Duccio Forzano si prepara a una nuova stagione densa di appuntamenti e di (sicuri) successi, tra le nuove edizioni di Che Fuori Tempo che Fa e di Che Tempo Che Fa e il reboot di Rischiatutto, al via l’11 febbraio su Rai 3 (contro Sanremo 2016, quindi). Tre progetti che lo vedono ancora accanto a Fabio Fazio. Non sarà più, invece, nella cabina di regia di diMartedì, il talk show politico di La7 condotto da Giovanni Floris: un addio dovuto solo agli impegni previsti per la stagione tv. Del resto 10 puntate di Rischiatutto, con annessa preparazione, sarebbero già sufficienti a riempire l’agenda di un professionista qualunque, ma non di Forzano: lui, che con le mani in mano non ci sa stare, cerca sempre nuovi progetti da vivere e da affrontare, nuovi linguaggi da testare, muovi formati da esplorare. E la sua incursione nel mondo delle web series con CeleRentola e Professione: Libraio lo dimostrano.
Occhi puntati, però, su Rischiatutto, di cui sono partiti i primi promo e di cui è stato pubblicato il regolamento. Difficile non partire proprio dal quiz di Mike Bongiorno: la curiosità ci spinge a chiedergli qualcosa sull’idea alla base della mise en scene del ‘remake’. Qualche settimana fa, peraltro, Sorrisi ha pubblicato delle rare immagini a colori dello studio di Mike: ci si è ispirati per la nuova scenografia?
Ovviamente Forzano non vuole rovinare la sorpresa. Ma certo è che per chi, come lui, ha seguito il Rischiatutto quand’era bambino (“E’ andato in onda tra i miei 10 e i 13 anni. E mi piaceva”) vedere quelle foto è stata un’emozione. E non solo:
“Quando abbiamo preparato il promo, in onda in questi giorni, mi sono permesso di colorare l’omino. Ma immagini sue a colori non ce ne sono. Anche sul gioco da tavolo era in bianco e nero! Ma ho avuto una ‘visione’, una qualche rimembranza ‘cervellotica’ di questo omino in giacca verde… e l’ho colorato”.
Le foto a colori apparse dagli archivi Rai, però, sono di grande ispirazione, confessa il regista:
“Non posso e non voglio dire troppo, però, quello che vogliamo fare è andare a cercare la scenografia di Mike”.
Un modo per sottolineare la vicinanza alla complessità del quiz originario, di gran lunga più difficile di qualsivoglia game degli ultimi decenni. Dal punto di vista estetico, ovviamente, non si può non tener conto dei 40 anni passati:
“Non si potrà fare esattamente quello che si faceva negli anni ’70. Lo sto rivedendo tutto. Rispetto a oggi c’è una certa lentezza, il ritmo era diverso, le camere erano messe in un certo modo… E’ chiaro che ci sarà una chiara citazione a ciò che era, ma siamo nell’era 2.0 e qualcosa bisognerà inventarsi. Non si può essere come allora e non si può essere come oggi: bisogna quindi cercare una chiave di lettura capace di mischiare i due linguaggi”.
Un’impresa non facile quella di tradurre senza tradire, di conservare lo spirito del tempo ‘d’origine’ riuscendo a trasferirlo al telespettatore ‘d’arrivo’, per usare una terminologia casa agli studi traduttologici. Difficile, infatti, fare i conti con un pezzo dell’immaginario collettivo. Quale sia il percorso ideato da Forzano non è ancora dato saperlo, ma conoscendo il suo modo di ‘disegnare’ le immagini e di costruire il testo audiovisivo ci sarà di che stupirsi e divertirsi, un po’ come era per il pubblico della Rai anni ’70, pronta ad emozionarsi al countdown e al Rischio. A guidare tutta l’operazione, però, c’è il gran rispetto per Mike e la sua creatura. E per il suo pubblico.
Abbiamo poi cercato di farci portavoci della campagna “Basta applausi a diMartedì e Che Tempo Che Fa“, ma purtroppo possiamo poco: visto l’impegno con Rischiatutto e con il weekend di Rai 3, Forzano ha concluso la sua esperienza con il talk di Floris su La7. Ma, si sappia, appoggia la nostra mozione:
“Finché sono stato su Twitter, perché ora non ci sono più, ho scherzato anche io sugli applausi a diMartedì. Purtroppo lì non avevo potere… Quella era una scelta che viene da altre fonti e che non posso gestire, per cui li ho subiti. Applaudivo anche io in regia”.
