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Prima dell’alba, un Sottile diario di viaggio da Grand Tour

La notte ha più che altro il sapore della ‘sera’ borghese, un po’ distaccata, solo a tratti buia e affascinante e davvero colta nei suoi segreti.

pubblicato 20 Marzo 2018 aggiornato 1 Settembre 2020 02:01

Il Tigrotto e l’eros Animalesque nel cuore di Roma vs la schiavitù dei Sikh nelle campagne di Latina: sono questi i momenti più interessanti della prima notte di Salvo Sottile in giro per lo Stivale con Prima dell’alba, format originale prodotto da Stand by Me e in onda per quattro settimane nella seconda serata del lunedì di Rai 3. La libertà del piacere contro la prigionia dello sfruttamento sono le principali facce della ‘medaglia’ notturna dell’Italia raccontata da un Salvo Sottile finalmente libero dalla gabbia degli studi tv: sempre ‘mandato da Rai 3, Sottile torna però a godersi la gioia della cronaca di strada. 

Prima dell’alba, il diario di viaggio del cronista Sottile

Prima dell’alba è un diario di viaggio: cronista solitario nella notte italiana, Sottile si mette al volante avvolto dalle luci gialle dell’EUR in salsa suburra in un prologo registicamente degno di una serie tv. Inizia così un giro d’Italia che lo vede essenzialmente in veste di narratore, non di protagonista e di questo va dato merito a lui e alla scrittura. Sua la voice-over nel raccordo tra le varie tappe della sua notte, suo il volto nelle brevi escursioni nella realtà degli altri, ma il suo stile solitamente ‘scattoso’ qui si modula in maniera più morbida, più adatta a un racconto notturno, non ansiogeno, ma nemmeno particolarmente approfondito.

Prima dell’alba non restituisce la profondità dell’inchiesta, ma si presenta come una torcia illuminata sui tanti angoli delle nostre notti (più spesso, sere): alcuni sono davvero bui – come il riciclaggio del denaro sporco nei Bingo sui cui Sottile accende un veloce spot -, alcuni nascosti – come le “feste innocenti e sfacciate” degli ‘attivisti sex positive’ -, altri volutamente ignorati dai più – come lo sfruttamento degli immigrati nei campi, che però offrono una testimonianza di comunità che la cattolica Italia sembra non ricordare più -, altri sotto gli occhi di tutti, come la movida barese.

Basterebbe questo per confezionare una puntata, ma nei 45′ della prima (con il quarto d’ora iniziale estrapolato in un’anteprima che è però totalmente organica al format) c’è molto altro: si parte dal Broker notturno di Firenze all’elettricista delle Luci di Bari, il Bingo romano e la Discoteca ‘over’ di Latina, oltre alla notte dei giovani baresi, alla comunità degli ‘schiavi’ sikh, ai tigrotti coccolosi. Quello di Sottile è un viaggio supersonico in cui la volontà di raccontare di tutto e di più finisce per lasciare al telespettatore il senso di ‘toccate e fuga’, un po’ da turista giapponese. Immagino che l’idea sia proprio quella di restituire un puzzle senza ancoraggi di luogo, che dia il senso della frastagliata notte italiana nel suo complesso e nella sua complessità. Ma a contraddire questa (presunta) volontà di unità di luogo ci si mette la ‘violazione’ dell’unità di tempo: si costruisce una progressione temporale che parte a mezzanotte a Roma e si conclude immaginando l’alba sul lungomare di Bari. Come nelle fiction, quindi, si chiede di ‘sospendere l’incredulità’ in una convenzione narrativa che non inficia il racconto, ma che ne sottolinea una natura ‘letteraria’.

Lo testimonia, in fondo, anche lo stile di scrittura scelto da Sottile, che guarda con ammirazione all’impressionismo barocco di Franca Leosini: certi ossimori, certe ricercatezze lessicali fanno correre il pensiero lì dove ‘i passi sono biondi’ e ‘l’imbecillità sontuosa’ (cfr. Storie Maledette 18/03/2018).  Al netto delle parti in voice-over cui il cronista affida la parte auliche del suo racconto, Sottile assume il ruolo di compagno complice, curioso viaggiatore, turista in cerca di esperienze insolite, a sprazzi giornalista d’inchiesta là dove il tema lo richiede, ma senza ansie da prestazione, senza volontà di scoop. Il momento con la comunità sikh, però, è di quelli che ti afferra allo stomaco e ti mette con tutta semplicità davanti a un dato di fatto che spesso, troppo, dimentichiamo: lo sfruttamento degli extracomunitari, di chi in generale non ha diritti, al netto anche della nazionalità.

“Se qualcuno ti chiedesse se è il caso di cercare una nuova vita in Italia tu che gli risponderesti?” chiede Sottile, con dolcezza.

“No, non venire in Italia. Non è vita…”.

E questo scambio vale tutta la puntata.

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Un diario, dicevamo. Un diario di viaggio. Un diario di viaggio che definirei borghese, nel senso buono del termine, inteso come misurato, equilibrato, senza eccessi, col distacco di chi si sporca le mani per provare di tutto un po’. Un po’ come gli intellettuali sette-ottocenteschi assetati di culture e costumi, di realtà diverse e di usanze ignote, Prima dell’alba si aggira tra le strade italiane, con uno sguardo che registra, annota, riporta, cercando di ridurre al minimo il condizionamento che può derivare dal proprio filtro. Non sempre ci riesce il Sottile viaggiatore: in fondo il viaggio è il suo, e si fa vedere.

Prima dell’alba, la confezione

La confezione è quella curata cui ci ha abituato Stand by Me, anche se mediamente più ‘leziosa’ del solito sia nella fotografia, che appare particolarmente patinata, sia nella colonna sonora. Sembra quasi che ci sia una compiaciuta soddisfazione nella presentazione della playlist che va da I Corvi di “Ragazzo di strada” a Dalla di “Com’è profondo il mare”, passando per i Beatles di “Tomorrow never knows” e “Brickfield Nights” di The Boys. Una ricerca sottolineata dalla grafica che annuncia i brani, seguendo una tradizione che risale a NonSoloModa e che fu ripresa in tempi più recenti da Lucignolo, cui inevitabilmente si torna col pensiero guardando il programma non foss’altro che per affinità di cornice narrativa.

Tutto sembra semplice nelle mani di Sottile: la leggerezza nell’affrontare gli argomenti più vari si trasferisce anche nella resa produttiva. Tutto pare immediato, automatico e quasi si perde lo sforzo di una produzione del genere, che invece semplice non è per spostamenti, logistica, organizzazione, senza poi contare il montaggio e tutta la post-produzione. Tutto questo lavoro rischia di essere sottovalutato, così come i contenuti più interessanti, che finiscono per perdersi tra momenti superflui o di mero riempimento.

 

 

Il diario di viaggio di Sottile, dunque, ha le potenzialità per diventare una guida nelle notti italiane: per ora si ha l’impressione di essere in giro di sera, senza molte pretese. Vedremo cosa si racconterà nelle prossime puntate, anche per capire se c’è uno schema ripetuto nel bilanciamento tra contenuti ‘hard’ e ‘soft’.