.

Se nella sua realizzazione Io non mi arrendo delude un po’, resta comunque il merito per Raiuno di aver voluto rendere comprensibile al pubblico una vicenda che i telegiornali raccontano soffermandosi sulla cronaca e su ciò che non viene fatto per migliorare le condizioni di quei territori.

Evidentemente l’intenzione degli autori era quella di non limitarsi a dare delle nozioni al pubblico e coinvolgerlo in una vicenda prima umana e poi legata al nostro Paese. Un’idea che non si può biasimare, ma che nel momento di metterla in pratica ha risentito della necessità di doversi incontrare con il pubblico generalista, drammatizzando gli eventi meno legati ai fatti realmente accaduti e con l’idea che raccontare una storia come questa non potesse incuriosirlo abbastanza.