Tv Talk, Matteo Maffucci fa un test da opinionista nella Rai del papà. Ma è ancora acerbo per Rai3
Matteo Maffucci è un attento spettatore ed esperto di televisione, ma a Tv Talk si è fatto trattare da “ragazzino”
“Ci sono ancora gli Zero Assoluto?” “Certo, Bernardini. Si deve aggiornare però!”. Così è cominciato il test in onda di Matteo Maffucci come opinionista. Si era capito da tempo che il ruolo del ‘sei bellissimo’ della musica per ragazzine gli è sempre stato stretto (di recente è stato ospite a Fronte sul palco, col socio Thomas De Gasperi, e praticamente il programma poteva condurlo lui).
Non a caso Sky gli fece un provino come conduttore di X Factor, prima di prendere il più esperto Alessandro Cattelan (a quanto pare anche Matteo non si sentiva pronto). E non a caso, poi, sempre Sky gli ha ridato una seconda occasione, rivelatasi vincente, come giudice di Rds Academy: la sua parlantina si è sposata benissimo con un talent sulla radiofonia. Sempre per Sky, stavolta Arte, Maffucci ha fatto uno di quei programmi di nicchia sulla street art, in collaborazione con Muro, una di quelle cose che fanno curriculum e vedono (forse) in due.
La generalista, però, resta la vetrina più ambita di tutte. E non è un caso che un programma borghese come Tv Talk, abituato a interpellare giornalisti di lungo corso o baroni della materia televisiva, abbia dato una chance all’eterno pensatore giovanilista. Matteo, infatti, è cresciuto a pane e Rai, di cui suo padre è stato storico dirigente, nonché Direttore artistico di tanti Festival.
Quindi un pizzico di endorsement ci sarà stato – d’altronde Maffucci ha anche avuto per anni l’editoriale fighetto su Vanity, che non capita a tutte le popstar – e Matteo non se l’è giocata al massimo. Forse perché intimidito dall’istituzionalità del contesto, forse perché infastidito dallo sfotto iniziale di Bernardini, si è un po’ incartato nel voler dire mille cose, risultando ancora “acerbo” per il pubblico generalista. Interpellato, innanzitutto, sul nuovo proliferare dei programmi musicali, ha dichiarato:
“Ci sono ragioni dovute al successo che parte nelle altre piattaforme. I talent hanno riportato la voglia in qualche modo di raccontare la musica, quella già istituzionalizzata, già presente. Devo dire che negli anni c’è stato proprio un buco, tutti i programmi televisivi sono morti pian piano, quelli che c’erano negli anni Ottanta. Però andava di moda che la musica in televisione non faceva ascolti, confortato anche da dati. Il talent ha ridato vita a tutto questo. Non c’è mai stato quell’approfondimento nella scrittura narrativa, vedere semplicemente un concerto e finirla là… Raccontarla sarebbe meglio”.
Poi si è trovato tra Chef Rubio e la Parodi a commentare il fenomeno dei cooking show:
“E’ particolarmente street facendo lui soprattutto street food, rientra nei parametri. E’ come vedere un videoclip di gente che va sullo skate. Ma l’aspetto che trovo straordinario in Unti e bisonti è sdoganare l’insdoganabile, il baracchino quando esci dai club, quel panino con dentro la salamella, la salsiccia, mangiarlo e riuscire a trasportarlo in televisione… Nobilitarlo in televisione e farlo diventare cibo è una di quelle cose che io ho festeggiato, io adoro, mangerei solo cose così. Siamo, d’altra parte, in una fase in cui di cucina se ne parla fin troppo. La tv generalista è divisa tra talk a sfondo politico e di attualità e programmi di cucina. La cucina sta alla tv come l’hip hop sta alla musica. E’ un genere di moda ma, quando una moda diventa un’esperienza per appassionarsi a qualcosa, è il caso di Rubio”.
Siamo sicuri che il pubblico di Rai3 sia pronto alla filosofia di vita di Maffucci, che ha fatto della spontaneità cazzara e di un’ininterrotta adolescenza artistica il suo marchio di fabbrica e, proprio per questo, rischia di non essere mai preso sul serio dagli adulti? Lo sberleffo iniziale di Bernardini, anche alla luce della sua immagine immutata negli anni, dà da pensare…
Ma questo pezzo, in fondo, è scritto da chi “gli vuole bene” e lo invita a crescere sul serio (professionalmente), visto il suo enorme potenziale creativo. Perché, caro Matteo, per sopravvivere nella tv chic, bisogna anche un po’ imparare a fingere.