Telethon 2008: La storia di Andrea, un Angelo caduto dal cielo
Andrea è un bambino. Andrea ha una mamma che si chiama Roberta. Andrea ha un papà che si chiama Luca. Andrea ha una nonna che si chiama Miranda. Andrea è un bambino con un sorriso contagioso. Andrea gioca, Andrea ama ed è amato. Andrea si diverte. Andrea vive. Un giorno, a quattro anni, la sua
Andrea è un bambino. Andrea ha una mamma che si chiama Roberta. Andrea ha un papà che si chiama Luca. Andrea ha una nonna che si chiama Miranda. Andrea è un bambino con un sorriso contagioso. Andrea gioca, Andrea ama ed è amato. Andrea si diverte. Andrea vive. Un giorno, a quattro anni, la sua mamma ed il suo papà scoprono che ha la mucopolisaccaridosi, una malattia genetica che non permette al corpo di liberarsi delle proprie scorie. La diagnosi è crudele e per Andrea inizia un processo degenerativo che lo porta ora a non poter vedere, non poter parlare e non poter camminare. Le aspettative di vita sono molte ridotte.
Ma Andrea sente, sente l’amore che lo circonda. Andrea trasmette, trasmette l’amore a chi gli sta accanto. Mamma Roberta racconta che Andrea ora risponde con un sorriso e seppur non potendo guardare gli altri bambini, i suoi amici bambini, quando è con loro è felice e si diverte. Si perché Andrea è felice, racconta sempre mamma Roberta, pur dietro alle sbarre della sua terribile malattia. Oggi raccontiamo la sua storia, la raccontiamo anche con un contributo filmato che trovate dopo il continua. Ma quella di Andrea è una delle tante storie, di bambini e non solo, toccati da queste terribili malattie.
Storie raccontate in questi giorni dal Telethon , che come ogni anno, attraverso la maratona televisiva in onda su RaiUno e su RaiDue in questo fine settimana, raccoglie fondi per la ricerca contro queste malattie. Servizio pubblico allo stato puro questo, non misurabile con auditel e neppure con qualitel, ma vera essenza di quello che dovrebbe essere, principalmente la Rai.
Una storia toccante quella di Andrea che accende le nostre coscienze. Mamma Roberta conclude il suo racconto con queste parole:
“Vorrei essere sicura che al mattino, quando vado nella sua stanza, lo trovo sempre o sveglio o li che mi aspetta”
E senza voler dar lezioni a nessuno, io credo che sia anche nostro dovere, per esempio aiutando la ricerca, far si che ciò accada. Ecco il filmato che racconta questa storia: