Gianluca Neri contro il “metodo Iene” che “influenza il processo” e grazia Alfonso Signorini
Macchianera accusa Le Iene di aver ‘graziato’ il “potente direttore di un giornale di proprietà dello stesso editore”, ossia Alfonso Signorini
Gianluca Neri risponde al servizio trasmesso domenica da Le Iene e che lo riguarda direttamente. Si tratta della vicenda giudiziaria in merito al presunto furto di foto ai vip in cui sono coinvolti, oltre a Macchianera, le giornaliste Selvaggia Lucarelli e Guia Soncini.
Se la penna de Il Fatto Quotidiano ha replicato al servizio di Luigi Pelazza con un post su Facebook nel quale ha anche attaccato la collega Soncini, Neri ha messo online un altro video (lo trovate in apertura di post) dell’intervista rilasciata al programma di Italia 1 (Che – tra parentesi – in passato aveva pubblicamente criticato per il caso Stamina) e ha offerto una spiegazione più o meno dettagliata sul suo sito:
Davvero non ho molto da dire – e lo faccio qui controvoglia – sulla faccenda di cui hanno parlato le Iene. Sto in realtà aspettando che, per me, parli in tribunale (che è il luogo preposto per discutere queste vicende, e non si trova su un tasto del telecomando) la mancanza di una prova verificabile da un qualsiasi esperto di informatica che si riscontra nelle 500 pagine dell’indagine. E che parli anche l’assenza di alcuni nomi che invece nelle pagine dell’inchiesta ci sono ma, curiosamente, la fanno franca. Così come la fanno franca nel servizio de Le Iene che, da quel che ho capito io, dovrebbero essere quelli che non guardano in faccia nessuno. Viene fuori innanzitutto che, ehi, curiosamente ci sono dei precedenti, e poi che non è proprio così: se uno è un potente direttore di un giornale di proprietà del tuo stesso editore, beh, quello è uno dei casi in cui si può anche guardare dall’altra parte.
Il riferimento implicito è, evidentemente, ad Alfonso Signorini direttore del settimanale Chi e citato da Elisabetta Canalis anche nel servizio. Neri prosegue parlando del “metodo Iene” e dando una particolare definizione delle interviste realizzate dal programma di Davide Parenti:
Se per caso foste curiosi di vedere da vicino come funziona il “metodo Iene” e che cosa viene tagliato o cosa viene tenuto di un’intervista di più di un’ora da cui vengono estrapolati pochi secondi, qui c’è un montaggio di 20 minuti (su un’ora e un minuto della versione integrale, che comunque conservo: ho accettato di darla solo a condizione che potessi riprendere anche io) dell’intervista a Luigi Pelazza. Pubblico un video più lungo di quello che hanno utilizzato in puntata (e senza che sia una sorpresa per loro: sapevano che stavo riprendendo anche io perché ho chiesto di poterlo fare) perché dai pochi secondi mandati in onda probabilmente è sembrato che non abbia voluto rispondere: non è così, e potete verificarlo. Poi ditemi voi se – pur montato in modo parziale: del resto l’ho fatto io, è inevitabile – non vi sembra almeno un po’ più pieno di domande e di risposte volte a chiarire la questione rispetto alle granitiche affermazioni presenti nell’originale che aveva già chiaro tutto anche se il processo doveva ancora iniziare.
Tra le curiosità da segnalare (e ce ne sarebbero decine e decine ma, come dicevo, bisognerebbe averci la voglia di andare a sfrucugliare in un genere, quello delle “ambush interview“, che sta al vero e coraggioso giornalismo d’inchiesta come il guano sta alla crème brûlée) c’è, ad esempio, che il personaggio che è stato presentato come “esperto di computer forensic” (come se ne avessero scelto uno a caso: toh, guarda, andiamo a chiedere a quello, che è un esperto riconosciuto nel campo e ci darà un parere imparziale) era in realtà il consulente della Canalis.
Neri conclude così:
Per il resto, ecco, c’è un tribunale e c’è un giudice. Come società abbiamo delegato a lui – e fortunatamente non a un tizio con un completo nero e dotato di telecamera – il compito di decidere chi è colpevole e chi no. Come società – credo – dovremmo chiedere al tizio in nero di aspettare il processo, invece di influenzarlo utilizzando carte di cui non dovrebbe essere in possesso (atti d’indagine e sms e messaggi privati tecnicamente non divulgabili: poi chi è che viola la privacy?) e traendo le sue conclusioni in pubblico, in diretta, il giorno prima che inizi. Poi, certo, ognuno di noi può desiderare in segreto di voler delegare l’accertamento della verità e l’amministrazione della giustizia a un tizio in frac o a un personaggio di pelouche. Nel caso, si sappia che la mia scelta ricade sul pupazzo Uàn, che mi sembra quello più credibile.