Oltre ai tre impegni televisivi, Forzano non si ferma: la parola noia non appartiene al suo dizionario, né a quello della moglie Valentina Stangherlin, sceneggiatrice e sua preziosa compagna di vita e lavoro. Chissà che non arrivi una nuova web-serie e, perché no, una vera e propria serie tv:
“Io di progetti ne ho tanti. Il problema poi è farli. Qui in Italia siamo molto indietro. A parte Sky e Sollima, che è un regista straordinario, a parte quel piccolo gruppo, insomma, per il resto siamo indietro di 30 anni rispetto, ad esempio, agli USA, dove la serialità è una vera e propria industria. Mi auguro ci si arrivi presto anche da noi e mi auguro di essere preso in considerazione qualora questa cosa dovesse accadere”.
In una tv dominata dall’horror vacui, il tocco di Forzano si riconosce subito. L’ispirazione degli show della Rai anni ’60 e ’70 si avverte:
“Per me il Maestro è Antonello Falqui. E ancora oggi mi stupisco del coraggio. E’ vero che all’epoca non c’erano molti termini di paragone, mentre oggi con mille canali e molti che provano a fare varietà il confronto è moltiplicato. Lì però c’era attenzione a tutto, dal costume alla luce. Non è vero che uno arriva in studio, accende le luci ed è tutto fatto. Bisogna impegnarsi. E il regista dev’essere il primo rompiscatole che si impegna a far sì che l’immagine, a prescindere dai contenuti, sia perfetta. Immagine e contenuti viaggiano di pari passo. Tu cambi canale quando VEDI qualcosa di bello, non quando senti qualcosa di bello. Se è ‘fico’ ti fermi. L’estetica è basilare”
aggiunge Forzano. La sua ‘scuola’? Che Tempo che Fa.
“L’estetica la impari. Io venivo dal varietà e Che Tempo Che Fa è stata la mia scuola. Ma tutta l’esperienza fatta con Fiorello e col varietà, da Stasera Pago io a Torno Sabato, l’ho trasportata a Che Tempo Che Fa, in un talk. E credo che non ci sia nessun talk in Italia, e ci metto anche il ‘fu’ Letterman, così attento al racconto dei personaggi con i colori, le inquadrature, senza stacchi ansiogeni”.
Ma qual è il sogno di Forzano?
“I sogni sono sempre tantissimi: da un programma per bambini al telegiornale. E non sto scherzando. Sono tutti piatti, bisognerebbe metterli un po’ a posto. Quando arrivi a fare tante cose, come quattro Festival di Sanremo, pensi: ‘E ora?’. Ci sono due possibilità: o smetti o ricominci da cose piccole, per farle crescere, per confrontarsi con i giovani. Il mio sogno è portare un soffio di novità in una tv che fatica a rinnovarsi”.
Del resto noi veniamo dalla stagione dei remake/reboot: in fondo anche Rischiatutto appartiene a quel filone.
“Le idee ci sono… ma funziona come l’allineamento dei pianeti: sei hai l’idea non c’è nessuno che la capisce, quando hai qualcuno che le capisce non hai l’idea. Quando questa chiave di Fibonacci si metterà in linea magari queste cose usciranno. Bisogna aspettare”.
Il nodo resta, quindi, quello della produzione:
“Sento autori, registi, colleghi che hanno belle idee, ma non ci sono i soldi. Aspettiamo questo allineamento, che sono certo avverrà”.
E se si pensa di poter fare a meno dei soldi, Forzano ricorda a tutti quanto sia fondamentale il riconoscimento del lavoro. E del salario.
“I soldi sono importanti. Non si può continuare a dire alla gente di lavorare senza un compenso. Anche poco, ma va pagata. Non si può continuare a lavorare, anche se per passione, ma senza un minimo riscontro economico”
chiosa Forzano, con quel suo sguardo brillante che sembra osservare e ‘assorbire’ intorno a sé cose impercettibili agli altri occhi umani. E con lui la parola ‘Maestro’ acquista tutte le sfumature di senso possibili. Senza retorica.