Mondiali 2018, Massimo Callegari a Blogo: “Io erede di Sandro Piccinini? Grande onore e responsabilità, lui è il maestro”
“Sono freelance da una vita, a fine luglio scade il mio contratto triennale, ma sono troppo concentrato sui Mondiali per pensare al futuro…”
Oltre ai ‘blasonati’ Sandro Piccinini e Pierluigi Pardo (intervista Blogo), nella squadra di telecronisti messa in campo da Mediaset per i Mondiali di calcio in Russia iniziati ieri (la recensione di Blogo della cerimonia inaugurale) c’è anche Massimo Callegari. Da 11 anni a Cologno Monzese, il giornalista 40enne con un passato a Eurosport e Sportitalia da questa stagione è tornato a tempo pieno alla telecronaca, dopo essersi dedicato alla conduzione. Oggi il debutto con Egitto-Uruguay, in diretta su Italia 1 a partire dalle ore 14.
Blogo lo ha intervistato a poche ore dall’inizio della sua avventura mondiale.
Cosa non deve fare assolutamente un telecronista?
Confondere i giocatori, infastidire il telespettatore con informazioni e toni esasperati, parlare continuamente, non lasciare spazio alla seconda voce, distogliere attenzione e pathos dalla partita, dire inesattezze di regolamento, perdere il controllo della partita.
Cosa deve fare un telecronista?
Nominare i giocatori nel modo, nei tempi e con le pronunce corrette. Coinvolgere il telespettatore, dare informazioni nel momento giusto, avere uno stile riconoscibile, divertirsi per divertire chi lo segue in tv. E lasciare spazio alle immagini e all’atmosfera dello stadio: cosa più bella non c’è…
Come si prepara la telecronaca di una partita?
Ognuno ha il suo metodo. Sono molto geloso dei miei e mi appello al segreto professionale… L’aspetto fisico è importante tanto quello tecnico ed emotivo. La “pennica” pomeridiana quando ci sono le partite serali per me è sacra. Una corsa al mattino nei parchi di Londra o Madrid o sul lungomare di Barcellona è la mia rifinitura preferita.
Durante la telecronaca, sei connesso con lo smartphone o sei concentrato solo sulla partita?
Concentratissimo sulla partita. Lo smartphone mi serve solo per le comunicazioni tecniche/di servizio con coordinamento o nelle chat che creiamo coi colleghi e la produzione per le singole partite. Tengo solo aperte sul tablet le finestre con i dati essenziali dei giocatori.
Hai un modello di riferimento per la telecronaca?
La mia generazione (fine ‘70-primi ’80) ha avuto la fortuna di assistere all’evoluzione della telecronaca. Dal modello Rai di Martellini e Pizzul, già diversi tra loro peraltro, a quello di Telemontecarlo con Caputi, fino alla post-modernità di Tele +. In mezzo, lo spartiacque che ha segnato tutte le generazioni successive: il maestro Sandro Piccinini. Ha cambiato il nostro mestiere e ne ha riscritto i fondamentali come fece Brera per la carta stampata.
Per quale squadra tifi?
Sono di Ferrara, ho giocato nelle giovanili della Spal: vedere quelle mitiche maglie in Serie A è un’emozione incredibile. Penso sempre a come avrebbe vissuto questi anni gloriosi mio padre. Quando ero piccolo, mi raccontava della Spal di Massei, Capello e Reja e delle sfide con Milan, Juve, Inter… È fantastico che la storia possa ripetersi.
Sandro Piccinini ti ha definito uno dei suoi eredi. Pensi sia vero? Cosa ti accomuna a lui?
È un grandissimo onore e una bella responsabilità, per la quale mi sento pronto. Le responsabilità mi sono sempre piaciute, sono stato capitano in tante squadre giovanili in cui ho giocato. Le partite importanti mi esaltavano in campo e mi entusiasmano ora dalla tribuna. Con Sandro condivido la passione smisurata per il calcio e per la telecronaca, la cura dei dettagli nella preparazione della partita, dal punto di vista fisico (nostro) e tecnico (delle squadre). Per questo, con Roberto Cravero, siamo stati di recente a Bergamo per vedere da vicino Egitto e Colombia, che commenteremo ai Mondiali.
