Un format sbagliato in partenza e ulteriormente mal declinato all’italiana. Una produzione Fascino che si dimentica di un botto l’impatto della performance a Italia’s got talent, rispolverando la morte di fama degna dei Raccomandati Rai. Un numero zero degno della tv vecchissima di stato e a essa accomunato dallo stesso buonismo borghese.
Queste, in sintesi, le evidentissime pecche di The Winner Is (qui il live della prima puntata), un format né carne né pesce. Non è abbastanza convincente come quiz, visto che si regalano dai 10.000 ai 30.000 euro random senza alcuna meritocrazia e, al tempo stesso, il montepremi della finalissima sarà “appena” di 100mila euro.
Non è per nulla coinvolgente come talent, visto che le esibizioni sono quasi tutte passatiste e i partecipanti hanno tutti un potenziale da pianobar. Le sfide avvengono su brani diversi e gli stessi abbinamenti sono talmente arbitrari da rischiare di condizionare fortemente il verdetto della puntata. Della serie, con quale criterio mettere due ragazzine brave già in semifinale, anziché dar loro la possibile di scontrarsi in finale?
La stessa giurata demoscopica “silente” vota senza alcuna motivazione, avendo come portavoce parlante il solo Rudy Zerbi che dà consigli invasivi o, più spesso, semplicemente fuorvianti. Per lui il montepremi diventa “una mazzetta” da condannare, perché “non bisogna mettere in vendita i propri sogni”. E allora, se si azzera il dilemma, che senso ha farci un format?
Claudia Donato vince la prima puntata di The Winner Is
Il tutto con un ritmo di una lentezza spaventosa, esasperato dall’abuso di tappeti musicali telenovelici che creano una suspense artefatta.
In realtà il verdetto di ogni sfida appare scontato. Ognuno dei contendenti, scafato in meccanismi tv, indovina già se vincerà o perderà. Perciò il perdente annunciato o accetta i soldi, per uscirne almeno bene economicamente, o se li rifiuta è solo per orgoglio e ostentata autostima. La sola sorpresa, semmai, l’ha data il verdetto finale, che non ha assecondato il caso umano premiando il talento di Claudia Donato.
La peggior ipocrisia, comunque, si è rivelata quella dei genitori disoccupati che fingono di assecondare le aspirazioni dei figli. Ma nessuno ha il coraggio di dirgli che è meglio prendersi i soldi ora, anziché diventi gli ennesimi, sfigati, ex concorrenti di un talent caduti nell’anonimato? E dire che un bottino intascato senza merito poteva essere l’unica occasione di riscatto, nonché uno schiaffo dato a una tv di illusioni perdute.
Gerry Scotti, in tutto questo, alterna predicozzi insopportabili sulla crisi economica – su cui però qui si sputa sopra rifiutando soldi in maniera superficiale – alla sindrome da officiante del Milionario, che lo vede fare un passo indietro rispetto alla spontaneità in Io canto e Italia’s.
Tutto a The Winner is (salvo solo lo studio, dal sapore piacevolmente internazionale) fa acqua da tutte le parti e sa di finto, di vecchio, di plastificato. Il montaggio, anziché serrato, è dilatato, quasi a rendere l’idea di una bolla di sapone destinata a scoppiare.
Se a tutto questo aggiungete la consulenza dei parenti nelle casette con relativa melassa da emotainment, The Winner Is… è ufficialmente la versione annacquata e regredita di Italia’s got talent. Nonché l’ennesimo format in cui, se Maria De Filippi non ci ha messo la faccia, ci sarà un perché.