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Eurovision Song Contest 2019, finale fiacca per regia e conduttori (e Madonna non aiuta)

Il format blindato non è impemeabile all’addomesticamento locale: tra regia, visual e conduzione, l’ESC2019 non ha brillato. E Madonna non ha aiutato.

pubblicato 19 Maggio 2019 aggiornato 30 Agosto 2020 19:41

La 64esima edizione dell’Eurovision Song Contest ha visto la vittoria della favorita Olanda (ollolanda, verrebbe da dire) con Arcade di Duncan Laurence e un ottimo secondo posto per Mahmood che con Soldi ha conquistato il premio per la Migliore Composizione assegnato dalle altre delegazioni. Fin qui la cronaca, come magnificamente raccontato da Alberto Graziola nel lungo live della finale, andata in scena nel prime time di sabato 18 maggio in diretta dal Secondo Padiglione dell’Expo di Tel Aviv. Ma da avida consumatrice delle ultime edizioni dell’Eurovision – e ne approfitto per ringraziare Raffaella Carrà che si impegnò per il ritorno dell’ESC e si immolò nel primo commento, affiancata da Bob Sinclair – mi scappa un commento. Ovvero che non basta la blindatura del format a rendere l’ESC un prodotto standardizzato, anzi: la differenza negli anni si sente, o meglio si vede, insieme alle potenzialità dei paesi organizzatori.

Quest’anno è toccato alla KAN, la tv di stato israeliana, che ha raccolto il testimone dal Portogallo dopo la vittoria di Netta con la sua (fenomenale) Toy. E va detto che la KAN non è stata fortunata a capitare dopo le edizioni realizzate in Portogallo e soprattutto in Svezia, una delle migliori viste negli ultimi anni per qualità delle immagini, del visual, delle trovate scenografiche e della regia, dettaglio affatto secondario. E partiamo proprio dalla regia di questo ESC 2019.

Una regia piatta che ‘sporca’ Madonna

La finale 2019 è apparsa particolarmente piatta: stacchi ‘rimasticati’ da talent show più che scelte da immersione nella musica live, poco movimento e qualche errore capitato proprio quando non doveva capitare, ovvero nell’esibizione di Madonna. Probabilmente il pezzo meno provato, ma più spettacolare di tutti che si può sintetizzare con un “televisivamente splendido, musicalmente imbarazzante”. La messa in scena di grande effetto ha regalato degli affreschi tv di grande bellezza, ma sporcato da uno zoom e uno stacco davvero sbagliato, di cui speriamo la signora Ciccone non si sia accorta (lei che fece i complimenti alla Rai per la messa in scena di Frozen a Sanremo 1998).

L’esibizione di Madonna su Like a Prayer e Future è stato il momento più atteso della serata e anche il più estraneo al programma. La cerimonia sacra di Madonna ha scardinato la liturgia solitamente asciutta del format: i 10 minuti di esibizione sono costati almeno 20′ in più sulla durata del programma (al netto dei break), che ha toccato le 4 ore e 11 a fronte delle tipiche 3 ore e 50, basate su una scaletta molto stretta che vede le esibizioni chiudersi a 2 ore dall’inizio della serata, un 45′ di votazioni e un’oretta dedicata al consueto carosello di spokemen/women che annunciano la distribuzione dei propri voti, quello sì il momento più atteso della finale. La presenza di Madonna ha ovviamente modificato la consuetudine, tra la chiacchierata in green room (registrata) e il blocco dedicato all’esibizione, in onda a mezzanotte.

L’insostenibile (finta) suspense del conduttore Erez Tal

La parte della leonessa sul palco l’ha fatta Bar Refaeli, che ha messo in campo tutta la sua esperienza da conduttrice di X Factor Israele dal 2013. E per ricollegarci alla regia, tutto il programma faceva molto X Factor. Accanto a lei, in funzione quasi di disturbatore più che di mentore, è apparso Erez Tal, 25 anni di carriera in Kan, 10 stagioni di Grande Fratello e uno stile molto mediterraneo di conduzione, con quella insopportabile finta suspense che lo ha portato prima a una lunghissima presentazione di Madonna e poi a una interminabile attesa prima della proclamazione del vincitore. Un minuto e mezzo, contato, prima di dare l’ultimo verdetto, quello che ha determinato la vittoria dell’Olanda. Uno sproposito. Molto più in linea con lo spirito dello show Assi Azar, mentre la youtuber Lucy Ayoub di fatto non è pervenuta (a dimostrazione che web e tv sono due mestieri diversi).

In tutto una finale da 4 ore e 11 minuti, senza contare i break, finita in Italia ben oltre l’una di notte – strappando così il record ad Amici, che ha finito 20 minuti prima dell’ESC – che ha un po’ appannato la meraviglia di uno spettacolo che ha saputo regalare negli ultimi anni un’esperienza televisiva immersiva e travolgente, visivamente spettacolare e culturalmente coinvolgente. La regia fa tanto e questa non ha colpito per capacità di racconto, così come il palco, non particolarmente stupefacente. Una cosa però non deve mancare, Verka Serduchka dall’Ucraina con furore. Altro che Madonna…

E se un giorno l’Eurovision tornasse in Italia?

Il successo di Mahmood ha fatto tremare la Rai: per qualche istante il rischio di un ritorno dell’Eurovision in Italia è stato molto concreto. Soddisfazione per la vittoria a parte, l’organizzazione dell’ESC non è proprio una passeggiata e avrebbe impegnato non poco l’azienda da qui al prossimo maggio. Se volessimo, però, giocare si potrebbe immaginare una location, dei conduttori, un regista. Per restare in clima X Factor, c’è un Forum di Assago che non è nuovo ad eventi del genere, mentre la conduzione potrebbe vedere finalmente Federico Russo sul palco, senza Insinna ma con Carlo Conti – che su Rai 1 non può mancare -, Andrea Delogu e una Hunziker in prestito da Mediaset. Alla regia una sola possibilità, Duccio Forzano, che nei live music show dà il meglio di sé. Il vero ostacolo sarebbe la lingua: è vero che siamo gli unici – o quasi ormai – a non rinunciare all’italiano in gara, ma l’idea di una versione ‘doppiata’ in inglese per l’Europa, come nel 1991, è da brivido lungo la schiena nel Terzo millennio. E a proposito di brividi, dare un’occhiata all’Albo d’oro dell’Eurovision Song Contest dalle origini al 2018 ci ricorda quanto siamo cambiati – nel costume e in tv – e quale balzo in avanti abbia registrato l’ESC dagli anni ’10 di questo secolo. Per non dimenticare da dove siamo partiti.

PS. Del commento italiano e soprattutto dell’anteprima italiana alla diretta non parlo. Quello meriterebbe un approfondimento a parte, ma si rischia di ripetere anno dopo anno sempre la stessa cosa.

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