Annalisa Bruchi a Blogo: “Le urla non entrano nello studio di Povera Patria”
Intervista ad Annalisa Bruchi. Povera Patria va in onda ogni lunedì, in seconda serata, su Rai2.
“Siamo all’inizio di questa stagione, ma gli ascolti sono buoni così come la curva. L’orgoglio è fare un prodotto completamente interno Rai, dalla regia agli inviati“. Annalisa Bruchi parla di Povera Patria con orgoglio. Ogni lunedì sera, subito dopo Stasera tutto è possibile, la giornalista racconta la settimana politica con il supporto di Aldo Cazzullo e Alessandro Giuli su Rai2. “Questa è una fase politica molto vivace. Dopo quello che è capitato quest’estate le persone continuano a informarsi. Siamo passati da un governo sovranista a uno europeista, è cambiata la maggioranza e ci sono tante facce nuove: la gente ha voglia di capire chi sono i nuovi interlocutori. C’è una dose di curiosità in più rispetto a periodi un po’ più piatti“, racconta a Tvblog la giornalista senese.
Povera Patria fa informazione politica?
“Politica, ma anche economica. Sono felice perché Povera Patria affronta argomenti non scontati, come la lotta alle mafie (vista da un punto di vista economico) a cui abbiamo dedicato 40 minuti durante l’ultima puntata. Questa settimana avremo in studio Teresa Bellanova e con lei affronteremo anche il tema del caporalato, ma visto con un taglio diverso dal punto di vista dei produttori a loro volta schiavi del caporale”.
Durante l’ultima puntata avevate Salvini come ospite. Il leader della Lega Nord usa la televisione o la televisione usa Salvini perché fa fare ascolti?
“Entrambe le cose. Salvini continua a dominare la scena politica: le persone lo ascoltano, gli ascolti lo dimostrano. Lui è un grande comunicatore, sa usare i mezzi di comunicazione come la televisione e i social come nessun altro: questo è parte del suo successo”.
Spesso vediamo talk o telegiornali sfacciatamente schierati.
“Secondo me è sbagliato essere schierati. Da noi le domande le facciamo tutte, senza sconti. La cosa giusta da fare è dare voce a tutti e mai offrire un’unica versione dei fatti. A noi tutti i direttori ci hanno chiesto soltanto di dare un’equilibrio alle voci in studio”.
Eravate stati molto criticati su un servizio dedicato al signoraggio, andato in onda durante la prima puntata dello scorso anno.
“Si trattava di un’editoriale di un minuto e mezzo di Alessandro Giuli all’interno di una puntata da 90 minuti dove c’era di tutto. Le polemiche mi hanno stupita perché era appunto un’editoriale, e quindi un punto di vista di una persona e non una scheda didattica, che per giunta abbiamo fatto vedere e commentare a Paolo Savona che è un economista rinomato e competente. Cazzulo e Giuli hanno punti di vista diversi e spesso contrapposti, ma entrambi rispettabili. Non ci sono argomenti intoccabili, l’importante è avere in studio persone competenti con cui creare un dibattito”.
Giuli e Cazzullo sono il diavolo e l’acqua santa?
“Sono due persone molto colte. Due numeri uno, con due idee completamente diverse tra loro. Uno è popolare, l’altro è populista. Aldo è il giornalista tradizionale, Alessandro proviene da un percorso diverso. Averli al mio fianco è stimolante”.
C’è un ospite politico che non ha accettato il vostro invito?
“Solo una volta un personaggio molto importante, più economico che politico, ha rifiutato di partecipare alla nostra trasmissione perché non voleva che gli facessimo domande su un argomento che era di grande attualità. ‘Se toccate questo argomento, resto a casa’. Alla fine è rimasto a casa”.
Secondo il nostro Marcello Filograsso, Povera Patria inizia troppo tardi: sei d’accordo?
“Da palinsesto dovremmo partire alle 23.50, ma la rete un po’ ritarda. Preferirei iniziare un po’ prima, ma va benissimo così: alla fine ci sono tante teste collegate”.
Da voi non si litiga quasi mai, è una scelta?
“Povera Patria ha un linguaggio diverso dagli altri programmi. Mi piacciono i dibattiti, ma urlare non serve a niente: il telespettatore si sente più confuso che persuaso. Cerchiamo di proporre un racconto con diverse impaginazioni, dai sondaggi al fact checking fino ai servizi degli inviati. Quelle poche volte che a Povera Patria qualcuno ha urlato, gli ascolti non sono aumentati. A quell’ora nessuno ha voglia di sentire le urla: chi rimane collegato soltanto voglia di capire”.
Questo approccio alla tv arriva dalla scuola-Minoli?
“La costruzione del programma e dello storytelling proviene tutta dalla scuola di Minoli. E poi nella sua tv non si è mai urlato, mai”.
Da Next a Kronos, a Tabloid, a Night Tabloid. Questo spazio di approfondimento ha cambiato nomi, orari, giorni. Non avresti preferito più continuità?
“Son già felice di esserci, soprattutto perché mi porto dietro una bella squadra di professionisti. Abbiamo cambiato tanti direttori negli ultimi anni e, com’è normale che sia, ogni direttore vuol dare la sua impronta. Il brand di Povera Patria ora è molto forte, la canzone di Franco Battiato è meravigliosa”.
Cosa non andava in Night Tabloid?
“Il titolo non rispecchiava il programma. Noi siamo mai stati un tabloid”.
L’esperimento in preserale non è stato un successo?
“Un programma del genere a quell’orario non era cosa. Tant’è che quando siamo tornati in seconda serata siamo andati molto meglio”
Sul tuo conto non ci mai state polemiche o critiche feroci. Ti ha dato fastidio chi in passato ha associato il tuo nome ai “raccomandati” politici?
“Sono felice e orgogliosa di essere la moglie di mio marito (Mario Valducci, ex onorevole di Forza Italia e di PDL, ndr). Quando ho conosciuto mio marito lavoravo già per Minoli ed ero già un’autrice. Ho iniziato ad avere possibilità di conduzione dopo che lui si è tirato indietro dalla politica, ormai più di sette anni fa. Qualche maligno c’è stato, ma ogni direttore ha imparato ad apprezzarmi per la mia professionalità. Anche perché mio marito non ha mai guardato alla televisione con interesse. Ora dicono a lui: “Ah, ma te sei il marito di Annalisa Bruchi?””.
Da senese, che effetto fa condurre il Palio?
“E’ la cosa di cui vado più fiera. Quando conduco il Palio sono emozionata come non lo sono quando ho un ministro davanti a me. Da una parte c’è il lavoro, dall’altra la vita. La cosa che fa male è quando sento o vedo cose contro il Palio scritte da persone che non hanno cognizione di causa: lo sforzo che cerco di fare è far capire cos’è veramente il Palio”.
C’è chi rema contro il Palio. Addirittura si era parlato di un addio alla Rai.
“Il prossimo anno scadrà il contratto triennale tra la Rai e il Consorzio per la per la tutela del Palio, ma le polemiche ci sono state più sui giornali che nella realtà. Non ho vissuto queste polemiche all’interno dell’azienda”.