La Stagione della Caccia riporta su Rai 1 la Sicilia di Camilleri, appannatasi in Montalbano
La Stagione della Caccia riporta in tv i romanzi storici di Camilleri.
La Stagione della Caccia non ha, forse, una costruzione narrativa capace di soddisfare gli amanti del giallo, ma ha tutta la profondità della Sicilia barocca che Camilleri ha saputo disegnare con ironia e profondità non solo nei suoi romanzi storici, ma anche nelle indagini del Commissario Montalbano. Una capacità di racconto che televisivamente si è persa con le ultime serie di Montalbano, sempre più essenziali ed ellittiche in parte già in volume ma poi ulteriormente asciugate nella trasposizione tv. Quella ricchezza di sfumature torna a vivere in questo film tv della nuova ‘collection’ storica.
La Stagione della Caccia ci riporta in quel mondo apparentemente immobile animato invece da passioni e intrighi carsici che erodono una superficie opulenta e disgraziata, fatta di intrighi, adulteri, eredità, possedimenti. Una società che trova materializzazione nella fotografia, nei costumi, nelle scenografie e nella regia – insomma nella sua confezione rigogliosa e accurata – ancor più che nella narrazione, che pur riesce a rendere interessante non tanto la successione di omicidi – persino ‘comici’ nella loro trattazione – quanto il “secondo atto”, quello successivo alla morte della colonna portante della storia, il Marchese Filippo, e il terzo, quello della risoluzione di un caso che era letto dalla partenza ma che si risolve troppo velocemente, rovinando quella progressione che ha attraversato 7/8 di film tv.
La regia cerca di restituire quello spessore che la fabula riesce ad avere nel volume grazie alla penna di Camilleri cercando un intreccio fedele nella messa in scena e nel disegno dei personaggi: menzione speciale in questo senso alle interpretazioni di Ninni Bruschetta nel ruolo di padre Macaluso, e Tommaso Ragno, che anima un Marchese Filippo degno della scrittura divertita e divertente di Camilleri.
La Stagione della Caccia riconcilia con gli affreschi camilleriani, con quella capacità di raccontare società ambigue e personaggi di spessore e al contempo leggerissimi che rende la sua prosa ammaliante. In quanto affresco, la storia magari è meno appassionante per chi ama il ‘giallo classico’ e non la tessitura costante e inesorabile della tela di ragno che fa sì che la mente ‘delittuosa’ non solo compia il proprio delitto, ma riesca a costruirlo alla perfezione. In fondo il ‘giallo’ è solo una scusa per raccontare il resto, che viene confezionato come si deve, ma raccontato con un difetto nella conclusione e nel protagonista, che resta troppo appiattito dal resto della storia e non emerge mai, neanche in quello che dovrebbe essere il suo momento di maggior (dis)onore. Un difetto di non poco conto, visto che consuma la tensione in una confessione senza calore, anche se il finale letterario di Camilleri riesce a dare un senso anche a una chiusura così frettolosa. Per fortuna il racconto è oltre Fofò La Matina e Francesco Scianna.
La stagione della caccia, riassunto
A Vigàta arriva Fofò La Matina (Francesco Scianna), figlio del vecchio ‘camperi’ dell’anziano marchese Federico Peluso, che aveva un giardino misterioso e grandi capacità erboristiche. Il figlio del vecchio marchese, Filippo, si era rivolto proprio ai suoi segreti per avere un erede maschio, Rico. Sono passati alla morte del padre, Fofò aveva 10 anni e si trasferì a casa di un cugino a Palermo, ma il marchese lo ricorda: ricorda anche che quando aveva 10 anni lo beccò a fissare ‘affatato’ la figlia Antonietta, detta ‘Ntontò, che stava sul balcone e gli dette un calcione che lo fece volare a terra. Fofò dice di non ricordare nulla, ma in fondo non è così: è sempre stato innamorato di ‘Ntontò e inizia a tessere una tela di omicidi misteriosi che mirano a lasciar libera la ragazza. Ma le sue manovre sono così nascoste che nessuno sospetta neppur lontanamente di lui.
La prima morte sospetta avviene a due mesi dal suo arrivo a Vigàta: il vecchio Marchese, da tempo paralizzato, viene ritrovato morto a mare; poco dopo il figlio di Filippo, Rico, chiede di andare a trovare in campagna il campere Nicola Bonocore per cambiare aria, ma in realtà va lì a trovare Carolina, una pecora di cui è innamorato. Gran conoscitore di piante e funghi, viene però trovato avvelenato da funghi e muore anche lui. La mamma, Donna Matilde, è convinta che sia stato ucciso ed esce praticamente pazza: Filippo un po’ l’asseconda, ma in realtà cerca distrazioni nelle braccia della moglie del campere, Serafina. Della morte del padre, del figlio e della moglie ormai pazza sembra non interessarsi: chiede comunque l’intervento del farmacista Fofò per calmarla; lui le prescrive delle pillole e la sera stessa la Marchesa muore. Al Marchese l’unica cosa che gli preme è avere un altro figlio e mette a punto un piano con la complicità del campere, cornuto consapevole e avvantaggiato dal favore del Marchese. In pratica vuol mettere incinta Serafina, far credere a tutti che il figlio sia del Campere e poi manifestare interesse per l’adozione, vista l’assenza di eredi. La manovra riesce, anche se non si completa: per festeggiare la donazione delle terre del Campere al neonato, il Marchese e i ‘genitori’ organizzano una ricca cena, al termine della quale Filippo assume una pillola contro il bruciore di stomaco preparata da Fofò. Il Marchese viene ritrovato morto ai piedi di un dirupo, ma si sospetta del campere più che delle pillole del farmacista.
