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Propaganda Live apre le porte al talk. Così il programma rischia di snaturarsi

Venerdì a Propaganda Live lunghe interviste a Pierluigi Bersani e Damiano Tommasi. Il programma di Diego Bianchi rischia di perdere il suo tratto distintivo

pubblicato 19 Novembre 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 03:36

C’era una volta Gazebo e quel modo alternativo di raccontare la politica e l’attualità in generale. L’occhio critico sul circo mediatico, la videocamerina pronta a sbirciare dove gli altri programmi televisivi non arrivavano e la satira di costume, facilitata dall’apertura originalissima al mondo dei social network.

Molto di questo è rimasto con Propaganda Live, altro è andato inevitabilmente perduto. Perché nel frattempo di quel circo mediatico si è diventati partecipi. E se a questo si aggiunge che a volte il politico da vittima diventa un complice (e persino fan), il corto circuito è bello che innescato.

Il meccanismo si è inceppato definitivamente venerdì, quando a Propaganda sono state spalancate le porte al talk. Un lungo blocco di mezzora è stato dedicato a Pierluigi Bersani, con Zoro che ha vestito i panni di un Floris o una Gruber qualsiasi.

Al centro del dibattito le mosse di Articolo Uno, i difficili rapporti col Partito Democratico e le estenuanti questioni su future coalizioni, veti, alleanze e liti a sinistra. Tutto drammaticamente serio, fatta eccezione per il tutorial di Marco Dambrosio, accolto come acqua nel deserto.

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Finita qui? Manco per sogno. Poco dopo è stata la volta di Damiano Tommasi e qui Bianchi ha dato vita ad una riflessione sull’attuale situazione del calcio, che poi altro non era che una maniera per sostenere il dimissionamento di Carlo Tavecchio (con la promozione di Tommasi?) dalla guida della Figc.

Cronometro alla mano, i due segmenti hanno occupato circa un terzo della trasmissione, spalmata dalle 21.30 a mezzanotte e mezza, come ogni buon prodotto di prima serata che voglia strizzare l’occhio allo share impone.

Va detto che il trasloco da Raitre a La7 non ha stravolto il principio di fondo, la struttura originaria, tantomeno i protagonisti. A mutare è stata semmai la missione, meno scanzonata e più impegnata, a cui si aggiunge la nuova collocazione in palinsesto.

Ai tempi di Gazebo, la striscia di un’ora in seconda serata consentiva di comprimere temi e sbavature e ancora meglio andava in access prime time, con Bianchi sintetizzava in venti minuti i fatti di giornata.

Più difficile l’impresa di fronte ad una prateria di tre ore, dove tanti sono i tasselli da riempire ed elevato è il rischio di gettare tutto nel calderone.

Ecco allora che l’inaugurazione del talk più che un utile riempitivo può rappresentare un grosso pericolo di snaturamento per un prodotto ancora unico nel suo genere che, per sopravvivere, non può permettersi contaminazioni così azzardate.

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