Medici miei: Iacchetti e Covatta non lasciano spazio, e la sit-com diventa un deja-vù di gag
Italiani, popolo di ipocondriaci. O solo pazzi di medical drama, meglio se americani. Proprio per questo, il duo Iacchetti–Covatta ha rinunciato anche al tentativo di avvicinarsi alle serie statunitensi nel realizzare il loro “Medici miei” (gallery), partito con buoni ascolti come segnalato dal nostro Share.Per chi, alla vigilia di questa prima tv, aveva azzardato il
Italiani, popolo di ipocondriaci. O solo pazzi di medical drama, meglio se americani. Proprio per questo, il duo Iacchetti–Covatta ha rinunciato anche al tentativo di avvicinarsi alle serie statunitensi nel realizzare il loro “Medici miei” (gallery), partito con buoni ascolti come segnalato dal nostro Share.
Per chi, alla vigilia di questa prima tv, aveva azzardato il confronto con la regina della comedy in corsia “Scrubs”, la risposta è arrivata fin dai primi minuti: nessuna imitazione -al massimo una presa in giro, con la figura del “Dottor Ross”/Antonio Cupo, dallo stesso nome del medico che portò alla fama George Clooney-, nessuna comedy, solo sit-com all’italiana. Coi limiti che ciò impone.
Le vicende si reggono tutte sui due medici protagonisti, e gli altri dottori, infermieri ed affini formano solo una cornice che dà la spinta a battute e situazioni che però poi vengono sempre prese al balzo e “giocate” proprio da Iacchetti e Covatta, che non tradiscono il loro stile e basano la loro comicità sulla ripetitività di gag –vedasi quella del “consulto medico”-, che una volta fa sorridere, la seconda un po’ di meno e la terza inizia a far pensare di star vivendo dei deja-vù.
Quello che fa più pesare la visione della sit-com è proprio la sua durata: un prodotto di questo genere non dovrebbe andare oltre i 20-30 minuti, per non perdere di ritmo. Figuriamoci quando, come in questo caso, il ritmo resta scarso. Molto meglio prenderlo a piccole dosi: 3 episodi di fila sono davvero tanti.
Il risultato è un prodotto che si fa guardare per situazioni e battute dai piccoli ma che cerca di strizzare l’occhio anche ai più grandi (ed a questo scopo includiamo l’eccessiva promozione da parte della Canalis nei giorni scorsi, anche se poi il suo ruolo si perde per strada).
Ed a proposito degli altri personaggi, è un peccato che siano ridotti a semplici macchiette, per nulla sviluppate e poco coinvolte nelle storie. Storie che mostrano, è giusto dirlo, uno sforzo creativo di voler fare qualcosa di divertente e surrealistico, che strappi un sorriso. Ma che si perdono dopo poco, per lasciare spazio a battute che danno la sensazione di voler allungare il brodo.
Come dicevamo, è chiaro come “Medici miei” non cerchi il paragone con le grandi serie, ma questo non può essere un alibi né si deve considerare un pregio. Si fa bene a pensare alla sit-com italiana come prodotto a sé stante, ma si farebbe meglio anche a ripensarla.
Concludiamo con una piccola curiosità: tra i co-protagonisti, troviamo nei panni dell’anestetista “gasista” Alessandro Sampaoli, ormai confinato al ruolo dello sfigato dopo l’exploit del suo Silvano in “Camera Cafè”. Come per dire, se ha funzionato una volta, funzionerà ancora. Ma non tutte le cure hanno lo stesso effetto su ogni paziente.