Ormai ‘Ntontò è sola, vergine, nubile e con nove anni di lutto da portare; ma deve sposarsi, visto che rischia di restare zitella con un titolo monco. In questa direzione lavora molto Don Macaluso. Un primo pretendente è il cugino della ragazza, Nenè, disposto a pagare il Vescovo perché vengano ridotti i tempi del lutto a un solo triennio. Ma l’arrivo dall’America di Salvatore Peluso, Zio Totò, fratello di Filippo – con tanto di moglie americana, cameriera di colore e factotum – guasta i piani di Nené, che si scopre essere pieno di amanti e di debiti, quindi alla ricerca di una dote. La sera stessa della rivelazione di Zio Totò, lui e tutta la sua famiglia vengono trovati morti avvelenati e poco lontano viene trovato morto anche Nené, per le conseguenze del suo diabete, si dice: le pillole preparate per lui dal Farmacista non sono bastate.
A questo punto ‘Ntontò è proprio sola, ma confessa al parroco di ‘accarezzarsi’ pensando a Fofò: e così il parroco praticamente costringe il farmacista a sposare la machesina, nonostante non abbia titoli, come invece voleva il padre, ormai defunto.
Missione compiuta quindi. Sei mesi dopo arriva a Vigàta un nuovo delegato di Polizia, da Asti. Incuriosito da quella sequenza di morti misteriose, nota che sono avvenute a intervalli regolari, ovvero a 2, 4, 8, 16, 32 mesi di distanza. A svelargli l’arcano, così, di punto in bianco, è proprio Fofò, che confessa tutti i suoi omicidi. Lo fa perché praticamente è deluso: quello che aveva sempre voluto si è rivelato ben poca cosa. E così si libera, confessa, viene processato e condannato a morte. In pratica ha ucciso anche se stesso.
La stagione della caccia, su Rai 1: anticipazioni, trama e cast del romanzo storico di Camilleri
C’era una volta Vigàta, la serie antologica dedicata ai romanzi storici di Andrea Camilleri, papà de Il Commissario Montalbano, riparte questa sera, lunedì 25 febbraio alle 21.25 su Rai 1 con La stagione della caccia, film tv diretto da Roan Johnson con protagonista Francesco Scianna e nel cast Miriam Dalmazio, Tommaso Ragno, Ninni Bruschetta, Giorgio Marchesi, Alessio Vassallo e con la partecipazione di Donatella Finocchiaro.
La serie antologica è una produzione è una produzione Palomar in collaborazione con Rai Fiction, prodotta da Carlo Degli Esposti e Nicola Serra con Max Gusberti, come Il Commissario Montalbano; a firmare la sceneggiatura con Andrea Camilleri, autore dell’omonimo romanzo da cui è tratto, ci sono Francesco Bruni e Leonardo Marini.
La stagione della caccia, la trama
Una lunga serie di morti apparentemente accidentali sconvolgono la famiglia Peluso, una nobile stirpe di proprietari terrieri ormai prossima alla definitiva decadenza. La ricchissima e potente casata viene progressivamente e misteriosamente decimata con un’impressionante successione di morti che ricorda molto quella delle prede in una battuta di caccia. Una mattanza che curiosamente inizia con l’arrivo a Vigata del giovane farmacista Fofò La Matina (Francesco Scianna), figlio del “camperi” dei marchesi Peluso, Santo La Matina, geloso custode dei segreti di piante miracolose. Il primo a morire è il vecchio marchese, Federico Maria Peluso (Tommaso Ragno) che viene ritrovato affogato a mare, carponi, pur essendo ormai fuori di testa e paralizzato; il figlio maschio dell’attuale Marchese Filippo (Lollo Franco), Rico (Michele Ragno), muore avvelenato dai funghi; muore, fuori di senno, la moglie, la marchesa Matilde (Donatella Finocchiaro), e poi muore anche il Marchese Peluso che era riuscito ad avere un secondo figlio maschio per vie ‘traverse’, dopo aver concepito il primogenito grazie alle erbe del camperi. Ma la lista dei morti continua con lo zio ‘d’America’, Totò (sempre Tommaso Ragno, qui in un doppio ruolo), che aveva fatto fortuna OltreOceano e muore con la moglie americana. Infine muore Nenè Impiduglia (Alessio Vassallo, un cugino che aveva invano cercato di accasarsi con ‘Ntontò (Miriam Dalmazia), la figlia del marchese, praticamente unica sopravvissuta. Che ne darà di lei?
Nel cast anche Ninni Bruschetta (Padre Macaluso), Giorgio Marchesi (Emiliano Saint Vincent), Alice Canzoneri (Serafina), Orio Scaduto (Bonocore), Gioia Spaziani (Clelia Tumminello), Bruno Torrisi (Barone Uccello), Alessandro Schiavo (Delegato Portera), Roland Litrico (Mimì).