Il Nome della Rosa, la magia di un racconto senza tempo che fa adattare la tv e non viceversa
La recensione della prima puntata de Il Nome della Rosa, la serie tv di Raiuno tratta dall’omonimo romanzo di Umberto Eco, con John Turturro nei panni del monaco Guglielmo da Baskerville, che giunge in un’Abbazia dove si stanno verificando dei misteriosi omicidi
Prima un best-seller internazionale, poi un film con Sean Connery e Christian Slater, ora una serie tv. Ci sono voluti quasi 40 anni, ma Il Nome della Rosa arriva in televisione, come serie evento, in onda da questa sera, 4 marzo 2019, alle 21:25 su Raiuno.
Il romanzo di Umberto Eco, che ha letto la sceneggiatura prima di venire a mancare, nel 2016, ha tutte le carte in tavola necessarie per essere sviluppato come serie tv. Una produzione internazionale, che coinvolge la 11 Marzo Film, Palomar, Rai Fiction e Tele München Group, che si è occupata anche della distribuzione all’estero, dove Il Nome della Rosa è già stato venduto in 130 Paesi, tra cui l’Inghilterra, dove andrà in onda sulla Bbc.
Merito di un racconto che già nel 1986, quando divenne film, attirò le attenzioni di tutto il mondo, fino ad incassare 77 milioni di dollari. Ora l’indagine di Guglielmo da Baskerville nell’Abbazia travolta da una serie di misteriosi omicidi arrivano anche in tv, grazie alla sceneggiatura di Andrea Porporati (autore anche del soggetto di serie), con Nigel Williams, John Turturro e Giacomo Battiato, quest’ultimo alla regia degli otto episodi prodotti.
Il Nome della Rosa, recensione
C’è qualcosa di magico ne Il Nome della Rosa, sia che si intenda il libro o il film o la serie tv che ha debuttato oggi su Raiuno. Il merito è di un genio, quello di Umberto Eco, che è riuscito a condensare in un racconto tante trame, tante tematiche ed un clima a dir poco affascinante. E’ una magia che fa sì che in un’ambientazione medievale anche il pubblico del 2019 possa ritrovarsi in un attimo, come se il libro fosse uscito ieri.
Se vogliamo guardare al lato contenutistico, Il Nome della Rosa riesce, allora come oggi, a mostrarci riflesso allo specchio, ancora di più in tempi in cui l’aria di complottismo e di paura della conoscenza si scontrano con il tentativo di difendere la cultura: è proprio quello che fa Guglielmo da Baskerville, ovvero aggrapparsi sempre a quella ragione che lo salva da ogni situazione.
Ma non ci sono lezioni o morali da apprendere: diventa così naturale rendersi conto di ciò di cui parla questa serie che non ci si sente indottrinati o a lezione. Si è, piuttosto, partecipi di un rito collettivo, in questo caso un mistero che fa sì che diventiamo tutti investigatori.
Guardano al lato produttivo, invece, c’è l’ennesima conferma che la pazienza paga. La Rai ha saputo pazientare e seminare riuscendo, in questi anni, a raccogliere i propri frutti. I sapori sono quelli dell’internazionalità senza perdere le proprie origini, della capacità di farsi valere all’estero e di attirare nomi che solo fino a qualche anno fa sarebbe stato impossibile immaginare potessero lavorare per la tv italiana.
Ora, invece, vedere John Turturro non solo recitare la parte del protagonista ma diventare anche produttore esecutivo di una serie la cui prima mondiale va in onda su Raiuno sembra quasi essere la normalità. Una normalità che ci porta sempre più in alto nella produzione di contenuti di qualità e che nulla hanno da invidiare a progetti ben più acclamati.
E’ questa la magia che Umberto Eco ha fatto e che ripete ancora: Il Nome della Rosa riesce ad avere in sé un concetto di modernità che supera le epoche, pur restando sempre agganciato al freddo di un’Abbazia del 1327. Non c’è bisogno di riadattare per nulla la trama, quando un capolavoro ha quelle caratteristiche che lo rendono senza tempo. Piuttosto, è il mezzo televisivo che ha dovuto adattarsi ed evolversi per poterlo accogliere. Questa è magia.