Sei tornato alla telecronaca dalla scorsa stagione. Lo hai richiesto tu o è semplicemente ‘capitato’?
È stata l’evoluzione di un percorso. Sono arrivato a Mediaset da telecronista di SportItalia e per 10 anni ho affinato la conduzione degli studi. Era il momento giusto per tornare telecronista a tempo pieno e ravvivare altre caratteristiche del mio bagaglio. Quest’anno ho fatto anche l’opinionista in studio a YouPremium e mi ha affascinato lo storytelling. Sia nella rubrica “Premium Show” su Italia 1, in cui raccontavo storie e personaggi dei campionati internazionali di Premium, che in “Amici Sportivi E Non” su Radio 105 il lunedì mattina.
Quanto è difficile rientrare nel ritmo da telecronaca dopo alcuni anni di pausa?
Non ho mai abbandonato le telecronache. In questi anni ho commentato semifinali e finali di Champions ed Europa League e anche la Serie A, quando gli impegni in studio me lo consentivano. Certo, il ritmo da 3 partite in 7 giorni Serie A-Champions-Serie A o da 7 in 21 è un’altra cosa, però l’effetto è solo positivo. Prepari le partite con più cognizione di causa e i riferimenti alle situazioni del campionato o della coppa in corso sono più immediati.
Nella tua carriera hai dovuto affrontare una telecronaca particolarmente difficile per fattori logistici, tecnici o personali?
Sì certo! Ne ricordo una col sorriso e una un po’ meno. La prima è la finale di ritorno di Libertadores 2005, al Morumbì di San Paolo: postazione dalla parte opposta alla tribuna e quindi telecamere invertite rispetto alla mia vista. Vedevo l’azione alla mia destra e commentavo il replay nel monitor a sinistra. Come marcare Messi per 90 minuti… Quella più fastidiosa fu un Marsiglia-Napoli di Champions. Stavano ristrutturando il Velodrome e ci hanno relegato in un container minuscolo. Ci furono incidenti vicino a noi poco prima della partita, il vento faceva volare i fogli con i dati dei giocatori, wi-fi e smartphone non prendevano: fu davvero complicata.
La telecronaca che più ti ha emozionato?
Difficile sceglierne solo una. Se devo scegliere: Manchester City-Monaco 5-3, ottavi di Champions 2016/17. Una serie indimenticabile di gol, ribaltoni e prodezze di Mbappé, Agüero, Sané, Falcao. Il giorno dopo guardammo gli ascolti e vedemmo che erano andati in crescendo per tutta la partita. La gente a casa passava su Canale 5 per dare un’occhiata, poi con tutto quello che succedeva è rimasta incollata alla tv fino alla fine.
Quale emozioni provi alla vigilia dei Mondiali?
È fantastico esserci. Un grande privilegio poterli raccontare dal vivo, in un periodo storico in cui molti pensano che i giornalisti possano fare tutto da uno stanzino con un monitor o un tablet. Esserci è l’essenza del nostro mestiere e voglio valorizzare questa grande opportunità di raccontarli direttamente dalla Russia.
Per Mediaset si tratta del primo Mondiale. Cosa offrirà in più, secondo te, rispetto a quelli raccontati finora da Rai e Sky?
Non mi piace giudicare il lavoro di colleghi che conosco e apprezzo. L’opportunità unica che offre Mediaset è di poter seguire tutte le 64 partite in chiaro, con una copertura totale dall’alba a mezzanotte, unendo competenza, intrattenimento e le tecnologie di ultima generazione: con le nostre app si potranno rivedere in tempo reale i gol, le azioni, le partite integrali. È un mix che ha potenzialità enormi.
