Silvio, ancora Silvio, prepotentemente Silvio. Per l’ex presidente del Consiglio sono ben dodici le trasmissioni frequentate in appena nove giorni. Una vera e propria occupazione, capace di staccare persino i due vicepremier che, in quanto ospitate in tv, non si fanno mancare nulla.
Berlusconi è un caso più unico che raro. Innanzitutto perché stiamo parlando di un esponente (seppur di spicco) dell’opposizione, ma anche per la decisione – probabilmente studiata – di alternare momenti di totale sparizione dai radar a fasi di potente battage mediatico.
La maratona a reti unificate del Cavaliere – esclusi gli interventi radiofonici – è cominciata ufficialmente martedì 12 febbraio. Per lui un’apparizione a Pomeriggio Cinque, seguita ventiquattr’ore dopo dalla partecipazione a Stasera Italia.
Giovedì 14 è stato il turno di Porta a Porta, mentre venerdì Berlusconi ha fatto addirittura il tris, partendo da Agorà, proseguendo a L’Aria che tira e finendo in seconda serata a Povera Patria.
Sabato riposo, ma solo per assenza di salotti televisivi in palinsesto. Domenica è stato infatti di nuovo il turno della D’Urso, che lo ha invitato nel secondo blocco di Domenica Live.
Lunedì 18 altra tripletta a Mattino Cinque, da Paolo Liguori a TgCom24 e Quarta Repubblica. Il martedì sveglia presto per recarsi ad Omnibus e mercoledì appuntamento dalla Gruber a Otto e mezzo.
Calcolatrice alla mano, sono state 6 le partecipazioni nei talk Mediaset e 3 in quelli di Rai e La7. Un dato che probabilmente necessiterà di aggiornamenti, visto che le Elezioni Europee – dove il leader di Forza Italia sarà candidato – si terranno solo a fine maggio.
Lo stile di Berlusconi è sempre lo stesso e finisce col travolgere, chi più chi meno, tutti i conduttori. Loquace, strabordante, menefreghista di fronte ai rigidi tempi televisivi. Se gli togli la parola, lui se la riprende e ribatte con gli interessi, magari sgridando l’interlocutore.
Tuttavia, a depotenziare le sue ospitate è la ripetitività dei suoi interventi. Berlusconi non ha assi nella manica o clamorosi annunci in canna. Al contrario, preferisce scegliere alcuni temi e ribadirli all’infinito.
Ecco allora gli italiani “impazziti” per aver dato fiducia ai grillini, i Cinque Stelle che “non hanno mai lavorato in vita loro”, la magistratura politicizzata che gliene ha fatte di tutte i colori, la Tav “fondamentale per il progresso infrastrutturale del Paese“, il pericolo dello strapotere cinese e la nuova avventura al Monza, dove intende creare una squadra di italiani, sbarbati, leali e senza tatuaggi.
Non ci sono errori, non esistono pentimenti, la colpa semmai è degli alleati avuti al suo fianco. Qualsiasi contestazione del conduttore si schianta contro un muro di gomma: “L’unico rimpianto è non aver mai raggiunto il 51% di consensi”.
Un refrain che purtroppo restituisce allo spettatore lo strano e fastidioso déjà-vu’.