-Di seguito, il liveblogging della prima puntata del 4 marzo 2019 de Il Nome della Rosa-
Il Nome della Rosa, la trama
La serie tv è ambientata nel 1327. Guglielmo da Baskerville (Turturro), monaco francescano con un passato da inquisitore, viene chiamato per rappresentare l’ordine francescano, sostenuto dal futuro imperatore Ludovico di Baviera, nella Disputa che lo vedrà affrontare la delegazione papale, in un’Abbazia del Nord Italia gestita dall’Abate Abbone (Michael Emerson).
Lungo il suo viaggio, Guglielmo decide di portare con sé il giovane Adso da Melk (Damian Hardung), che sta scappando dalla volontà del padre, il Barone di Neuenberg (Sebastian Koch), di fargli intraprendere la carriera militare per seguire il suo sogno di diventare monaco.
Arrivati all’Abbazia, però, Guglielmo dovrà anche indagare su una serie di omicidi che stanno avvenendo e che stanno colpendo i monaci. Con la sua intelligenza fuori dal comune e la determinazione a trovare sempre una spiegazione logica, Guglielmo si mette alla ricerca del colpevole, rischiando di scoprire alcuni segreti sepolti da tempo.
Le sue indagini, però, si scontreranno con l’arrivo di Bernardo Gui (Rupert Everett) inquisitore che conosce bene il protagonista e che, mandato all’Abbazia da Papa Giovanni XXII (Techéky Karyo), ha l’ordine di fare di tutto pur di far mantenere al Papa il potere temporale e non solo quello spirituale.
Alle vicende di Bernardo e di Gui s’intrecciano anche quelle di Anna (Greta Scarano), figlia di Dolcino (Alessio Boni) monaco che tempo prima si era ribellato agli ordini della Chiesa. La giovane, ora, raggiunge l’Abbazia in cerca di vendetta, chiedendo aiuto a Remigio da Varagine (Fabrizio Bentivoglio), cellario con un passato da nascondere.
Una mega-produzione
Il Nome della Rosa ha avuto un costo di 26 milioni di euro. 300 gli attori impiegati, 3mila le comparse. La serie tv è stata girata quasi interamente a Cinecittà, su un set di tre teatri di posa ed un’area esterna di 4mila metri quadri.
La produzione ha tenuto conto dei suggerimenti forniti da Eco in fase di preparazione (si era raccomandato di non far fare cose brutte ai dolciniani). Lo scrittore è stato fonte di ispirazione anche nella scenografia della Biblioteca, uno dei luoghi chiave della serie, per cui sono stati usati alcuni disegni dell’autore.
Battiato ha definito la Biblioteca il quarto protagonista della serie: “un luogo-simbolo”, ha detto, “dove è contenuta e catalogata tutta la conoscenza umana, dove certe ‘informazioni’ vengono nascoste, dove si aggirano i pazzi. È una metafora visionaria di Internet che prende fuoco”.
“Una summa di storia, letteratura e filosofia”
Una vera e propria impresa, come l’ha definita il regista, a cui è toccato il compito di rendere accattivante per il pubblico televisivo di oggi un libro ricco di informazioni e tematiche. “Esperienza straordinaria quella di tradurre in immagini, in 8 episodi e nella maniera più fedele possibile, le 500 pagine di un grande libro che è molto più di un romanzo?”, ha spiegato Battiato. “E’ una summa di storia, letteratura e filosofia. È un richiamo potente che Eco fa, dalle mura di un’abbazia medievale in cima a una montagna incantata, agli uomini di oggi”.
Il Nome della Rosa, streaming
E’ possibile vedere Il Nome della Rosa in streaming sul sito ufficiale della Rai, mentre da domani sarà possibile vederlo in Guida Tv/Replay.
Il Nome della Rosa, social network
Si può commentare Il Nome della Rosa sulla pagina ufficiale di Facebook, o su Twitter, utilizzando l’hashtag #IlNomeDellaRosa.