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Orange is The New Black 6, la recensione in anteprima

La recensione in anteprima della sesta stagione di Orange is The New Black, dospinibile su Netflix dal 27 luglio 2018

pubblicato 26 Luglio 2018 aggiornato 31 Agosto 2020 23:07

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Se dovessimo mettere una linea di demarcazione all’interno delle stagioni di Orange Is The New Black, sarebbe tra la quarta e la quinta stagione, quando con la rivolta delle detenute ed il racconto in tredici episodi di sole tre giornate all’interno del penitenziario nel caos hanno cambiato le carte in tavola del racconto.

La sesta stagione, disponibile da venerdì 27 luglio 2018 su Netflix, rappresenta in realtà un nuovo punto di partenza, sia per la serie stessa che per le sue protagoniste. Sono lontani i tempi in cui Piper (Taylor Schilling) era al centro dell’attenzione in ogni episodio: la serie è ormai una dramedy corale, in cui le storie -ed il passato- delle numerose detenute si intrecciano per formare un tappeto dai mille colori da far percorrere ai temi che lo show vuole affrontare.

Perché, a ben vedere, la sesta stagione di Orange is The New Black si allontana dal semplice racconto dell’universo femminile che ha attraversato le prime stagioni, ed intraprende un percorso più consapevole (non che lo non fosse prima) delle tematiche che girano intorno agli Stati Uniti di oggi. Il centro resta il rispetto del detenuto e l’abuso di potere delle forze dell’ordine, ma c’è spazio anche per il movimento Black Lives Matter e per i diritti calpestati.

In mezzo, elemento sempre più forte ed introdotto nella quinta stagione, l’intromissione della Polizia nel rapporto tra le detenute e la Mcc, la società che ha acquisito il Litchfield: più che nelle altre stagioni, la sesta di Orange is The New Black mette le sue protagoniste di fronte non solo agli errori commessi in passato (e mostrati tramite i flashback), ma anche alle conseguenze del loro presente. E’ come se la serie di Netflix volesse spiccare il volo verso un futuro, qualsiasi esso sia, che porterà inevitabilmente ad una conclusione.

Lo show di Jenji Kohan è già stato rinnovato da tempo per una settima stagione che, sebbene manchino conferme, potrebbe essere l’ultima: sarebbe giusto che la saga di Piper e delle amiche e nemiche conosciute all’interno del Litchfied possa organizzarsi per un finale degno del successo e dell’impatto ottenuto dalla serie in questi anni. Orange is The New Black è stata una delle prime serie a rendere Netflix leader nella produzione di show capaci di finire dal primo episodio sulla bocca di tutti.

Proprio per questo, una delle serie ormai storiche della piattaforma merita di concludersi al meglio, senza trascinarsi per le lunghe e buttare dentro la trama nuovi personaggi solo per cercare di dare nuova linfa al cast. Un rischio che, per ora, viene scongiurato, con innesti ragionati ed utili a mostrare ancora una volta la varietà di storie che si possono trovare in luoghi come i penitenziari, ma che non va sottovalutato.

Sebbene la sesta stagione, a causa del trasferimento delle protagoniste in Massima Sicurezza e, quindi, in una nuova location con nuove regole, possa sembrare una sorta di “restart”, Orange is The New Black ha la maturità giusta per trasformarsi in serie contemporanea, ma non infinita.

Netflix