The Big Bang Theory e Game of Thrones, siamo al finale: ecco perché si chiude un’era
Con i finali di The Big Bang Theory e Game of Thrones, in onda a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, si chiude un’era per la televisione: ecco perché
12 anni ed 8 anni. Lassi di tempo non da poco, anche in quello che sembra un flusso continuo ed eterno di immagini come è, di fatto, il mezzo televisivo. Eppure, anche la tv ha dei cicli che iniziano e che si concludono per lasciare spazio a nuove fasi. E’ quello che stiamo vivendo in questi giorni, su due diversi fronti, uno legato alla tv generalista, l’altro alla tv via cavo.
Stiamo parlando di The Big Bang Theory e di Game of Thrones, che il caso (ed il palinsesto) ha voluto far concludere nel giro di pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. La comedy della Cbs chiuderà i battenti questa sera, giovedì 16 maggio; la serie evento della Hbo, invece, il 19. In entrambi i casi, milioni di telespettatori non solo negli Stati Uniti dovranno salutare i propri beniamini ed affrontare la fine di un’era, così come in passato è già accaduto con la conclusione di altre serie tv che hanno segnato -chi più, chi meno- il linguaggio televisivo.
Perchè parliamo di fine di un’era? Perché a ben pensarci, sia The Big Bang Theory che Game of Thrones sono tra le ultime serie tv che hanno potuto beneficiare di una fruizione inizialmente esclusivamente catodica. Nel 2007, quando abbiamo incontrato per la prima volta Leonard (Johnny Galecki), Sheldon (Jim Parsons) e Penny (Kaley Cuoco) lo streaming non era ancora cosa nota al grande pubblico e la tv generalista poteva ancora vantare un dominio che, però, iniziava ad essere minato (lo era già da qualche anno, a dirla tutta) dalla tv via cavo. Nel 2011, quando Game of Thrones fece il suo debutto sulla Hbo, Netflix aveva da poco annunciato l’avvio delle produzioni originali: il boom dello streaming sarebbe arrivato a breve.
E’ innegabile che il successo di entrambe le serie si debba anche alla possibilità, per numerosi fan, di recuperare le stagioni passate proprio grazie alle piattaforme online. Ed entrambi i network ne hanno beneficiato. Ma la fine di questa era non deve essere associata alle nuove modalità di fruizione che esistono oggi rispetto a (relativamente) pochi anni fa.
The Big Bang Theory e Game of Thrones hanno costruito un’eredità che difficilmente qualche altra serie tv raccoglierà a breve. Nel primo caso, Chuck Lorre ha avuto l’intuizione geniale di portare in tv una figura, quella del nerd, e renderla irresistibilmente divertente, sfruttando l’onda di popolarità del reality Beauty and the Geek (da noi La Pupa e il Secchione). Far ridere su un tema attuale, con battute su giochi di ruolo e film di fantascienza è stata la strada intrapresa da The Big Bang Theory e che pochi altri, prima di allora, avevano intrapreso così assiduamente (e con assiduamente intendiamo rendendolo la colonna portante delle sceneggiature di una sit-com in onda ogni settimana).
Nel secondo caso, D. B. Weiss e David Benioff hanno saputo trarre dalla fonte letteraria di George R.R. Martin un racconto che nel corso delle stagioni si è plasmato ad uso e consumo perfetto del telespettatore, trasformando però la sua visione in una gara (al Trono, ovviamente) e creando tifoserie quasi da stadio per le casate in gioco. Un potere aggregante che negli ultimi anni si era visto solo con Lost che, guarda caso, aveva chiuso a sua volta un’era, con il suo -contestatissimo- series finale del 2010.
Seppur in maniera differente, The Big Bang Theory e Game of Thrones sono tra le ultime serie tv ad avere avuto questa capacità di creare una comunità (o community, se vogliamo restare nel riferimento al virtuale) e di esistere anche dopo la loro visione. Non parliamo solo di gadget e merchandising, ma anche di espressioni (“Bazinga!”, “Winter is Coming”) ed affezioni inusuali verso personaggi di finzione che, però, per quanto il loro quoziente intellettivo sia sopra la media o cavalchino draghi, hanno ottenuto l’empatia del pubblico.
Oggi, in un panorama che conta centinaia di serie televisive in onda tra network generalisti, via cavo e piattaforme online, non solo l’idea di creare una comunità con cui condividere la propria passione diventa più difficile da realizzare (ognuno guarda l’episodio quando può, o recupera addirittura intere stagioni con calma), ma anche la capacità degli autori di trovare un racconto che faccia centro su così tanti telespettatori diventa improbabile (meglio, piuttosto, focalizzarsi su un target richiesto dalla rete ed andare a segno su quello).
Si è conclusa un’era, ma un’altra se ne apre: ne abbiamo già avuto un’anticipazione, ma come sempre, quando si chiudono serie tv di questa portata, servirà del tempo per il riassestamento. Non ci sarà un erede né di The Big Bang Theory né di Game of Thrones, ma ci saranno nuovi racconti e nuovi personaggi che intercetteranno un altro spirito del tempo e che avranno successi differenti. Di certo, riguardando a questi anni, li ricorderemo anche per quelli in cui ridevamo per le manie di Sheldon Cooper ed ipotizzavamo le nuove possibili alleanze per la conquista di Westeros.