Barbara De Rossi a Blogo: “Il Terzo Indizio, il femminicidio e l’impegno civile”
Barbara De Rossi torna alla conduzione de Il Terzo Indizio su Rete 4: intervista.
Questa sera, in prima serata su Rete 4, torna Il Terzo Indizio. Barbara De Rossi per il terzo anno consecutivo accompagnerà i telespettatori alla scoperta dei principali casi di cronaca degli ultimi anni. In particolare la trasmissione racconta il fenomeno del “femminicidio” con l’ausilio di docufiction che ricostruiscono gli atti processuali e gli eventi del caso. Nella prima puntata si partirà con la vicenda di Sara Di Pietrantonio uccisa da Vincenzo Paduano, guardia giurata 28enne, ex fidanzato della vittima.
Il femminicidio è ancora un problema serio.
“Centocinquanta donne ammazzate all’anno credo siano sufficienti per creare tanto movimento. Se ne parla da qualche anno in maniera molto incisiva e non lo facciamo solo noi, ma lo fa la cronaca e lo fanno tutti i programmi di informazione. Il fenomeno non tende a diminuire, anzi. Fino a quando non ci sarà un passo più deciso verso un inasprimento delle leggi per tutelare le persone che subiscono, probabilmente continueremo a leggere di donne ammazzate. E noi continueremo a occuparcene per cercare di sensibilizzare”.
Lei se ne occupa con grande sensibilità. La morbosità qui non è di casa.
“Il programma non è un mio show personale. Io accompagno i telespettatori per mano, con grande delicatezza e rispetto, e racconto loro una storia vera che serve a ricordare chi non c’è più, ma serve anche alle donne per capire cosa succede e magari riconoscersi. Non amo spettacolarizzare, il mio racconto è sempre stato fatto con estrema delicatezza. Senza mettere in piedi storie e storielline”.
Qual è l’importanza della docufiction?
“La docufiction serve a far capire quali sono i campanelli d’allarme. Si è capito che la docufiction, che non è un filmetto ma una ricostruzione fedele di un atti processuali e di una storia purtroppo vera, è uno strumento forte e immediato per far capire alle donne quali sono i segnali da cogliere in una storia che sembra meravigliosa. Tutte le storie di maltrattamento partono all’insegna del grande amore. L’iter è sempre lo stesso e noi lo mostriamo a chi guarda. Qualche donna può cogliere qualche segno che somiglia alla sua storia e denunciare”.
Vuole parlare delle somiglianze con Amore Criminale?
“Il terzo indizio ha un taglio giornalistico estremamente diverso da Amore Criminale. Intanto si avvale di una redazione giornalistica (Videonews, la stessa di Quarto Grado). La docufiction, poi, è stata inventata in America e nessuno può arrogarsi il diritto di rivendicarla”.
Oggi grazie a queste trasmissioni le donne hanno trovato il coraggio di denunciare?
“Via via che si sensibilizza, qualche donna trova il coraggio di denunciare. Sono dell’idea che le vicende vadano provate, ma quando sono provate e le denunce vengono ripetute questi casi vanno seguiti in maniera più celere. Spesso la velocità può salvare le persone. Le donne denunciano, però noi abbiamo il dovere di proteggerle”.
Vi occuperete in futuro anche di violenza sugli uomini?
“Spesso ce lo chiedono, anche sui social. Ci sono donne terrificanti che in fase di separazione fanno ritorsioni o dispetti agli uomini, ma è difficile che una donna arrivi ad uccidere, lo dimostrano le statistiche. Questo non significa che una donna sia autorizzata a praticare violenza: esistono e sono sempre esistite delle donne che hanno ucciso un uomo, ma non rientrano nel numero di donne uccise da casi di femminicidio”.
“Non è un lavoro ma un impegno civile”, ha detto spesso.
“Ero dalla parte delle donne già prima di farlo in tv. Già nel 1998 andavo insieme con Grazia Passeri alla Polizia di Stato a stilare statistiche per cercare di capire qualcosa in più su questo fenomeno, inoltre scrivevamo lettere aperte alla presidenza del consiglio e al consiglio dei ministri per cercare soluzioni su come arginarlo. Allora non c’erano le trasmissioni e non c’era l’attenzione dei media di oggi. Siamo nel 2018 e purtroppo siamo ancora qui a parlarne”.
Lei se ne occupa con le associazioni.
“Mi batto attivamente per le donne in maniera quotidiana. Non faccio chiacchiere. Da 22 anni ho un’associazione. La gente vede i programmi, ma dietro c’è un lavoro di persone normali che mettono tutti i giorni “le mani in pasta”. Sa quante donne mi scrivono? Tantissime ogni giorno. Io cerco di aiutarle. Passo le mie serate a dare loro delle indicazioni. Ma non Santa Maria Goretti, ci sono tante persone come me che lottano contro un fenomeno spaventoso. Ma non siamo un gruppo di femministe o di fanatiche, sia chiaro”.