Il silenzio, la vicinanza, il rispetto
La scomparsa di Nadia Toffa e l’Agorà mediatico
In questi giorni, in queste ore dopo la morte di Nadia Toffa, in cui fiumi di parole invadono i media e il web di frasi, discussioni, opinioni su quanto è accaduto, ho pensato che forse in queste occasioni sia davvero difficile trovare le parole giuste per commentare un fatto di questo tipo. Non solo il fatto in sé, ma proprio tutto quanto gira intorno al fatto stesso, che è la scomparsa di un personaggio pubblico, la scomparsa di Nadia.
Un pezzo dell’Universo che giace dentro ognuno di noi si spegne e una stella in più si aggiunge a quelle che popolano il firmamento, ma la “spiegazione” del motivo per cui quella porzione di Universo abbandona la Terra è uno di quei misteri che è tremendamente difficile da spiegare, sia per i tempi che per i modi in cui questo accade.
Partecipare a un lutto, questo o qualsiasi altro, diventa un esercizio di umanità il cui svolgimento attiene alla sensibilità personale di ognuno di noi. Un modo, forse poco convenzionale ma che ha un significato per niente scontato, è quello del silenzio. Il silenzio è un esercizio apparentemente facile, ma in realtà difficile e tortuoso, figlio -spesso e volentieri- di un controverso discorso interiore.
Il silenzio è un qualcosa che ti mette di fronte alle tue ombre, quasi sempre celate da fiumi di parole dette proprio per nascondere quella parte di noi che ci fa paura e quella parte di vita che ci circonda che ci angoscia. La reazione quindi e la vicinanza a situazioni come quella della morte di un personaggio come Nadia Toffa – amplificata dalla sua notorietà che ce la rende vicina, in un mondo ora quasi totalmente vissuto nell’agorà mediatico del web – trasforma una cosa che fondamentalmente dovrebbe essere privatissima quale appunto è la morte, in un terreno di scontro verbale in alcuni casi schifoso.
Il silenzio, anche dichiaratamente manifestato, può quindi diventare una forma di rispetto, di risposta, di vicinanza di fronte alla morte, magari accompagnato da un gesto, da un abbraccio, anche virtuale. Spesso le troppe parole, le troppe chiacchiere diventano solo rumore, diventano un ammasso di lettere, centrifugate nella piazza mediatica di oggi.
Capita proprio quello che accade ad un cerchio fatto di tanti spicchi colorati di tutti i colori dell’arcobaleno quando viene fatto ruotare vorticosamente, tutti i colori spariscono e all’occhio resta solo il bianco. Il troppo dunque rischia di neutralizzare tutto, anche il discorso più intelligente ed allora, forse, in casi come questi, colorare il lutto con il silenzio può essere la chiave giusta.