X Factor 2 – La recensione
X Factor in calo negli ascolti. Chi se ne frega, di solito chi vi scrive pensa in questi casi. La connessione tra ascolti e buon programma a volte è così labile che associarli può rivelarsi pericoloso. E’ doveroso invece andare a scandagliare i motivi presumibili di questo (temporaneo?) insuccesso. Posto che ce ne sia uno.
X Factor in calo negli ascolti. Chi se ne frega, di solito chi vi scrive pensa in questi casi. La connessione tra ascolti e buon programma a volte è così labile che associarli può rivelarsi pericoloso. E’ doveroso invece andare a scandagliare i motivi presumibili di questo (temporaneo?) insuccesso. Posto che ce ne sia uno. Premesso che le valutazioni che leggerete sarebbero identiche anche se avesse mai battuto qualsivoglia concorrenza. Non tutti i vincitori usano le armi migliori, ma i perdenti senza dubbio non hanno saputo difendersi. Vediamo perché.
I concorrenti: alcuni sono talentuosi, altri non lo sono per nulla. Alcuni ragazzi talentuosi in tecnica vocale non hanno l’X Factor nemmeno in lontananza. I momenti appetibili, garanzia di emozioni, sono scostanti. I brani affidati sono a volte ben lontani dal tirare fuori dall’artista il meglio, quello che il pubblico vuole sentire ad ogni esibizione, seppur con differenze e motivazioni inverse. L’intento è quello di creare un crescendo? Forse, ma il punto di partenza per ora rimane in alcuni casi mediocre.
I giurati: le discussioni tra Simona Ventura, Morgan e Mara Maionchi sono molto più consapevoli dello scorso anno e peccano di poca spontaneità. I giudizi verso i cantanti sono quasi sempre fin troppo bonari e poco lucidi. Rendere più “mediterraneo” il format non deve assolutamente coincidere con una rafforzata educazione affettiva nelle opinioni, nelle quali alle volte è davvero difficile rispecchiarsi. Ma cosa avranno ascoltato?
Lo studio: Lo studio “alla seconda” di X Factor è meglio del primo, ma preso da solo è solo una grande scatola vuota. Luca Tommassini, non è la prima volta che viene detto in sede web, potrebbe essere stato sopravvalutato. Lo show che ricerca la strada coreografica non riesce ad essere coadiuvante con il fondamentale ruolo del canto. I cantanti di X Factor, professionali ma non sempre professionisti, vanno abituati lentamente agli artifici, spesso molto lontani dal loro modo di vedere e vivere la musica. Il palco magari brilla, ma il cantante deconcentrato poi non ci emoziona. E le idee del coreografo hanno un non so che di riciclo e non odorano di genialità.
Francesco Facchinetti: conduzione snella, simpatica, molto godibile e mai soporifera. Ha di fronte un’orchestra indisciplinata senza le braccia abbastanza abili per controllarla sempre nel modo ideale. Il peso che da format ha il conduttore nel talent è assolutamente minore. E in questa seconda versione italiana, Facchinetti fa pure più del dovuto. Ogni tanto si dimentica di parlare con il pubblico a casa.
Far parlare molto di più i genitori e i parenti, dare più spazio al dialogo non troppo motivato, una certa deconcentrazione degli autori verso il perno di interesse del programma, ovvero le esibizioni, allunga il braccio verso un pubblico che dall’altra parte del ponte ci sta benissimo. Rafforziamo la nicchia e coltiviamola senza deluderla, altrimenti pure quella si dirada.