Sanremo 2016, il Festival e il rebus della controprogrammazione
Controprogrammazione sì o controprogrammazione no?
La storia recente ci ha insegnato che ci sono stati festival e festival.
Non è mai esistito il Festival della Canzone Italiana in sensu stricto ma tipologie di eventi diversi, per atmosfera, per contenuti, per conduzione, accomunati esclusivamente dalla gara delle canzoni.
Dal passaggio dai Festival di Sanremo di Fabio Fazio a quello di Carlo Conti, ne siamo usciti con i capelli sconvolti e lo stomaco in subbuglio come dopo un giro sul tagadà.
Se i Sanremo di Fazio, infatti, si sono rivelati due eventi radical-chic, intellettuali o intellettualoidi decidete voi, con scelte musicali controtendenti a logiche televisive, il primo Sanremo di Carlo Conti si è rivelato nettamente agli antipodi, asservito al mainstream, così pop che più pop non si poteva.
E il Sanremo 2016 non si preannuncia così diverso da quello dell’anno scorso, sia per quanto riguarda gli artisti in gara (14 big provenienti dai talent show) che per quanto concerne il contorno extramusicale.
“Non so fare la tv intellettuale”, ha recentemente dichiarato Carlo Conti. Da intellettuale a popolare, però, c’è una terra di mezzo che potrebbe essere perlomeno esplorata. O no?
Il discorso si sposta sulla controprogrammazione, quindi.
Controprogrammazione sì o controprogrammazione no?
Controprogrammare può essere sinonimo di scelta coraggiosa ma anche di pavidità fine a se stessa.
Non controprogrammare può essere sinonimo di scelta saggia ma anche di esplicita dichiarazione di assoggettamento.
Ma Sanremo è un evento e non può essere certo trattato alla stregua di un programma qualsiasi.
Considerata l’estrema levatura popolare del Festival di Sanremo bis di Carlo Conti, fermare la controprogrammazione, per quanto riguarda Mediaset e C’è posta per te in primis, appare come una scelta sensata.
In fin dei conti, la De Filippi sarà comunque presente indirettamente grazie ai Dear Jack, Alessio Bernabei, Deborah Iurato, Annalisa e Valerio Scanu, tutti lanciati da Amici.
Controprogrammare, nel caso della De Filippi, sarebbe come autosgambettarsi.
In molti, però, potrebbero tirare fuori il caso in cui Sanremo fu battuto dal Grande Fratello.
Era il 2004. La puntata del GF trasmessa giovedì 4 marzo 2004 fu il primo programma capace di vincere su una serata del Festival: 8.334.000 spettatori, con share del 32,26%, del GF, contro i 6.961.000 spettatori, con share di 29,28% di Sanremo.
Ma c’è una cosa che va ricordata e che viene bellamente ignorata da molti: il Sanremo 2004 fu il Festival boicottato dalle major discografiche, una gara musicale tra artisti semi-sconosciuti al grande pubblico all’epoca (tranne Marco Masini che, non a caso, vinse), con il super-ospite Dustin Hoffman utilizzato per due serate e con Simona Ventura che ebbe il coraggio di accollarsi l’onere di un’edizione del Festival mai così incerta.
In quel caso, controprogrammare aveva un senso.
La controprogrammazione, quindi, non è una scelta che vale aprioristicamente per tutte le edizioni: si guarda, si valuta, si decide.
Al calcio, invece, non glie ne frega nulla di questi discorsi: sabato 13 febbraio, ci sarà Juventus – Napoli, sfida cruciale per la Serie A.
L’unico ostacolo per il Sanremo bis di Conti sarà questo.
E i nemici del Festival, contrari alla mancata controprogrammazione, avranno comunque di che gioire.