Quante partite Mondiali racconterai?
Tante! Ci sto lavorando da due mesi, preparare le rose delle squadre prima delle convocazioni definitive è stata una bella avventura! Quante partite commenterò, e di quali squadre, sono informazioni riservate. Posso dire però che comincerò oggi alle 14 con Egitto-Uruguay e poi Argentina-Islanda sabato alle 15. Partenza di lusso con Suarez, Cavani, Messi e – spero – Salah.
Eri mai stato in Russia, per lavoro o per diletto? Quale aspetto, extra Mondiale, ti incuriosisce del Paese?
Solo una volta a San Pietroburgo per Zenit-Real di una decina di anni fa. La vastità della Russia e di Mosca mi affascina e mi impressiona. Siamo a Mosca da domenica, un tratto di metro equivale a 4-5 di quella di Milano e 2-3 di Londra.
Chi vincerà secondo te i Mondiali? E quale sarà la squadra rivelazione?
Il Brasile è la squadra più completa e compatta e ha Neymar riposato più degli altri big. Subito dietro vedo la Francia, è quella che ha più talento di tutte. Sulla “rivelazione” faccio una distinzione. Ci sono nazionali come Croazia, Belgio, Inghilterra (col grande handicap del portiere), Uruguay, Polonia e Colombia che hanno grandi o ottimi talenti e possono puntare addirittura alla semifinale. Altre che partono con meno aspettative ma possono raggiungere gli ottavi e da lì diventare mine vaganti: Perù, Senegal, Tunisia e Serbia.
Mondiale finito. Qual è la prima cosa che fai?
Abbraccio tutti insieme mia moglie Miriam e i nostri due gioiellini, Sofia e Nicolò.
Commenterai con Roberto Cravero le partite. Qual è il rapporto con lui?
Bellissimo. Professionale e di grande feeling personale. Abbiamo fatto tante trasferte insieme, ognuno rispetta le esigenze e i tempi dell’altro. E ci divertiamo un sacco. Come in telecronaca…
Il migliore telecronista di calcio in Italia chi è?
Noi telecronisti giudichiamo i calciatori, le nostre classifiche spettano a voi critici televisivi…
La migliore seconda voce nelle telecronache di calcio in Italia chi è?
Il livello di preparazione della categoria è molto alto, ormai hanno capito che è un mestiere vero e proprio, non un passatempo di fine carriera. Non faccio nomi italiani, mentre all’estero mi entusiasmano Gary Lineker, più conduttore che seconda voce di BBC e BT Sport, e l’argentino Diego Latorre, ex giocatore anche della Fiorentina. Due fuoriclasse assoluti!
Rimarrai a Mediaset nella prossima stagione?
Sono freelance da una vita, a fine luglio scade il mio contratto triennale. Sono troppo concentrato sui Mondiali per pensare al futuro.
Mediaset non ha i diritti per trasmettere nella prossima stagione partite di calcio. Sei pronto a valutare eventuali altre offerte professionali?
Sono a Mediaset da 11 anni con contratti annuali o triennali, è sempre stato un percorso di reciproca soddisfazione. Le mie aspettative e le mie ambizioni sono chiare. Ho un bagaglio completo, dalle telecronache alla conduzione allo storytelling. Mi piace affrontare nuove sfide ogni anno e ho sempre scelto il mio percorso in base alle motivazioni e all’entusiasmo che mi dava.
Hai ricevuto in questi mesi offerte professionali extra Mediaset?
Da freelance sono abituato da anni a valutare le opportunità che offre il mercato e a modellare la mia vita in base alle situazioni che si creano. Essere professionisti, però, significa rispettare i contratti e dare il massimo in quello che si fa, ogni giorno. Raccontare i Mondiali in chiaro (e tutte le mattine dalle 10 alle 12 su Radio 105 in 105 Friends) è troppo importante. Saranno 35 giorni speciali. Al futuro penserò dal 16 luglio…