Home Notizie Black Mirror: Bandersnatch il giochino di fine anno di Netflix che si specchia nella sua bellezza

Black Mirror: Bandersnatch il giochino di fine anno di Netflix che si specchia nella sua bellezza

Black Mirror: Bandersnatch è un esperimento tecnologico-narrativo che nasce più per mostrare che per raccontare destinato (speriamo) a rimanere un caso isolato

pubblicato 28 Dicembre 2018 aggiornato 31 Agosto 2020 03:45

Netflix ha deciso di chiudere il proprio 2018 con un bel gioco di fine anno.

Prima il grande mistero a colpi di dichiarazioni rubate, finte rivelazioni, presunti avvistamenti di un episodio interattivo di Black Mirror, poi con l’episodio vero e proprio rilasciato il 28 dicembre.

Black Mirror: Bandersnatch non è un film, non è un episodio di una serie tv, è un divertimento fine a se stesso o una grande rivoluzione per la tv.

Fate la vostra scelta e questa recensione continuerà di conseguenza.

Per quanto possibile scrivere entrambi gli scenari, in questo caso quello qui sopra è più un simpatico riferimento all’episodio che un artificio realmente realizzato. L’unica scelta reale è se continuare o meno in questa lettura.

Dopo un paio d’ore passate a navigare tra i diversi scenari, la bilancia propende per la prima scelta: un divertimento fine a se stesso. Bandersnatch è un’esperienza interattiva in cui lo spettatore può scegliere tra diversi scenari costruendo un proprio per corso per arrivare a un determinato finale, ma le scelte dell’utente non sono ovviamente libere e spesso vengono indirizzate lungo una strada ben precisa. Fateci caso: più la scelta è moralmente inaccettabile più il gioco finisce rapidamente, il tempo scorre e assistiamo alle conseguenze della scelta.

L’esperienza di Black Mirror: Bandersnatch è difficile da analizzare e commentare in senso assoluto perchè può essere diversa per ciascuno di noi. Bandersnatch è un gioco single player, per rimanere nel mondo dei videogame, che strizza l’occhio al fascino degli anni ’80 che da Stranger Things a The Americans impazza in tv. Black Mirror: Bandersnatch è forse il primo caso di serie tv solipsistica, in cui l’individuo prevale sulla collettività, l’estremizzazione di quell’esperienza di serie tv personali, di serie tv per target ben precisi che in quest’epoca di abbondanza della serialità sta diventando sempre più preponderante. Bandersnatch è così un prodotto di massa che diventa personale, come se ciascuno spettatore di un reality potesse scegliersi i propri concorrenti e il proprio vincitore.

Ambientato nel 1984, è la storia di un aspirante programmatore che prova a realizzare un videogioco tratto da un libro-game di uno scrittore visionario e finisce per essere travolto dalla distorsione della propria realtà. Su questa traccia si innestano le possibili scelte dello spettatore. 

Bandersnatch vive di riferimenti meta testuali, spicca il volo quando mette realmente al primo posto lo spettatore, quando rimanda alla piattaforma in cui si muove, Netflix, e al mondo di cui fa parte, Black Mirror (occhi aperti ai vari titoli degli episodi precedenti di Black Mirror che appaiono nel corso dell’episodio). E, soprattutto, rende piacevole la visione in quelle scelte più estreme che nella vita reale magari non faremmo.

Black Mirror: Bandersnatch è poco più di un giochino in cui Netflix dimostra tutte le sue potenzialità, brilla e si esalta nella propria esistenza, nella propria capacità di concentrare l’attenzione mediatica in un periodo dell’anno in cui la televisione è per lo più spenta (anche se ormai ha sempre meno senso parlare di televisione, almeno nel mondo delle serie tv).

La dimostrazione di un potenziale presentato più come uno spauracchio per lo spettatore e per produttori e sceneggiatori, che come un nuovo standard da adattare ad altre serie tv. Un freddo esercizio tecnologico, senza un’anima e che resterà negli archivi della serialità, dell’intrattenimento contemporaneo più per il suo contenuto tecnico che per l’emozione capace di suscitare.

Il racconto seriale si presta ben poco a una fruizione interattiva, più adatta a un episodio singolo, autonomo, a un film tv o a una miniserie come fu nel caso di Mosaic di HBO in cui l’interattività venne declinata attraverso un’ app. Black Mirror: Bandersnatch proprio per questo ha un suo spazio autonomo rispetto al resto dell’universo Black Mirror nel catalogo Netflix. Un episodio extra e speciale staccato da tutto il resto e che con tutto il resto ha ben poco a che vedere.

Il futuro distopico e terrificante delle prime stagioni di Black Mirror, trova le sue origini in questo gioco interattivo in cui tutta la follia del futuro si nasconde in un passato contorto in cui si ritrovano tutte le cospirazioni, l’ossessione per il controllo, la paura per l’ignoto che c’è negli episodi delle prime stagioni di Black Mirror. Charlie Brooker, l’autore di questo e dei precedenti episodi di Black Mirror, mette nelle mani dello spettatore le sorti del protagonista, facendoci diventare parte integrante del racconto. Siamo i giudici del reality della vita e dal futuro controlliamo il passato del protagonista, finendo per perdere noi stessi in un groviglio di scelte in cui se da un lato è impossibile distrarsi, dall’altro è anche difficile entrare in sintonia con quanto si sta guardando.

Black Mirror: Bandersnatch è un’esperienza da vivere in solitaria, adatta a tutti i device, perfetta tra Natale e Capodanno, per prendersi una pausa dalle feste passate o ancora da iniziare.