Il sorprendente Riccardo Muti e la disintermediazione televisiva (Video)
Riccardo Muti parla al pubblico al termine del Concerto per l’Umbria e nasce un racconto televisivo
C’è tutto un mondo intorno che
Gira ogni giorno e che
Fermare non potrai
E viva viva il mondo
Tu non girargli intorno
Ma entra dentro al mondo
Questo dicevano i Matia Bazar in una canzone di tanto tempo fa e anche la televisione -e non solo- dovrebbe tenere bene a mente il significato di questo testo, non fermandosi al consueto per l’inconsueto, a ciò che è comune rispetto al raro. C’è tutto un mondo da scoprire e che vale la pena di essere scoperto e che è anche “altro” rispetto a quello che si è abituati a vedere e a credere di vedere. E a proposito di questo capita che guardando la Tv, quando mancano 20 minuti all’una di notte, di imbattersi in un maestro d’orchestra di grande prestigio che parla a braccio (Muti per l’Umbria 2016-2018, venerdì Rai1).
Un maestro che sei abituato a vedere con la bacchetta in mano, molto rigoroso, quasi austero nell’esercizio della sua professione. Dall’esterno uno immagina quella persona appunto come un individuo ben lontano dai contorni di un ritratto squisitamente pop di una televisione di massa.
Poi capita appunto in una notte d’estate (non quella cantata da Bertin Osborne nella sigla di coda di un vecchio Sotto le stelle) in coda ad un concerto dedicato all’Umbria martoriata due anni fa da un terribile terremoto, di sentire il maestro Riccardo Muti, che ha appena diretto il concerto, fare una amabile chiacchierata a braccio con il pubblico presente a Norcia.
Ne esce appunto un immagine totalmente differente rispetto a quella che -magari- qualcuno pensa di un grande e prestigioso direttore d’orchestra (inutile qui che descriva ai lettori di TvBlog chi è Riccardo Muti).
Al termine di quella chiacchierata, che ha la sua parte centrale nell’appello ai governanti di istituire delle orchestre in ogni regione d’Italia, questo per dare lavoro a giovani musicisti che si diplomano, anche con lode e poi non trovano lavoro, ci appare un maestro Muti estremamente empatico, autorevole, ma allo stesso tempo simpatico e divertente. Come quando per esempio chiama “schitarrate” alcuni momenti musicali all’interno delle funzioni religiose e lo fa rivolgendosi ad alcuni alti prelati presenti fra il pubblico.
Non mancano ovviamente riferimenti alti alla musica del passato e ad incontri con altri grandi maestri, con citazioni sul significato della “parola”, sopratutto se accostata a momenti tragici come appunto per esempio il terremoto, o per arrivare a situazioni attuali, come per il tragico crollo del ponte di Genova.
Le parole molto spesso -dice Muti- risultano essere al di sotto del sentimento vero, perchè lo confondono, lo diminuiscono e facilmente cadono nella retorica. Il silenzio è molto più efficace delle frasi apparentemente sonanti, sottolinea il direttore d’orchestra.
Questi dieci minuti del maestro Muti all’una meno venti su Rai1 racchiudono molto di quello che potrebbe essere la televisione. Accostare cioè elementi alti a citazioni più popolari, questo per creare contrasti che spezzino la routine del pre-confezionato e non per elevare per forza la meccanica televisiva, sopratutto del servizio pubblico, ma più semplicemente o se preferite più banalmente, arricchirne la fluidità e la fruizione da parte di un pubblico non più solo orizzontale, ma anche verticale o meglio ancora, passatemi l’ardire quasi ironico, diagonale. Un pubblico vasto che si guarda in faccia e si fa due risate, mentre qualche secondo prima ha avuto modo di riflettere su alcuni temi anche importanti della nostra società.
Per fare questo occorre cercare delle persone che creino -paradossalmente- una disintermediazione fra ciò che viene presentato e ciò che arriva al pubblico, in un processo di fruizione parallelo che solo figure alte o basse, in una sorta di evoluzione inversa rispetto alla loro etichetta, possono riuscire a sviluppare.
In questo la -sorprendente- figura del maestro Riccardo Muti che abbiamo visto in coda al concerto per l’Umbria, appare per certi versi l’embrione di un processo proprio di questo tipo. Ma la strada è lunga e tortuosa e come tutte le strade più faticose e difficili da percorrere con tante trappole sul loro percorso, risultano essere anche quelle che possono dare maggiori soddisfazioni.