Live – Non è la d’Urso, il Live Sentiment: come (e se) funziona
Abbiamo provato la funzione social per diventare parte attiva nella nuova trasmissione di Barbara d’Urso
Avete presente quei tablet all’uscita dei negozi che servono a registrare i giudizi dei clienti che hanno appena usufruito dei servizi del centro? Pollice recto o pollice verso, simboli di un’esperienza rispettivamente positiva o negativa, che esprimono in sintesi il sentiment relativo a una determinata prestazione. Da tempo, la pratica della sentiment analysis è sbarcata anche in televisione e consente alle trasmissioni di rendere note all’intera platea di telespettatori quali sono, secondo il parere di chi guarda e commenta il piccolo schermo attraverso i social, i personaggi più e meno stimati da casa.
Una sorta di televoto, di applausometro che registra battiti di mani e campanacci, di sondaggio istantaneo che ha raggiunto vasta popolarità fra i talk con Cartabianca di Bianca Berlinguer, e che ora è stato presentato come elemento-chiave di Live – Non è la d’Urso: durante la discussione in studio, che si parli di utero in affitto o di Fabrizio Corona, il pubblico che possiede uno smartphone con l’app Mediaset Play installata ha facoltà di esplicare o meno la propria ammirazione nei riguardi degli ospiti in studio. Sebbene non previsto durante il primo blocco, quello dell’incontro davanti alle telecamere fra Loredana Lecciso ed Al Bano, il meccanismo di critica virtuale ha funzionato piuttosto egregiamente per tutta la (lunghissima) durata della trasmissione: dieci voti disponibili per ogni sessione, assegnabili a uno o più protagonisti del nuovo salotto. Niente bug da voti doppi.
Si tratta dell’ennesimo esperimento di social television, che connette piccolo e piccolissimo schermo e rende attivi i fruitori dei contenuti, almeno nelle intenzioni. In effetti, proprio come il cliente che rivela il proprio giudizio sulla gentilezza del commesso sulla soglia delle porte scorrevoli di un negozio, poco prima di lasciare l’esercizio con la propria busta di prodotti acquistati, anche in questo caso l’esito dell’indagine arriva in fretta e furia alla conclusione del blocco, prima della pubblicità, senza contribuire ad aprire nuovi dibattiti; a Cartabianca viene talvolta registrato, quanto meno, il risultato iniziale o parziale del sondaggio sul sentiment, che consente alla conduttrice di tirare le somme e fare le dovute considerazioni sui dati a una seconda lettura. A Live – Non è la d’Urso, invece, le poltrone si colorano appena una volta di verde e di rosso (proprio come nel muro di The Wall) e le percentuali di voto appaiono soltanto sull’applicazione e sul sito Internet.
Indubbiamente è un sistema piuttosto originale che, scalciando via la finestra sui tweet “rilevanti” dal sottopancia, potrà dimostrare in futuro le potenzialità effettive del dialogo fra i media; lavoro di cesello toccherà, però, soprattutto a coloro che si occupano delle tempistiche della pubblicazione di queste ricerche sul sentiment: in che modo potrà mai esprimersi il pubblico sulla discussione in ascensore fra Alex Belli e l’ex moglie, se durante il faccia a faccia i riflettori sono rimasti puntati sul fratello di Meghan Markle? Il rischio di un voto di pancia, non basato sulle parole pronunciate in diretta, ma sulla simpatia pregressa, è pertanto dietro l’angolo: in casi simili sembra che risonanza venga conferita ai sentimenti, “quelli veri”, più che al sentiment, che al netto dell’economia della prima puntata del programma merita un coinvolgimento più efficace nelle dinamiche del talk.