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Rachele Bartoli, sarta per amore di Bice

Rachele Bartoli: la storia di una ragazza che ha imparato da una grande maestra, Bice Minori che tra le tante cose fece i costumi di Notre dame de Parìs.

pubblicato 30 Agosto 2019 aggiornato 30 Agosto 2020 15:19

Rachele Bartoli  ha 34 anni ed è di Roma, cresciuta ad Ostia da famiglia trasteverina. Ci siamo sentiti mentre era a pescare sgombri con il suo ragazzo a Terracina di fronte Ponza. Modi bruschi di chi è abituata a cavarsela da sola, modi dietro i quali si nasconde (neanche tanto bene) un animo gentile che si mette relamente in discussione, cercando la verità. Che sta nelle piccole cose, quei dettagli che insieme fanno un vestito, magari.

Perché hai scelto questo mestiere?

Ho cominciato tardi, da 12 anni faccio questo lavoro. Mi ricordo che lessi la biografia  di Elsa Schiapparelli, una figura strana ed intrigante: era una couturier non disegnava, una sarta che era principalmente un artista del cucito, ha lavorato anche con Dalì. Una figura straordinaria che mi ha ispirato.

Come si diventa sarti in Italia?

Oggi diventare sarti è più complicato. Ci sono molte accademie, quando cominciai non potevo certo permettermele: costano l’ira di Dio per poi fare un lavoro da mille euro al mese.

Quindi come hai fatto?

Sono andata ad imparare da una signora famosa con una sua sartoria teatrale. Le ho chiesto se mi insegnava il mestiere, lei mi ha guardato e m’ha detto: “eeeh, ma sei sicura? Guarda che è un mestiere di m…”

Incoraggiante…

E’ importante capire una cosa. In Italia c’è un gap generazionale: una generazione  ha completamente mollato questo lavoro. Ora torna in voga tra i giovani che però devono eventualmente imparare da anziani che hanno modalità diverse, da loro è molto difficile apprendere. Quindi  l’unica strada son le accademie.

Perché  è difficile apprendere?

Loro hanno una dialettica tosta, sono brutali: è umiliante, o nella migliore delle ipotesi sono silenti. Ho sofferto molto. Piangevo a casa, ma mai sul lavoro: lì non si parla nè di politica nè di religione.

Da come lo racconti  sembra una specie di tortura psicologica…

Parlo in generale dei sarti anziani. Anche per me non è stato facile, ma la signora Bice Minori era una splendida donna, faceva costumi per il teatro. L’ho conosciuta che aveva  90 anni, tentò come ti ho detto di scoraggiarmi, è morta  a 97 anni e la piango ancora.

Esistono anche i buoni maestri dunque

E’ stato fantastico, lei è stata speciale. Ha voluto insegnamelo questo mestiere dopo quel primo incontro. Anzi lei apprezzava proprio il fatto che io volessi imparare. Pensa che ha fatto da sola tutti i costumi di Notre dame de Parìs. Fece anche la mitria del Papa per il Giubileo, ma accettò solo a patto che la cucissero i detenuti di Rebibbia.

Ma in tv come ci sei arrivata?

Il passaparola degli amici. Cominciai con Miss Italia, a Iesolo. Quell’anno decisero di farle sfilare non soltanto in costume da bagno, quindi dovemmo  vestire le ragazze. Io ne feci tanti di abiti che mi sembrava non finisse più, una vera maratona sartoriale.

Ti piace lavorare in tv?

Il lavoro mi sostenta,  lo prendo per quello che è. Le modalità con cui vengono trattati glia artigiani le odio: spesso ti senti dire “Ma che ci metti, ma che ci vuole a fare ‘sta cosa?” Casomai poi vieni elogiato verbalmente, di certo non lo sei mai economicamente. Un mestierie massacrante, difficile da apprendere come ti ho detto. Ma lo amo.

Perché è tornato in voga tra i giovani allora?

Credo sia legato alla questione moda, settore lusso. Nessuno pensa di fare l’artigiano, ma il disegnatore di moda, nessuno pensa certo di andare a lavorare  in tv.

Pentita?

Avrei voluto studiare di più, io mi sento sempre in colpa per quello che non faccio. So di non sapere e so certamente di non sapere tanto quanto vorrei.

Dunque pentita?

No, assolutamente. Lo sceglierei altre 1000 volte questo lavoro, ma se uno vuole tutto subito meglio evitare un mestiere come questo.

Ti piace la tv?

La tv imbastardisce le sarte, ti trovi a dover correre contro il tempo, quindi ad arrangiare. Mi piace per la minore differenza generazionale rispetto la  sartoria di moda come dicevo. E’ un problema comunicativo dovuto al gap generazionale.  Umanamente in tv sento le persone più vicine a me, in quanto è un ambiente più giovane.

Al di là del tuo lavoro…

Della tv mi piace il dietro le quinte e meno quanto vedo davati le telecamere. A volte si fa un buon prodotto, molte altre volte meno. Vorrei che si facesse più tv a Roma di Milano, parlo dal mio  punto di vista: abbiamo studi fantastici e manovalanza di alto livello che ci invidia tutto il mondo.

Cosa avete pescato e chi cucina?

Sgombri, li facciamo con la pasta, qualche tonnetto per fare le tartare. Cuciniamo indistintamente l’uno o l’altro, bello di zia!